E’ accaduto ieri, 25 aprile giorno della Liberazione, davanti al CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) di Palazzo San Gervasio: un gruppo di manifestanti del collettivo CSOA ex Coni “Anzacresa” di Potenza ha impedito a due colleghi Marialaura Garripoli de “La Siritide” e Dino Abbattista della Tgr Basilicata di svolgere il proprio lavoro di giornalisti: di raccontare fatti nel rispetto di quel diritto di cronaca che è sacrosanto e sancito alla Costituzione.
L’articolo di Garripoli che pubblichiamo qui di seguito e il servizio di Abbattista che invitiamo a visionare sulle teche Rai confermano ciò che è accaduto che noi della redazione di Ufficio Stampa Basilicata stigmatizziamo, esprimendo piena solidarietà ai colleghi.
Stessa solidarietà che sicuramente sarà espressa dagli organi di categoria. Non per una tutela di chissà quale casta ma soltanto per tutelare un principio di libertà e democrazia che i componenti CSOA ex Coni “Anzacresa” di Potenza hanno calpestato con il loro comportamento.
Di seguito l’articolo della collega Marialaura Garripoli pubblica su “La Siritide”.
“Da settantatré anni, ogni 25 aprile, l’Italia festeggia la sua liberazione dal nazifascismo. Una data simbolo, che non decretò la fine della guerra ma vide l’esercito nazista e quello fascista della Repubblica di Salò lasciare Milano e Torino, dopo lo scontro con la popolazione ribelle e i partigiani.
Nello stesso giorno, dopo settantatré anni, un gruppo di manifestanti del collettivo CSOA ex Coni “Anzacresa” di Potenza marcia verso il CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio), ex CIE – Centro di Identificazione ed Espulsione di Palazzo San Gervasio. Lo striscione bianco, con scritte nere e rosse e un grande logo antifascista, copre i loro volti; gli slogan sono forti, decisi. Chiedono la chiusura di quello che, da sempre, è considerato il lager della Basilicata.
Mi vengono incontro, mentre scatto qualche foto; poco lontano da me, un collega che fa delle riprese video. Si chiama “diritto di cronaca”, fino a quando non viene calunniato di essere “complice” di uno Stato e di un sistema razzista e disumano; un diritto, quello di informare, che viene calpestato da chi professa libertà ed eguaglianza.
Con toni perentori ci viene chiesto di allontanarci e di non poter esercitare il nostro diritto/lavoro di raccontare quanto accade pubblicamente; con toni prepotenti mi viene chiesto di allontanarmi, di non scattare foto e di non provare a chiedere interviste, in quanto “complice”, connivente degli ‘’aguzzini’’.
Così mi allontano, mentre loro si professano “persone in lotta per la libertà e la democrazia”.
Intanto, si sentono provenire grida dall’interno del CPR, urla di “aiuto”. L’aria è rovente, qualcuno sale sul tetto: “ci tengono come cani… freedom, libertà, democrazia, democrazia!”, gridano. Continuo il mio lavoro di osservazione e ascolto, fino a quando un esponente del collettivo mi si avvicina e mi intima di andar via; è il mio “sciacallo” diritto di cronaca a “inguaiare” questa gente.
Marialaura Garripoli”