Giovedì 7 gennaio 2021 – Una “celebrazione di riparazione” quella che mons. Pino Caiazzo, Vescovo di Matera, ha celebrato oggi nella chiesa dell’Immacolata ad Irsina dopo la profanazione eucaristica avventa nella notte tra il 5 e il se gennaio scorsi.
“Carissimi fratelli e sorelle, carissimi confratelli sacerdoti, diacono, Signor Sindaco, autorità presenti, l’Eucaristia è “fonte e culmine di tutta la vita della Chiesa”, è il cuore della Chiesa, la ricchezza più grande: è Gesù, realmente presente nel suo vero corpo e sangue. L’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia. Gesù la istituì perché, assieme alla Sua Parola, non mancasse mai agli uomini.
Questa celebrazione, chiamata di riparazione (così come sta avvenendo e avverrà nei prossimi giorni in tutte le parrocchie della nostra Arcidiocesi di Matera-Irsina) vuole da una parte esprimere la gravità del gesto che è stato compiuto, dall’altra pregare per chi si è macchiato di un tale delitto.
Porto questo esempio: ogni volta che si procura un danno,- ha detto mons. Caiazzo nell’omelia – la prima cosa che si fa è quella di provvedere a ripararlo. In questo caso lo facciamo noi, nella speranza che chi ha compiuto tale danno, possa rendersi conto della gravità del gesto e chiedere perdono. Alla nostra preghiera chiediamo che si aggiungano quella della Vergine Immacolata e l’aiuto di S. Eufemia, riprendendo il nostro cammino di fede con maggiore consapevolezza, mettendo l’Eucaristia al centro della nostra vita.
Attraverso il Sacro Rito di “Riparazione” noi “riconsacriamo questa chiesa dell’Immacolata”, perché dopo la profanazione ritorni ad essere luogo di preghiera, di ascolto della Parola e soprattutto torniamo ad attingere alla fonte della nostra salvezza: Gesù Eucaristia.
Il gesto che è stato compiuto, ignobile e inqualificabile, indipendentemente dalle finalità di chi l’ha compiuto che non conosciamo, offende la fede di questa comunità parrocchiale e la dignità dell’intera e nobile città di Irsina, incredula e sconcertata per quanto accaduto, come già sentitamente espresso dal Signor Sindaco, che ringrazio pubblicamente. Ci sentiamo feriti tutti: vediamo lesi i principi più sacri della nostra comunità che vive la sua fede e trova forza proprio nel mistero eucaristico.
Non conosco i protagonisti dell’inqualificabile gesto. Di una cosa sono certo: è da ieri che li porto dentro di me in un modo particolare, come porto nel cuore ognuno di voi.
Mi rivolgo innanzitutto a voi che vi siete macchiati di una colpa così grave, commettendo un sì grande delitto, e dico, riprendendo le parole di Gesù che abbiamo ascoltato nel Vangelo odierno: “Convertitevi”. Vi invito a chiedere perdono a Dio: venite a trovarmi! Chiederò alla Sede Apostolica, com’è previsto in questi casi, che vi sia tolta la scomunica. Se mi darete l’opportunità di incontrarvi, vorrei ascoltarvi e, parlarvi di quel Dio che in Gesù incarnato stiamo adorando in questi giorni. Sono certo che chi lo conosce non potrebbe mai compiere un gesto così dissacrante.
Da questo capite quanto grave è stato il gesto che avete compiuto. Questa scomunica viene chiamata “latae sententiae”: scatta “automaticamente”, senza che ci sia un processo o un procedimento. Infatti il can. 1367 del Codice di Diritto Canonico dice: “Chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego, incorre nella scomunica “latae sententiae” riservata alla Sede Apostolica”.
Mentre noi celebravamo l’Epifania del Signore, cioè la manifestazione del Signore Gesù a tutte le genti venute per adorarlo, voi siete venuti furtivamente di notte, lasciandovi confondere e ingannare, per adorare il demonio, senza rendervene conto.
Io non so quale sia stato il motivo che vi ha spinto a compiere tale gesto. Di certo posso dire che dietro a gesti come questo c’è sempre il diavolo. S. Pietro ci ricorda: “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare” (1 Pt 5,8). E come nel giorno del nostro Battesimo, anche oggi, ognuno di noi dirà con forza e determinazione: “Rinuncio a satana”, rinnovando la propria fede: “Credo in Gesù Cristo”.
Il cristiano dice no e rinuncia ai maghi, ad amuleti o fatture, alle sette sataniche, a lasciarsi abbindolare dalla lettura degli oroscopi. Chi crede in Cristo rinnega tutto questo, cosciente che non viene da Dio ma dal maligno e ciò che viene dal male procura sempre male nella propria vita e in quella dei familiari.
La conferma ce la dà la prima lettura. S. Giovanni ci ha detto: “Carissimi, non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo”.
Da sempre sappiamo che i nostri beni, gli oggetti preziosi di solito si conservano in luoghi sicuri, in Banca o in una cassetta di sicurezza. Attraverso quest’atto sacrilego oggi stiamo comprendendo che l’Eucaristia vale molto di più di qualsiasi bene terreno! Anzi ha un valore inestimabile. Non esiste ricchezza più preziosa dell’Eucaristia.
Noi che abbiamo ricevuto il Sacramento dell’Ordine, soprattutto sacerdoti e vescovo, sappiamo come il nostro ministero sacerdotale ha senso nella misura in cui celebriamo l’Eucaristia. Diciamo meglio: dove c’è l’Eucaristia c’è il sacerdozio, e dove c’è il sacerdozio c’è, di conseguenza, l’Eucaristia.
L’amore che ogni presbitero ha verso l’Eucaristia è manifestato non solo nella celebrazione presiedendo l’Eucaristia, ma anche mostrando concretamente con la propria vita quanto ne sia innamorato, sostando davanti al tabernacolo, vivendo l’adorazione eucaristica, distribuendola e portandola, con ogni onore e profonda adorazione, agli ammalati.
Ogni celebrazione ha la sua dignità per cui bisogna curarla e viverla in modo adeguato e decoroso, evitando sfarzi che a volte sottolineano la cura di chi presiede piuttosto che la presenza di chi agisce dietro chi presiede, Gesù Cristo.
In questo tempo di Natale nelle nostre case, nella sala da pranzo, le tavole sono state imbandite a festa, pulite, belle. L’altare e il tabernacolo sono i luoghi dove “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” si dona a noi come cibo di vita eterna. Anche noi, invitati alla cena dell’Agnello, prepariamo con altrettanta cura l’altare e il tabernacolo, in cui pochissime particole sono conservate e per gli ammalati e per consentire l’adorazione perpetua. Non è una dispensa dove si attinge continuamente, basta conservare una sola particola. In essa c’è tutto Gesù Cristo. Su questo aspetto il nostro Sinodo, quanto prima, ci consegnerà indicazioni precise.
Sono certo, carissimi confratelli nel sacerdozio, che alla luce di questo gravissimo peccato, intensificherete la formazione dei fedeli sulla centralità dell’Eucaristia, sul rispetto dei luoghi liturgici e in particolare dell’altare e del tabernacolo.
Tutti i confratelli vescovi e sacerdoti dell’intera Basilicata sono in comunione di preghiera con noi, ma anche tanti da altre parti d’Italia.
Concludo dicendo che, se da una parte chiediamo a Dio perdono per il sacrilegio, dall’altra esprimiamo con forza il nostro impegno a valorizzare la centralità dell’Eucaristia nella nostra vita (messa domenicale, comunione eucaristica, adorazione eucaristica) sperando di non dover più ritrovarci per celebrazioni riparatrici come questa.
Ci affidiamo alla Madonna Immacolata che schiaccia la testa dell’antico serpente, il diavolo, e a S. Eufemia, protettrice della nostra amata Irsina.
Così sia”.