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Letto "Sconcertante malafede e spregiudicatezza” di Eni
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EditorialeIN EVIDENZA

"Sconcertante malafede e spregiudicatezza” di Eni

USB - Ufficio Stampa Basilicata 24 Aprile 2019
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Un disastro ambientale annunciato a causa della “sconcertante malafede” e “spregiudicatezza” dell’Eni e dei suoi dirigenti.
Le motivazioni con il quale il Gip del Tribunale di Potenza, Ida Iura, ha disposto gli arresti domiciliari per un dirigente della multinazionale, Enrico Trovato, e indagato altre tredici persone, Eni compresa, per quella che il magistrato definisce “sciagurata gestione della tutela ambientale”, sconvolgo.
Sconvolgono perché parliamo di vite umane e di ambiente che Eni, aldilà di ciò che possano affermare i suoi dirigenti, non ha rispettato e tutelato.
Per i dettagli sull’inchiesta condotta dal Noe dei carabinieri e coordinata dai pm Laura Triassi e Veronica Calcagno, vi rimandiamo al nostro articolo. In questa sede ci preme mettere in risalto la gravità di un comportamento da parte dell’Eni già emerso nel passato e più volte denunciato dal segretario regionale dei Radicali Lucani, Maurizio Bolognetti.
Un comportamento che portò nell’aprile del 2017 alla chiusura del Cova su provvedimento dell’allora presidente della Regione, Marcello Pittella, dopo che per puro caso, non perché denunciato da Eni (sia chiaro), si scoprì uno sversamento di greggio che interessò l’impianto di depurazione dell’Asi: da un tombino fuoriuscì petrolio.
In un primo momento l’Eni ebbe la sfacciataggine di dichiarare che non proveniva dagli impianti.
Poi, dinanzi all’evidenza dei fatti, fu costretto ad ammetterlo. Lo fece in una riunione al Mise, dichiarando, aspetto ancora più grave, che lo sversamento si verificata da almeno sei mesi.
Verità parziale o bugia totale: decidano i nostri lettori.
Perché diciamo questo? Perché l’ing. Gianluca Griffa, responsabile del Cova che venne trovato impiccato in un bosco in Piemonte nel 2013 dopo un incontro avuto con i suoi dirigenti a Milano, dichiarò nel memoriale acquisito dai magistrati che “Eni sapeva degli sversamenti dal 2012”.
“L’Eni essendo quindi a conoscenza dello stato di corrosione dei serbatoi – ha spiegato il Procuratore della Dda Curcio – ha agito con dolo”. 
A questo punto ci lascia a dir poco sconcertati la dichiarazione della multinazionale all’indomani dell’inchiesta e dell’arresto di un suo dirigente: “Eni ritiene di essere intervenuta tempestivamente e di aver posto in essere tutti i migliori interventi di Messa in Sicurezza di Emergenza (MISE) con l’obiettivo di contenere, perimetrare e rimuovere la contaminazione”.
Intervenuta tempestivamente? Dopo sei mesi dalla scoperta della fuoriuscita e dopo che alcuni dirigenti da tempo avevano segnalato anomalie?
“Dolo”, “sconcertante malafede e spregiudicatezza”: come si può aver fiducia di Eni?
Come non si può dubitare che non tutto quanto necessario venga fatto per tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente in gran parte compromesso proprio dalla gestione che dal’inchiesta emerge a dir poco lacunosa del Cova?
Bolognetti – e torniamo al segretario dei Radicali Lucani – che dal 27 febbraio fa lo sciopero della fame per salvare Radio Radicale, dal 2009 denuncia che al Centro Olio non tutto va per il verso giusto. Che il rischio d’inquinamento ambientale è reale, come confermato dalla recente inchiesta.
Provò anche a documentarlo ma qualcuno, minacciandolo, glielo impedì. L’avessero ascoltato.

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