L’editoriale di Nino Cutro
Don Marcello Cozzi, componente della segreteria nazionale di Libera, sta rientrando da Locri dove si è svolta la manifestazione contro le mafie che ha richiamato nella cittadina calabrese, in una zona a maggior rischio ndrangheta, migliaia di persone, soprattutto giovani, oltre ad autorità e rappresentanti delle istituzioni.
Lo raggiungiamo per telefono per qualche riflessione a caldo.
Don Marcello, da Locri parte un messaggio forte rivolto a tutti – lo ha detto il Presidente della Repubblica – che deve sostenere soprattutto i giovani che non possono essere lasciati soli. Che ne pensa?
“Io penso che da Locri sono partiti soprattutto due messaggi forti: uno dal Presidente Mattarella che ha detto ancora una volta che il problema delle mafie è un problema che riguarda tutti e che chiama soprattutto i giovani ad essere protagonisti.
Il secondo messaggio forte è quello che ha lanciato don Luigi Ciotti quando ha ribadito ancora una volta il concetto del lavoro come diritto che permette a tutti e soprattutto ai giovani di poter costruire un mondo libero, una società liberà dalla necessità di doversi rivolgersi ai circuiti illegali”.
Questo riferimento al lavoro è stata una risposta a quanto scritto sui muri di Locri “meno sbirri, più Lavoro”
“Soprattutto è stata questa la risposta di Luigi Ciotti: Una risposta a quella scritta. Certo tutti quanti vogliamo più lavoro ma che sia lavoro vero , che sia lavoro riconosciuto che rispetti i diritti di tutti che non sia invece quello che usano le mafie, il malaffare per dominare sulle persone e controllare il territorio”
I giovani spesso hanno cattivi esempi da noi adulti soprattutto da chi gestisce il potere. Troveremo la forza e soprattutto il senso di responsabilità di dire stiamo insieme e lottare insieme.
“Io penso che questa forze noi adulti la troveremo nel momento in cui avremo la capacità di camminare accanto ai giovani. Questo significa farci contaminare dalla freschezza e dalla passione e dalla radicalità dei giovani. Se avremo questa capacità, davvero avremo una società nella quale non ci saranno differenze generazionali”.
Don Marcello, dopo questi momenti forti come quello di Locri, bisogna dare continuità. Nel quotidiano dobbiamo essere sempre pronti ad affrontare i problemi: ritiene che ci siano sufficienti elementi dal mondo educativo, politico per far si che questo progetto vada avanti?
“La vera sfida è proprio questa: dare continuità. A riguardo, tutti abbiamo bisogno di farci un profondo esame di coscienza. Tutti: comunità educativa, politica ma io dico anche come chiesa. Abbiamo bisogno tutti di mettersi in discussione Spesso non lanciamo messaggi chiari e trasparenti e soprattutto che non portano speranza. Forse diamo più cattive testimonianze che non testimonianze di ottimismo e di non resa. Non dobbiamo arrendersi”.
Don Marcello, ritiene che quest’azione di sensibilizzazione debba essere fatta nei confronti dei giovani sin dai primi anni di scuola per far maturare in loro la coscienza di essere domani cittadini responsabili e liberi?
“Noi dobbiamo parlare con tutti i ragazzi anche con i bambini, con gli adolescenti. Dobbiamo abituarci a trasmettere loro la voglia di costruire sin da piccoli cose belle, di rimboccarsi le maniche, di non farsi mai scoraggiare, di non arrendersi, di non farsi mai sottomettere dalle prove della vita. Ovviamente questo va fatto utilizzando il loro linguaggio, il linguaggio dei bambini, degli adolescenti, dei giovani. Questo spesso non facciamo. Ho impressione che a volte, parlando a loro, ci parliamo addosso”.
Per concludere, don Marcello. Ha fatto riferimento al ruolo della chiesa. Chiesa che è impegnata come tanti altri a difendere la dignità delle persone. A combattere la mafia. Ma a volte si ha l’impressione che la chiesa non prenda sufficiente distanza dal potere, da chi gestisce l’illegalità, rendendo difficile far passare quel messaggio di giustizia, di legalità che vorremmo possa arrivare a tutti e soprattutto ai giovani.
“Il terzo messaggio forte che giunge da questa giornata vissuta a Locri penso proprio che sia giunto da mons. Galantino quando ha detto che bisogna capire una volta per tutte che questo impegno a favore della legalità e della giustizia contro le mafie, il malaffare, la corruzione è un’affare di chiesa, ha detto testualmente. E’ fare Vangelo. Dobbiamo smettere di pensare – mi ha detto mons. Galantino – che sia invece la fissazione di pochi preti che hanno una certa sensibilità.
Penso che sia un messaggio forte perchè, da un lato richiama tutta la chiesa alle proprie responsabilità su questi fronti; dall’altro lato, ci richiama a riflettere su quante volte anche come chiesa, proprio perché si è pensato che questi siano fronti su cui non impegnarci, ci siamo girati dall’altra parte o abbiamo delegato a chi non dovevamo delegare”.