Venerdì 22 gennaio 2021 – “La recente operazione antimafia denominata “Faust” coordinata dalla DDA di Reggio Calabria ci restituisce pericolosi segnali di allarme e tanta preoccupazione”.
E’ quanto afferma don Marcello Cozzi di Libera, in riferimento all’operazione condotta dalla Procura di Reggio Calabria che ha sgominato un’associazione malavitosa che ha coinvolto anche amministratori.
Non solo perché – sostiene don Cozzi – ci ripropone nomi, volti e località che purtroppo hanno fatto la recente storia della criminalità lucana, affiancati tra l’altro dalle nuove leve, figli e anche figlie di questa terra, ma soprattutto perché ci fotografa una Basilicata come crocevia degli affari della ‘ndrangheta e in modo particolare il metapontino come un territorio considerato una vera e propria provincia di pertinenza di alcune delle ‘ndrine più efferate della mafia calabrese.
Hanno in mano “mezza Basilicata”, dicono al telefono queste persone, perché “la Basilicata è una zona ricca”, “un cuscinetto per tutti”, e anche in Basilicata come per tutta l’Italia “a partire da San Luca, dove esiste la Madonna di Polsi… comandano tutti i calabresi”.
Quello che però ci preoccupa di più sono i fiumi di droga che hanno attraversato la nostra regione; e a una “domanda” che purtroppo aumenta, il mercato mafioso continua a rispondere con efficienza: “il prezzo è buono e la qualità è la migliore che c’è”, affermano soddisfatti fra di loro i trafficanti.
E se in questi tempi di pandemia pensiamo alla superficialità con cui spesso rispondiamo ai nostri giovani che in astinenza di socialità chiedono invece con forza di ritornare a scuola, se pensiamo alle misure sempre più insufficienti per i tantissimi operatori economici in difficoltà, e nello stesso tempo pensiamo alla capacità delle mafie di porsi come vero e proprio welfare o spazio di soddisfazione di tanti bisogni primari, come si fa – si chiede don Cozzi – a non pensare alle devastanti conseguenze e alle profonde cicatrici sociali ed esistenziali che lascerà questa pandemia? Come si fa a non preoccuparsi?
E quand’è che capiremo che l’aggressione criminale non è solo una questione per addetti ai lavori, una partita fra guardie e ladri, ma piuttosto una sfida sociale, culturale ed etica che riguarda proprio tutti?
Sarebbe un notevole passo in avanti se dinanzi all’operazione “Faust” o alle tante operazioni giudiziarie della nostra Dda, i singoli cittadini, la politica, la scuola, la Chiesa, l’associazionismo dicessimo tutti insieme con don Lorenzo Milani: “i care, mi interessa”.