Lunedì 25 maggio 2020 – il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Potenza, coadiuvato della Direzione Antifrode e Controlli dell’Agenzia delle Dogane di Roma, coordinati della Procura della Repubblica di Potenza, hanno sequestrato oltre otto milioni di mascherine facciali protettive e altri dispositivi di protezione individuale, come schermi facciali, guanti monouso, tute monouso, termo scanner, tutti riconducibili alle società SG Spa e GLAM’OUR Sri di A.L. con certificati CE contraffatti, o comunque con certificazioni a vario titolo illecite, irregolari o inidonee.
I dispositivi sequestrati, pervenuti dall’estero nei giorni scorsi, sono stati rinvenuti all’interno dei locali di deposito della SG Spa e dell’azienda che ne aveva curato il trasporto dall’estero, entrambe con sede in Melfi.
All’arrivo degli agenti, molti di questi beni erano già in fase di carico su furgoni di corrieri pronti per essere distribuiti a farmacie e parafarmacie dentro e fuori dai confini regionali, mentre per altri erano in corso operazioni di stoccaggio ed operazioni di etichettatura e confezionamento.
Lo scrupolo e capillarità con cui sono state condotte le operazioni d’indagine hanno permesso anche di individuare un vicino centro stampa presso il quale venivano realizzati i bollini CE contraffatti mediante etichette adesive che venivano poi apposte su parte della merce, ed in particolare su mascherine per bambini.
Tra le contraffazioni più evidenti riscontrate, si segnala quella del marchio CE apposto sui termo scanner con anomalo distanziamento di caratteri.
In sostanza, imprimendo ingannevolmente sui prodotti le inziali del marchio China Express, si suggeriva al consumatore l’idea che in realtà si trattava di prodotti con marchio CE, quindi garantiti sotto il profilo della capacità protettiva, mentre, in realtà, non lo erano.
Su altre centinaia di migliaia di casi riguardanti “mascherine cosiddetto generiche”.·- che non garantiscono effettiva ed efficace protezione dal contagio – stampato ingannevolmente il marchio CE, non previsto per questa specifica classe di prodotti.
In altri casi ancora la mascherina recava anche l’indicazione FFP2, così da farle apparire impropriamente come dispositivi medicali di particolare pregio ed efficacia, mentre si trattava, ancora una volta, di dispositivi non certificati che non garantivano una effettiva protezione dal virus.
L’aver scoperto l’attività illecita, che avrebbe consentito ingentissimi guadagno, ha consentito soprattutto di sottrarre alla distribuzione e al consumo un ingente quantitativo di prodotti in grado di mettere gravemente a rischio la salute pubblica.
Ove l’operazione fosse proseguita fino alla vendita al dettaglio, centinaia di migliaia di consumatori, facendo affidamento sulla idoneità dei dispositivi a garantirli efficacemente dalla pandemia in atto, si sarebbero inconsapevolmente esposti al contagio senza, di fatto, avere le necessarie protezioni.