“Voglio raccontarla perchè non mi sembra così tanto giusta, anche se c’è da dire prima di tutto che io ho commesso dei reati dei quali è giusto che io paghi e sconti una pena.”
Si apre con queste parole la lettera di un giovane che si rivolge al Garante per l’infanzia e l’adolescenza, il prof. Giuliano, con lo scopo di far conoscere la sua esperienza, dura e difficile. Un marchio indelebile in grado di condizionare la sua vita di giovane e il suo futuro di uomo.
Giovanni, nome inventato, ammette di avere sbagliato da ragazzo: “Tutto ha inizio a 14 anni, quando vengo denunciato a piede libero, dopo aver confessato di avere commesso dei reati”.
Dopo la denuncia i carabinieri lo arrestano: cinque lunghi mesi trascorsi nel carcere minorile di Bari, dove tra l’altro – precisa Giovanni – gli viene approvato un progetto di messa alla prova. Attività che dovrebbe consentire una sorta di verifica, una prova appunto per accertare il suo grado di “ritorno alla normalità”.
Attività che Giovanni svolge successivamente nella sua abitazione per la durata di oltre un anno. Intanto commette un altro reato e il Tribunale Ordinario lo condanna a due anni e quattro mesi con la sospensione condizionale della pena e la sospensione del progetto di messa alla prova. Il sogno s’infrange; prima amara delusione.
Al di là di tutto Giovanni è finalmente libero. Progetta il suo futuro, il suo domani, con un lavoro. Una vita normale come quella di tante altre persone. Ma la realtà è diversa. I procedimenti penali a suo carico, per i reati commessi da minorenne, vanno avanti e sfociano in una condanna a quattro anni e sette mesi di reclusione, dopo quattro anni di libertà assoluta. In questo arco di tempo, tuttavia, il giovane precisa di non avere commesso alcun reato. E di essersi impegnato anche nel lavoro: un contratto da pizzaiolo che gli consente di sentirsi come gli altri e di lasciarsi alle spalle esperienze negative, frutto di superficialità, di leggerezza, di mancanza di una guida forte e responsabile. “Ho anche una relazione sentimentale molto importante che spero di non distruggere…” precisa con comprensibile soddisfazione.
Per i reati commessi da ragazzo, Giovanni è stato rinchiuso nel carcere minorile di Potenza. Lui maggiorenne ormai, in attesa di poter chiedere, grazie alla sua buona condotta, “un affidamento in prova per continuare a lavorare ma soprattutto per non perdere tutto quello che ho costruito in questi anni”.
Per quanto si riferisce al ruolo del Garante della Basilicata, in ordine alla delicata questione del giovane, da rilevare che il prof. Giuliano ha segnalato al Garante nazionale la vicenda di Giovanni, tuttora detenuto nel carcere minorile di Potenza, per i reati commessi quando era ancora nella minore etá.
“Un vero paradosso, sottolinea il Garante lucano, se si considera che il giovane ha avviato un percorso di riscatto dando prova di essere nella condizione di chi si è realmente ravveduto, in seguito agli errori che gli hanno causato tanti guai giudiziari.”
Lo scopo è quello di sollecitare una riflessione anche da parte del legislatore per evitare pesanti situazioni, destinate a riflettersi sulla vita di chi ha vissuto esperienze simili a quella di Giovanni.
L’argomento è stato anche al centro del convegno di Matera dedicato al ruolo dei minori nel processo penale e in quello civile.
Anche il Garante per la Calabria, Marilina Intrieri, ha recepito il messaggio di Giuliano perchè si diano risposte adeguate a situazioni come quella di Giovanni. Il caso riveste dunque un valore intrinseco, bene al di lá dell’ambito locale.