Secondo il consulente della Procura della Repubblica di Potenza, Francesco Tomei, nell’aria circostante il Centro Olio di Viggiano sarebbero state rilevate sostanze cancerogene dannose per i lavoratori e i residenti non emersi dalla valutazione dei rischi che sarebbe stata effettuata in maniera non corretta.
Secondo quanto alcune testate giornalistiche hanno pubblicato sull’inchiesta in corso coperta (almeno dovrebbe essere) da segreto istruttorio, i dati allarmanti sarebbero emersi dai verbali su di accertamento delle violazioni in materia di sicurezza e igiene redatti dall’Ispettorato del lavoro, trasmessi all’Ufficio Minerario del Ministero dello Sviluppo Economico.
Sulla base di queste relazioni, l’organo ministeriale avrebbe in un primo momento trasferito alcuni lavoratori del Cova a mansioni diverse, provvedimento poi revocato.
Eni, che smentisce questo trasferimento, ribadisce che nel centro Oli di Viggiano “ sono sempre stati effettuati i necessari controlli e le verifiche ispettive già dal 2012 e che gli interventi sono stati effettuati sulla base delle evidenze tecniche, documentate e presentate agli organi giudiziari”.
Mentre prosegue il processo che vede indagate numerose persone e società, tra le quali la stessa Eni, da rilevare che il giudice per le indagini preliminari, Michela Petrocelli, ha respinto la richiesta di incidente probatorio fatta dalla società petrolifera ritenendo che sia stata presentata non nei termini. Doveva essere fatto – secondo il Gip – nel 2015 quando la Procura ha notificato alle parti la documentazione relativa al processo.