La quarta votazione per eleggere il successore di Giorgio Napolitano ha decretato il giudice costituzionale nuovo inquilino del Quirinale. L’ola degli applausi a Montecitorio è andata scemando verso la destra dell’aula.
I voti:
Totale votanti – 995
Mattarella – 665
Imposimato – 127
Feltri – 46
Rodotà – 17
Altri – 22
Nulle – 13
Bianche – 105
Chi è il dodicesimo Presidente della Repubblica?
Sergio Mattarella (Palermo, 23 luglio 1941) è un politico italiano, presidente della Repubblica eletto il 31 gennaio 2015. Deputato dal 1983 al 2008, prima per la Democrazia Cristiana e poi per il Partito Popolare Italiano e la Margherita, e più volte ministro, dal 2011 è giudice costituzionale di nomina parlamentare.
Biografia
Sergio Mattarella è figlio di Bernardo, politico democristiano più volte ministro tra gli anni cinquanta e sessanta, e fratello minore di Piersanti, che nel 1980 fu assassinato da Cosa Nostra mentre era presidente della Regione Siciliana. In gioventù ha militato tra le file della Gioventù Studentesca di Azione Cattolica, della quale fu responsabile per il Lazio dal 1961 al 1964,[1] e poi della Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Laureatosi in giurisprudenza, è stato docente di Diritto parlamentare presso l’Università di Palermo.
L’ingresso in politica con la DC
Vicino per tradizione familiare alla corrente morotea della Democrazia Cristiana, dopo la morte del padre nel 1968 e l’assassinio del fratello, alle elezioni politiche del 1983 fu eletto alla Camera dei Deputati nella circoscrizione della Sicilia occidentale, candidato in quota Zaccagnini. L’anno dopo fu incaricato dal segretario politico Ciriaco De Mita di bonificare la DC siciliana nella quale avevano allora un ruolo di primo piano Vito Ciancimino e Salvo Lima.[2] In tale veste nel 1985 promosse la formazione a Palermo di una giunta comunale di rinnovamento guidata da Leoluca Orlando, che era stato tra i collaboratori di suo fratello Piersanti alla Regione Siciliana.[2]
Rieletto alla Camera nel 1987 si mantenne vicino alle correnti di sinistra del partito ed in particolare al segretario De Mita[3] ed ai suoi collaboratori, come Roberto Ruffilli[4]. Nello stesso anno fu nominato ministro dei rapporti con il Parlamento nel governo Goria e confermato nell’incarico nel 1988 con il governo De Mita.
Nel 1989, con la formazione del governo Andreotti VI fu nominato ministro della Pubblica Istruzione. Si dimise dall’incarico il 27 luglio 1990, insieme ad altri ministri della corrente di sinistra della DC, per protestare contro la fiducia posta dal governo sul disegno di legge Mammì di riassetto del sistema radiotelevisivo,[5] che venne soprannominato sarcasticamente legge Polaroid in quanto, a detta dei detrattori, si limitava a fotografare la condizione esistente legittimando la posizione dominante del gruppo televisivo di Silvio Berlusconi.
Privo di incarichi di governo, fu vicesegretario della Democrazia Cristiana nel 1990 al 1992, anno in cui venne rieletto alla Camera. Nello stesso anno gli fu affidata la direzione del quotidiano democristiano Il Popolo.[5]
La legge Mattarella
Nel corso della XII Legislatura della Repubblica Italiana Sergio Mattarella fu relatore delle leggi di riforma del sistema elettorale della Camera e del Senato che, recependo l’esito del referendum del 1993, introducevano una preponderante componente maggioritaria. La legge Mattarella, alla quale il politologo Giovanni Sartori diede l’appellativo di Mattarellum, fu impiegata per le elezioni politiche del 1994, del 1996 e del 2001.
La fondazione del Partito Popolare
Solo sfiorato dalle inchieste su Tangentopoli – venne assolto dall’accusa di un imprenditore siciliano di aver ricevuto 50 milioni di lire e dei buoni benzina[6] – Mattarella fu uno dei protagonisti del rinnovamento della DC che avrebbe condotto nel gennaio 1994 alla fondazione del Partito Popolare Italiano, nelle cui liste sarebbe stato eletto alla Camera nel 1994 e nel 1996.
Al congresso di luglio 1994, insieme alla componente più di sinistra dei popolari, si oppose alla candidatura di Rocco Buttiglione alla segreteria del partito, in sostituzione del segretario dimissionario Martinazzoli. Con l’affermazione congressuale di Buttiglione, di cui non condivideva la linea politica orientata ad un’alleanza con il Polo delle Libertà di Silvio Berlusconi, Mattarella si dimise dalla direzione de Il Popolo, che dopo lo scioglimento della Democrazia Cristiana era diventato il giornale di riferimento del PPI, e continuò la battaglia politica interna. Nel 1995, al culmine dello scontro interno al PPI, apostrofò il segretario, che pervicacemente cercava l’alleanza con la destra, «el general golpista Roquito Butillone…» e definì «un incubo irrazionale» l’ipotesi che Forza Italia potesse essere accolta nel Partito Popolare Europeo.[7]
L’adesione al centrosinistra
Mattarella, da ministro della Difesa, passa in rassegna il picchetto d’onore al Pentagono con il segretario della difesa degli Stati Uniti d’AmericaWilliam Cohen, nel marzo 2000