Il Comune di Alpignano, in provincia di Torino, ha conferito la cittadinanza onoraria (la cerimonia è prevista per il prossimo 6 febbraio) ad Olimpia Fuina, la madre di Luca Orioli, morto a Policoro il 23 marzo 1988 insieme alla fidanzata, Marirosa Andreotta.
Il riconoscimento, come si legge nella motivazione è per “l’impegno profuso, sia a livello nazionale che internazionale, nelle iniziative sociali e sulla legalità e per la lotta che da anni sostiene per far emergere la verità e la giustizia”.
Verità e giustizia su un caso che, per Olimpia Orioli, rimane ancora oggi un giallo, considerando che le risultanze delle varie autopsie non l’hanno affatto convinta, ritenendo che Luca e Marirosa, trovati morti nel bagno dell’abitazione di Marirosa, fosssero stati uccisi.
Secondo il prof. Francesco Introna, che ha effettuato la perizia sui cadaveri dei due giovani, riesumati pr la seconda volta il 17 dicembre del 2010, la morte sarebbe stata causata invece da monossido di carbonio. Risultanze, queste, che hanno escluso una prima ipotesi, in base alla quale la morte dei due giovani sarebbe stata causata da conduzione elettrica per la presenza di una stufa nel bagno di casa Andreotta, dove furono trovati i corpi privi di vita. Perizia ritenuta falsa dalla magistratura che rinviò a giudizio l’estensore della stessa (il caso si chiuse per avvenuta prescrizione).
Altro elemento che desta ombra su questo caso è il ritrovamento degli abiti di Luca Orioli alla Sapienza di Roma, mentre il perito anatomopatologo, Giancarlo Umani Ronchi, che si era occupato nel 1996 di una prima autopsia sui cadaveri dei due giovani, aveva dichiarato di averli riposti, insieme agli organi interni, nella bara.
Di questi aspetti inquietanti, Olimpia Orioli parla in una lettera che inviò ai Ris dei carabinieri chiedendo il loro intervento. In essa parla di “ numerosissimi depistaggi e insabbiamenti che costellano il caso, di perizie truccate, di eati riconosciuti e fatti prescrivere. Al tutto si aggiunge l’inquietante mistero della sparizione degli organi interni (visceri, fegato, polmoni, cuore, lingua, trachea, osso ioide) e dei vestiti che Luca indossava al momento della morte, conservati nel cimitero di Policoro e misteriosamente ricomparsi, non si sa quando, presso l’Istituto di Medicina Legale dell’Università La Sapienza di Roma, peraltro mai incaricato di procedere a perizia su tali reperti. Gli stessi, nel tentativo ultimo di prelevarli da Roma e consegnarli direttamente ai familiari, come se non si trattasse di preziosi elementi di indagine per una definizione certa di morte, sono risultati persino privi di un elenco. Agli atti non esiste nessun verbale che certifichi né la presa in consegna di tali reperti, né i relativi esiti”.
Nella lettera, Olimpia Orioli paventa finanche il timore “che in quella bara possa non esserci il corpo di mio figlio…Me lo fa pensare il fatto che dagli atti relativi all’ultima perizia di ufficio non risulta l’analisi del DNA con i confronti dei familiari che ne possano determinare l’assoluta certezza.
Me lo fa pensare, inoltre, il fatto che il corpo radiografato presenta agglomerati, non meglio definiti, che sarebbero propri di un corpo di anziano. Luca aveva 20 anni”.
Olimpia Orioli, sempre nella lettera inviata ai Ris, ripropone altri aspetti tutti da chiarire a distanza di anni.”Non è possibile accettare a “scatola chiusa” una verità che avrebbe tutti i requisiti per essere considerata preconfezionata. Lo dice il fatto – afferma – che la porta (del bagno di casa Andreotta dove furono trovati morti Luca e Marirosa) dichiarata grandemente aperta dalla madre della ragazza, venga poi considerata chiusa dall’ultima perizia.
Lo dice inoltre il fatto che persino l’ipotesi fantasiosa della morte, avanzata dal Prof. Introna (monossido di carbonio – n.d.r.), è – secondo Olimpia Orioli – fallace anche sotto il profilo logico. Secondo quest’ultima ricostruzione, i due ragazzi sarebbero entrati nel bagno, avrebbero chiuso la porta per fare l’amore (un gesto superfluo poichè in casa non c’era nessuno), la ragazza si sarebbe sentita male e sarebbe caduta. Luca avrebbe cercato di aiutarla, cadendo anche lui, e, stranamente, questa volta la porta è socchiusa. Chi l’avrebbe socchiusa? Luca mentre moriva? E poteva Luca morire di monossido di carbonio con la porta semiaperta? Avrebbe potuto prima di morire, socchiudere la porta e distendersi in maniera composta millimetrando l’esiguo spazio disponibile? E’ possibile che una caduta bassissima, dolce, come quella che si sarebbe verificata, a loro dire, a brevissima distanza dal rubinetto e dalla mensola, entrambi ritenuti probabili oggetti contundenti, possa aver procurato alla ragazza una ferita lacero-contusa di 14 cm? E come mai non c’è traccia di sangue? E come mai una caduta così lacerante non avrebbe fatto cadere i flaconcini sistemati sulla mensola accanto al rubinetto?
Può un PM ignorare – si chiede OLimpia Orioli – cose così gravi e giustificare quanto accaduto quella notte, e durante il corso di 24 anni, continuando ad addurre le irresponsabilità (tante) alla superficialità, alla non professionalità, all’età giovane degli inquirenti avvicendatisi nel gioco al massacro della verità? …..Si difendono i poteri forti?…. Vorrei poterlo non pensare” conclude Olimpia Orioli.
In questi anni ha continuato a portare avanti la sua battaglia. Un impegno che oggi gli viene riconosciuto con la cittadinanza onoraria da parte del Comune di Alpignano.
Sarebbe stato più bello e significativo se l’avesse fatto qualche Comune lucano, Policoro per esempio.