Non sono mancate le polemiche dopo il sì del Consiglio regionale alla mozione del consigliere del Pd, Mario Polese, sulla parità dei diritti per le persone Lgbt (lesbiche, gay, bisex e trans) con la quale il presidente della Giunta regionale si impegna “a predisporre, attraverso gli uffici regionali, gli atti amministrativi utili all’adesione della Regione Basilicata alla Rete RE.A.DY e quelli per l’implementazione di uno Sportello di ascolto e accoglienza finalizzato a rimettere al centro la «persona» e i suoi diritti”.
Se da un lato la vicenda ha avuto risalto nazionale, tanto che l’ex parlamentare Vladimir Luxuria, proponendo di realizzare il Gay Pride a Matera sotto lo slogan “Tutti i sessi portano ai sassi”, ringrazia la Regione Basilicata e Polese per il traguardo raggiunto; dall’altro il capoluogo si prepara a scendere in piazza in difesa del proprio “patrimonio valoriale inviolabile” in quella che il presidente del Gruppo Misto, Aurelio Pace, definisce una “battaglia di popolo contro le élite culturali”.
Cassa di risonanza delle voci di piazza è inevitabilmente la politica ove fanno eco a Pace: Gianni Rosa (Lb-Fdi), Michele Napoli (Pdl-Fi) e Francesco Mollica (Udc) che ha spiegato che “La Giornata della Famiglia non è la manifestazione di quattro consiglieri, bensì la risposta al Gay pride, ma soprattutto, è la volontà di quella parte autorevole per numero e qualità della società civile che intende riportare la discussione nei binari della adeguatezza dei principi e dei valori sacrosanti per la nostra comunità”.
Al coro dei quattro si oppone la voce di Angela Blasi, presidente della Commissione Pari opportunità, che ritiene “L’adesione della Regione Basilicata alla rete RE.A.DY quale certificazione del riconoscimento dei diritti di tutti e rifiuto di qualsiasi forma di discriminazione e violenza”.
Al dibattito nelle sedi istituzionali risponderanno i cittadini con il numero di partecipazioni alle due manifestazioni previste contestualmente a Matera, non che questo voglia dire “si faccia battaglia!” ma in conformità ai dettami costituzionali ove il popolo assurge a sovrano, a questo, prima che ai rappresentanti, spetta esprimere consenso o dissenso rispetto alla materia.