Concussione e peculato: sono questi i reati, dei quali è stata riconosciuta colpevole dal Tribunale di Potenza la professoressa Albina Colella dell’Università di Basilicata, all’epoca dei fatti contestati – dal 1999 al 2001 – direttore del Dipartimento di Scienze Geologiche dell’ateneo lucano.
Per questo motivo, il giudice Aldo Gubitosi, l’ha ondannata a nove anni di reclusione (cinque per la concussione e quattro per il peculato) , un anno in più rispetto a quanto chiesto dal Pm, e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
I reati, secondo l’accusa, sarebbero stati commessi nella gestione di un progetto di ricerca sulle risorse idriche in Val d’Agri. In particolare la Colella, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbe mal utilizzato i fondi europei che la Regione aveva assegnato per le ricerche, chiedendo ad alcuni ricercatori la restituzione di parte dei compensi previsti, per circa cento milioni di vecchie lire. La somma sarebbe stata utilizzata per il pagamento di altri docenti ma gli investigatori non hanno trovato nessun riscontro contabile.
Tra l’altro, uno di costoro, interrogato durante il dibattimento, ha dichiarato di non aver mai ricevuto danaro.
Da parte sua, la Colella ha precisato di non essersi mai impossessata del danaro ma di aver messo a disposizione la somma per continuare le ricerche.
L’altro capo d’imputazione riguarda invece l’utilizzo di un gommone di proprietà dell’università che la Colella avrebbe utilizzato – di qui la condanna anche per peculato – ad uso personale, facendo la manutenzione del natante in Puglia. L’imputata ha giustificato questa scelta con la mancanza in loco di officine specializzate.
Il tribunale non ha creduto alla sua tesi, sia per l’una che per l’altra vicenda e, come dicevamo, l’ha condannata a complessivi nove anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Il difensore della Colella, l’avv. Leonardo Pinto ha preannunciato appello.