Riavvolgiamo la moviola e facciamo qualche fermo immagine.
Gennaio 2017.
Un operaio dell’Argaip che gestisce l’impianto di potabilizzazione dell’area industriale di Viggiano, scopre che da un tombino fuoriesce greggio.
Avvisa l’azienda. Avvisa l’Eni ma non i carabinieri. Lo farà successivamente quando l’Eni dichiara, mentendo, che il liquido non proveniva dall’impianto.
Eppure – torniamo indietro con la moviola – quel “rompiscatole” (in maniera affettuosa) di Maurizio Bolognetti, già due anni prima aveva subdorato, non certo per il puzzo proveniente dall’impianto, che qualcosa non andava. Che da qualche serbatoio non a norma fuoriusciva greggio. Provò a documentarlo, ma appena si avvicinò al Cova un carabiniere lo minacciò, impedendogli di fare le riprese. Accadde – altro fermo immagine – che “stranamente” la fondina nella quale il militare dell’Arma aveva la pistola si slacciò!
“Stavo semplicemente facendo il mio lavoro di giornalista fuori dal Centro Oli di Viaggiano – racconta lo stesso Bolognetti – quando sono stato fermato da una pattuglia dei carabinieri che prima ha voluto identificarmi e poi ha insistentemente ripetuto ‘Sta filmando? È importante che lei non filmi’. Improvvisamente il maresciallo si è slacciato la fondina. Ma la cosa più incredibile, davanti alla mia richiesta di spiegazioni, è stato il tono della risposta: ‘si è aperta da sola’, mi ha detto. Un atteggiamento che mi aspetterei da altri soggetti, non certo da un esponente delle forze dell’ordine”, conclude Bolognetti.
Al di là di questo spiacevole e per certi versi grave episodio, possiamo affermare senza tema di smentita che il problema di sversamento di greggio dal Centro Oli di Viggiano esisteva da tempo.
Andiamo avanti con la moviola: 18 aprile del 2017. Il presidente Pittella sospende l’attività del Cova, imponendo ad Eni di provvedere alla bonifica della zona interessata dallo sversamento. La produzione riprenderà a settembre.
E’ il caso di ricordare che solo in un incontro al Ministero, l’Eni ammise, dopo averlo negato più volte, che si era verificato uno sversamento di 400 tonnellate di greggio da agosto a novembre 2016, senza minimamente avvisare chi di competenza.
Veniamo ai giorni nostri.
La Regione Basilicata, dopo i provvedimenti presi, ha deciso di chiedere un risarcimento ad Eni non solo per i danni ambientali causati dallo sversamento ma anche “per ottenere una riparazione delle conseguenze lesive del danno di immagine”.
E’ appena il caso di ricordare che di quanto accaduto parlò tutta la stampa nazionale.
Nella delibera dell’esecutivo si precisa di aver dato mandato all’Ufficio Legale e del Contenzioso di valutare “ogni più compiuta e doverosa valutazione circa le azioni legali da intraprendere ovvero da coltivare in ogni sede competente, volte a far accertare la condotta antigiuridica di Eni S.p.a in relazione agli eventi occorsi al Centro Olio Val d’Agri (Cova) e, conseguentemente, all’ottenimento del giusto ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali, certamente comprovabili e quantificabili in sede giudiziale”.
È la storia, questa che vi abbiamo raccontato, di un incidente, grave dal punto di vista ambientale. Incidente che se fosse stato fronteggiato per tempo, probabilmente, poteva essere evitato o sicuramente ridimensionato.
Si poteva evitare se soltanto qualcuno avesse ascoltato due anni prima quel “rompiscatole” (sempre in maniera affettuosa) di Bolognetti. Ma tant’è.
Spegniamo la moviola.