L’aria che tira in città è fredda e lucente, il sole a tradimento illumina ogni angolo del centro storico, e quando si ferma sulle guance ci ricorda, senza appello, tutte le nostre colpe e le responsabilità dei cambiamenti climatici che avanzano pericolosamente. Il bianco Natale è ormai un ricordo, una canzone lontana che risuona in qualche negozio e danza tra i ricordi del tempo più leggero, l’infanzia. I passi si fanno svelti, morbidi sul tappeto che si stende sulle vie del centro illuminate come non mai e vive come dovrebbero essere sempre. Nella piazza laterale, che porta il nome di Mario Pagano, il palco dello show Rai (non un fatto scontato ma la prova plastica ed immediata che una politica lungimirante sa guardare oltre sé stessa) cresce e diventa imponente, rubandosi un pezzo di quella piazza che era così bella quando, dopo il restyling, c’erano tutti i lampioni ma qualche polemica di troppo ha sradicato, modificando il disegno del genio creativo che l’aveva immaginata.
La città è in festa, come in ogni altra parte del mondo quando arriva il Natale, ma questa sua eleganza è diversa, sa di buono, di autentico. E’ dolce la città quando si veste di bellezza, anche se artificiale e temporanea, e riesce a mostrarsi agli occhi stanchi con una luce nuova, differente. Se solo la smettessimo di rincorrere modelli potrebbe davvero diventare la città che tutti vorremmo. Potenza, città in continua definizione, alla ricerca persistente di una moda o di una tendenza, senza che davvero ne abbia bisogno. Capisco che una città del Sud, in questo pezzo di Mediterraneo interiore abbracciato dal Tirreno e dallo Ionio, possa soffrire di crisi di identità perché compressa da due regioni con una forte identità e, all’interno della sua stessa regione, messa continuamente in discussione dal perenne ed inutile derby con l’attuale, ancora per pochi mesi, capitale europea della cultura. Capisco anche che ogni cambio di fase amministrativa porti con sé la voglia, degli amministratori, di cambiarne il passo e la figura. E capisco anche che in questo tempo vittima della dittatura dell’istante, il giudizio ed il gradimento devono essere estremamente popolari e, quindi, tendenti al basso. Ma Potenza è innanzitutto una città che deve iniziare a fare i conti con sé stessa, comprendere che non può più aggiungere altra periferia alla periferia, che deve attuare l’opera di rammendo urbano, necessaria sia per rimettere in moto un’economia ferma ed un mercato del lavoro immobile, e sia perché ha bisogno di rinnovare sé stessa senza demolire il già costruito.
La storia più recente ha dimostrato che Potenza può essere il luogo ideale, dove qualcosa di buono può venire alla luce. A Potenza si può fare, per citare quel famoso film, qui può nascere il futuro, ormai è una certezza. Per questo dovremmo smetterla di demolire la bellezza, che non è solo un fatto poetico perché essa è emotivamente forte e genera economie positive, e mortificare, con parole di odio e livore, che si adopera affinché un nuovo cammino possa iniziare. La politica è chiamata a dare spazio e tempo a chi vorrà provarci, a noi tutti, compresa quella élite spesso distratta e assente , spetta il compito di saper essere cittadini in una comunità tra diversi, che ha ancora voglia di stupire e di stupirsi. Bisogna chiedersi come immaginare la città del futuro. Potenza dovrà essere oltre che luogo di merito, spazio di cura e prevenzione dei bisogni. Il futuro sarà ancor di più nelle periferie, che dovranno necessariamente sanare le diseguaglianze sociali. Qualche anno fa, proprio di questi tempi, la raccontavo così: Le strade, la gente, il tempo. Tutto si rincorre a un ritmo alto e frenetico. Tutto si ripete come le cose della vita qui, nel cuore del Mediterraneo. I bar profumano di caffè e dolci caldi, i rumori sono meccanici e industriali, il freddo è già pungente, sulle auto ogni mattina c’è una patina di ghiaccio a fare da coperta, ma l’aria sa di buono, di pulito. Le chiese, gli affreschi, gli angoli, i palazzi antichi, il suo bellissimo teatro, le sale cinematografiche che riprendono a respirare e a far sognare, le tradizioni raccontate e quelle trasformate dalle generazioni successive, l’umanità delle relazioni ed i pochi gradi di separazione tra persone, sono il bene più profondo che Potenza detiene. E che ha il dovere di tutelare. Da questo racconto, che tante polemiche suscitò, molte cose sono successe, ma tanto è rimasto intatto. Parlo dell’atmosfera che si respira, del senso di attesa perenne che qui, più che altrove, è una vera e propria matrice identitaria.
Lunga la via del centro, tra abbracci cordiali e profumi sicuri, è possibile incrociare il sindaco Mario Guarente che passeggia con un giurista intellettuale, Fortunato Picerno, alle prese con un ambizioso e giovanissimo festival cinematografico (Visioni Verticali), imbattersi in AtmoSFERE, la videoinstallazione che celebra la sacralità del Natale accostata a frammenti di narrazione della città tra storia e contemporaneità realizzata da “Arterie: un nuovo collettivo di professionisti, tra i quali spicca il genio creativo e liberatore e scismatico di Silvio Giordano, bambini che fanno la fila ordinata per fare una foto con qualche Babbo Natale, ragazzi alle prese con gli ultimi regali, librerie piene di parole e buone speranze, turisti che si perdono leggeri nelle strade più antiche, figlie e figli di questa terra che tornano qui per pochi giorni, ritrovando il loro passato che ancora li lega come la terra di Scotellaro. Tornando verso casa a piedi, perché non c’è modo migliore per vivere e riconquistare gli spazi urbani, resta addosso una sensazione molto bella, un’emozione che vive dentro e si deposita nella parte più calda della memoria. La geografia non è più destino, Matera lo ha dimostrato a tutto il mondo, e allora perché non alzare l’asticella delle ambizioni oltre i destini personali e smetterla di gonfiare le parole continuamente di programmi e proposte che come i sogni moriranno all’alba?
E dico ancora una volta una cosa. Al turista che verrà, a coloro che sceglieranno di vivere l’attesa del nuovo anno ad 819 metri sul mare, il più caloroso abbraccio ed un gentile grazie. A noi che siamo già qui, non resta che cogliere la sfida e valorizzarla nel modo più opportuno, pensando a quello che vogliamo che diventi questo appuntamento. Che sia un futuro possibile o uno sbiadito passato dipenderà esclusivamente da noi.