E’ un dissequestro condizionato e pertanto non definitivo quello che la Procura di Potenza ha disposto per il Centro Olio di Viggiano. Il provvedimento, notificato oggi (mercoledì) all’Eni impone che vengano fatte delle modifiche all’impianto per consentire che lo stesso possa essere definitivamente dissequestrato e riprendere appieno l’attività estrattiva ferma dal 31 marzo scorso.
I lavori di modifica tecnica, proposti dallo stesso Eni, e ritenuti validi dai periti della Procura, dovranno essere ultimati entro tre mesi. I magistrati ne verificheranno la correttezza di attuazione e disporranno il definitivo dissequestro.
Intanto, come si legge in una nota dell’ufficio stampa dell’Eni, “la società continuerà a fornire la massima collaborazione alla magistratura nell’interesse che possa essere fatta quanto prima chiarezza sulla vicenda, in attesa del giudizio da parte delle autorità giudiziarie che Eni confida potrà chiarire la correttezza del proprio operato”.
Come si diceva, l’attività estrattiva nel Centro Olio di Viggiano è sospesa dal 31 marzo scorso dopo che, nell’ambito dell’inchiesta su un presunto traffico di rifiuti pericolosi provenienti dal Cova, i carabinieri del Noe sequestrarono, su disposizione della Procura, due vasche dell’impianto e il pozzo di reiniezione di Costa Molina.
Contemporaneamente al sequestro, per cinque dipendenti Eni in servizio nel Centro olio (Roberta Angelini, Vincenzo Lisandrelli, Antonio Cirelli, Luca Bagatti e Nicola Allegro), accusati di aver falsificato i codici dei rifiuti che venivano trasferiti negli impianti di Tecnoparco a Pisticci, furono disposti gli arresti domiciliari.
Misura cautelare tuttora in atto avendo il Tribunale del riesame respinta la richiesta degli indagati di remissione in libertà.
I risvolti politici della vicenda
Sulla vicenda interviene il consigliere regionale di Italia Unica Basilicata, Pietro Sanchirico.
“Non è più tempo di furbizie” afferma in una nota, facendo riferimento alla posizione assunta dall’ex presidente del consiglio, Piero Lacorazza, e dal capo gruppo dimissionario del Pd alla Regione, Roberto Cifarelli.
“Chiariscano, una volta per tutte, da che parte stanno perchè – sostiene Sanchirico – non si può a giorni alterni indossare l’abito ambientalista e quello del petroliere. Troppo comodo affermare oggi che la Procura della Repubblica dispone il dissequestro dell’impianto (sia pure temporaneo) che si può riprendere l’attività, quando durante la campagna elettorale per il referendum anti-trivelle si sono usati linguaggi da no-triv.
Persino la mozione proposta in Consiglio e usata come strumento di propaganda contiene – secondo Sanchirico – elementi fortemente contradditori tra commissione di inchiesta, un’ennesima commissione come se quella già prevista da mesi e naufragata prima di insediarsi non abbia insegnato nulla, e rafforzamento del sistema di controllo per far sentire il fiato sul collo al management Eni.
I lavoratori della Val d’agri, impegnati nella difesa del posto non vanno presi in giro e i cittadini – conclude Sanchirico – hanno necessità che la politica si assuma fino in fondo le proprie responsabilità senza giochetti e demagogie. La ripresa del Centro Oli è troppo importante non solo per la valle e la Basilicata ma per il Paese quale apporto energetico rilevante. Un obiettivo da raggiungere senza lingue biforcute”.