“Al mattino leggo i giornali: notizie e commenti, quelli che condivido e quelli che non condivido e forse questi secondi per me sono ancora più importanti. Perché è importante conoscere il parere degli altri, le loro valutazioni. Quelli che condivido sono interessanti, naturalmente e mi stanno a cuore; ma quelli che non condivido sono per me uno strumento su cui riflettere. E per questo ha un grande valore la libertà di stampa, perché, anche leggere cose che non si condividono, anche se si ritengono sbagliate, consente e aiuta a riflettere“.
Abbiamo voluto iniziare questo editoriale con le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale è tornato sul valore della libertà di stampa che va sempre tutelata anche quando “leggo cose che non condividono”
Il Presidente della Repubblica lo ha detto incontrando degli studenti ma è chiaro che ha parlato a nuora perché suocera (Di Maio e Di Battista?) intenda.
Iniziamo dalle parole del presidente per evitare che qualcuno parli di difesa tout court della “casta”. I giornalisti lo sono? Può darsi. Spesso abbiamo sentito parlare di “casta” anche facendo riferimento ai magistrati e, ancor più, ai politici. E proprio da alcuni politici (Di Maio e Di Battista) è partito il vergognoso, sguaiato e volgare attacco alla stampa.
Stampa che, contrariamente al loro rozzo comportamento, ha risposto in maniera civile e composta martedì scorso con un flash mob in tutti i capoluoghi di regione. Iniziativa promossa dalla Fnsi e e dall’Ordine dei Giornalisti.
Abbiamo avuto la possibilità di partecipare a quello di Roma, davanti alla Prefettura (location non a caso), dove il segretario nazionale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Beppe Giulietti (quest’ultimo anche in rappresentanza dell’associazione Articolo 21), il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, hanno risposto alle accuse ma soprattutto al tentativo di mettere il bavaglio alla stampa.
Perché di questo si tratta, hanno detto Lorusso, Giulietti e Verna.
L’intervista a Carlo Verna
La polemica dopo l’assoluzione della sindaca di Roma, è stata solo l’occasione per esternare tutto il livore di chi ritiene che tutti coloro che non la pensano come loro siano nemici da combattere.
Così non è. Non è perché la stampa ha il dovere di raccontare quello che accade. Ha il dovere d’informare sulle inchieste così come è stato fatto per quella che ha interessato la Raggi ed altri personaggi, politici e non.
Certo, si può obiettare che c’è modo e modo. Dobbiamo riconoscere con onestà che qualche volta, anche con titoli offensivi che non abbiamo condiviso, si sono superati i limiti. Ma il caso singolo si contesta con gli strumenti che la legge consente. C’è un Ordine dei Giornalisti che ha il dovere e il diritto di intervenire – come ha fatto – nel rispetto di quell’etica professionale che deve essere sempre la via maestra di chi fa giornalismo.
Si sbaglia quando ci si sostituisce ai magistrati emettendo sentenze prima ancora che questi si pronuncino: spesso, però, accade.
Ma le reazioni per il caso Raggi – non altrettanto abbiamo registrato da parte del M5S quando si è “buttato fango” su Renzi e famiglia – sono solo un campanello d’allarme di quello che è l’atteggiamento dell’attuale Governo nei confronti della stampa. Preoccupa quella sorta di elenco di proscritti per indicare i giornalisti buoni e quelli cattivi. Preoccupa la decisione di voler ridurre i contributi a molte testate con centinaia di giornalisti che rischiano di rimanere senza lavoro. Preoccupa il clima che si regista.
Se poi andiamo oltre oceano e leggiamo che il presidente Trump ha tolto l’accredito alla corrispondente dalla Casa Bianca della Cnn perché sgradita, viene da pensare che l’aria che tira davvero non è tra le più tranquille.