Blind Sensorium. Il Paradosso dell’Antropocene, inaugurata negli spazi del museo Ridola e dell’ex scuola Media Alessandro Volta, corona dieci anni di ricerca del fotografo e filmmaker Armin Linke sulle forze che modificano il volto della Terra. Mai prima d’ora era esistita una rete più ampia di tecnologie e sensori in grado di accumulare conoscenze sul pianeta e i suoi ecosistemi. E tuttavia i saperi generati da questo potentissimo apparato tecnologico sono caratterizzati dai punti ciechi prodotti dalla sua implicazione nello sfruttamento accelerato della natura.
Blind Sensorium. Il Paradosso dell’Antropocene è simile a una vasta antropologia visiva del controverso ruolo svolto dagli esseri umani e dalle moderne società capitalistiche nella trasformazione della Terra. Un tema di stretta attualità oggi, alla luce della nuova ondata di movimenti ecologistici suscitata dalla straordinaria avventura di Greta Thunberg. E infatti ha partecipato alla preview, dedicata in mattinata alla stampa, una delegazione del movimento che fa capo alla giovanissima leader ambientalista svedese.
La mostra sottolinea anche l’assoluta inadeguatezza della fotografia come media dedicato a una narrazione naturalistica del reale: “La scelta espositiva elaborata con Anselm Franke – sottolinea Armin Linke – è stata però di non limitarci a illustrare questi grandi temi attraverso la fotografia. Ci interessava presentare ai visitatori anche le immagini prodotte dai dispositivi che osservano e raccolgono i dati di quanto sta avvenendo e/o è avvenuto su e intorno al nostro pianeta e invitarli a interrogarsi insieme a noi sul perché, nonostante tutti i meccanismi sensoriali di cui disponiamo e che non sono per forza sempre sensori ottici nel senso classico, persistiamo in una sorta di cecità».
“Realizzare una mostra come Blind Sensorium a Matera nell’anno di capitale europea della cultura – osserva Rossella Tarantino, manager Sviluppo e Relazioni della Fondazione Matera Basilicata 2019 – è particolarmente significativo: una città dai tempi lunghi e dalle mille stratificazioni come Matera è infatti il luogo per eccellenza dove lanciare spunti e riflessioni sulle responsabilità del genere umano rispetto al futuro del pianeta che abita. Ma la differenza rispetto al progetto che avevamo descritto in candidatura è che non si tratta più di un “futuro remoto”. In soli 5 anni, quanto era ipotizzabile come necessario è ora urgente, imprescindibile. Siamo altresì orgogliosi che la mostra – che come tutto il ciclo delle grandi mostre è stata realizzata in coproduzione e strettissima collaborazione con il Polo museale della Basilicata- consenta di aprire e fruire luoghi inediti, quali il piano terra dell’ex Scuola Volta e nuovi eccezionali spazi dei depositi e degli uffici del Museo Ridola. Spazi innovativi e simbolici insieme: quali necessità più importanti per il sapere contemporaneo e per un nuovo agire collettivo che non quelli dell’educazione e degli archivi?”.
La mostra è articolata in tre sezioni che hanno distinte e suggestive location. “Immagini cieche”, è ospitata al piano terra della ex scuola media Volta, un bene pubblico che si avvia così a essere restituito alla fruizione collettiva.
“Dobbiamo ringraziare il Comune di Matera – ha commentato Salvatore Adduce, presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019 – per aver reso possibile la realizzazione dell’allestimento in tempi così brevi. Ma va reso merito anche alla nostra tenacia e dei tanti che hanno lavorato a Blind Sensorium”.
“L’opera di Armin Linke – spiega il curatore Anselme Franke – è una riflessione artistica sul cambiamento del ruolo della fotografia in un mondo viepiù governato da processi astratti e dalle loro infrastrutture materiali e concettuali.
La prima parte della mostra propone un’ampia selezione del suo archivio fotografico di Linke, organizzata come un laboratorio a più strati”.
La seconda sezione “L’immagine del tempo” è ospitata tra le migliaia di oggetti archeologici conservati nei depositi del museo Ridola. Materiali che si concentrano tra 1000 a.c. e 1000 d.c. ma attingono anche alle precedenti civilizzazioni paleolitiche e neolitiche. Qui si riflette sul nostro mutevole rapporto con il tempo (profondo) nelle condizioni determinate dall’Antropocene.
La documentazione archeologica viene accostata a immagini che mostrano come gli esseri umani stiano interferendo con la Terra e come la Terra stia a sua volta “interferendo” con la storia umana.
La terza e ultima sezione della mostra “The deep time of now”– ospitata al 1° piano dell’edificio del Museo Ridola – offre una sintesi di oltre dieci anni di lavoro fotografico e cinematografico sul campo di Armin Linke e dei suoi collaboratori Giulia Bruno e Giuseppe Ielasi. Linke e il suo team hanno seguito e intervistato scienziati, politici e attivisti, accedendo a laboratori, centri di elaborazione dati e alle sale delle negoziazioni delle Nazioni Unite; a siti di estrazione delle risorse e a luoghi cruciali per l’ecosistema della Terra. Si tratta di una ricerca sulle istituzioni moderne – politiche, scientifiche, economiche – e sul loro ruolo nel mondo attuale. Il film nato da questa ricerca è il resoconto di questo percorso.