Un’eredità misteriosa, dei taccuini contenenti gli appunti di una vita, lasciati da uno sconosciuto, Libero Moretti, a Lara, aspirante giornalista, con la volontà di farle scrivere la storia dell’uomo che è stato. Perché sceglie proprio lei? E chi è Libero Moretti, l’uomo che l’ha inserita nel suo testamento?
Si muove lungo questo asse principale l’opera d’esordio di Candio Tiberi dal titolo “L’uomo dei taccuini” (Alcheringa Edizioni), presentata lunedì 26 novembre a Potenza, presso la Sala dell’Arco del Palazzo di Città.
All’incontro, organizzato dall’associazione culturale “Letti di Sera” nell’ambito dell’”Autunno Letterario” del Comune di Potenza e moderato dalla giornalista Luigia Ierace, sono intervenuti, con l’autore, Mario Santoro, docente, e Simona Bonito di “Letti di Sera”. Ad allietare l’evento, le note del violoncellista Michele Lorusso.
Candio Tiberi, di Campomaggiore (PZ), ispettore del Lavoro, già sindaco del suo paese per dieci anni e giornalista pubblicista, esordisce con un romanzo ricco e articolato, capace di catturare l’attenzione del lettore, con il mistero su cui è incentrata la trama, e di mantenerla viva fino all’ultima pagina, con un intreccio di storie e personaggi non privo di colpi di scena.
Come è nata l’esigenza di scrivere un libro?
“Ho sempre avuto l’abitudine di scrivere – spiega l’autore – Anche io ho tenuto dei taccuini, sin da piccolo ho avuto questa passione che poi è andata di pari passo con quella della lettura e ad un certo punto, quando anche la mia situazione personale me lo ha consentito, ho avuto il tempo di buttare giù alcune idee”.
L’ordinario, nel racconto, diventa straordinario, i piani narrativi si alternano, senza tuttavia interferire con il ritmo della lettura. Con introspezione e vivacità, ironia, amore, solitudine sono esplorati e declinati nell’intreccio delle relazioni umane. La prosa, densa e scorrevole, dimostra lo spirito di attento osservatore dell’autore, che nel volume (corposo, circa 240 pagine) descrive scoperta e sorpresa che si celano in alcuni degli aspetti e degli avvenimenti più naturali della vita, con gradualità di sensazioni e misura in ogni parola, inserendo, quando è opportuno, termini e frasi presi dal dialetto.
Tra i temi che animano il romanzo, il ricordo (emblematico il sottotitolo che accompagna l’opera, “Semmai ti parlassero di me”) e la volontà di tramandare la memoria nel tempo, come spiega Tiberi:
“Il tema principale è sicuramente quello dell’eredità, la trasmissione dell’eredità da una persona all’altra, che quindi trova nel lascito di questi scritti una delle forme più importanti. Però ci chiama un po’ a interrogarci su quello che ciascuno di noi lascia nel suo passaggio su questa Terra e nella relazione che crea con le persone che lo circondano”.
La protagonista, Lara, accetterà dapprima con riluttanza, poi con maggiore entusiasmo l’incarico che Moretti le affida e per venire a capo della situazioni in cui è coinvolta si muoverà tra Roma, caotica e abbagliante metropoli, e Campecchio (fusione tra Campomaggiore e “Vecchio”, denominazione dell’antico paese) nel Sud Italia.
“Si passa da un ambiente molto piccolo, un paesino che può essere tranquillamente un paesino della Lucania, a Roma, una grande metropoli, quasi questi due ambienti fossero un po’ l’emblema del piccolo e del grande che caratterizza la nostra esistenza, dalla quale siamo attratti allo stesso modo per motivi diversi. Nel piccolo ci sono le radici di questa persona, nel grande ambiente, nella grande città, c’è il volersi librare verso altri orizzonti. Quindi, c’è questa lacerazione tra le radici che lo chiamano e la voglia di costruire qualcosa di diverso, lontano dal luogo in cui è nato”.