Ce lo dicono e ce lo insegnano fin da bambini. Il gioco è elemento indispensabile per la naturale e responsabile crescita di ogni essere vivente, in particolar modo per l’essere umano.
La prima cosa fondamentale che si impara giocando, fin da bambini, è che ogni gioco è disciplinato da regole concordate o tramandate.
Altra cosa che si impara altrettanto presto è che le regole si possono trasgredire, basta volerlo.
Potrebbe finire qui, ma abbiamo imparato nei secoli, ma anche e sopratutto negli ultimi decenni, che è possibile cambiare le regole e scriverne delle nuove. (Purtroppo, spesso, senza concordarle).
Ma il gioco è anche divertimento. Piacere. Distrazione.
Sopratutto distrazione. Innanzitutto distrazione.
Cosa fate se un bambino vi bombarda con mille perchè? Lo distraete.
E quando ritorna con altri perchè? Lo distraete di nuovo.
Cosa pensereste se lo stesso trattamento, in maniera predeterminata, fosse riservato a voi?
Immagino che la cosa vi farebbe arrabbiare. E non poco.
La distrazione soddisfa un bisogno momentaneo.
La distrazione pianificata dal sistema moderno, invece, coglie l’obiettivo vero e oltre a soddisfare un bisogno, evidente o latente che sia, ne alimenta subito un altro.
Si innesca così un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. Anche perchè nessuno (o quasi) è capace di rinunciare al piacere che la macchina mediatica dello spettacolo mette in moto quotidianamente.
Già, perchè tutto è diventato spettacolo. Le notizie, per esempio, qualunque sia la loro natura, vengono date in pochissimi secondi. Ciò comporta una cosa molto semplice: svanisce miseramente il senso di serietà di ogni avvenimento poiché lo stesso è raccontato nell’arco di un minuto. Inoltre, tutte le notizie, vengono trasmesse a ritmo frenetico e senza una logica di fondo. Anche questo comporta una cosa molto semplice: è impossibile ricordarle tutte e ciò che non sarà ripreso il giorno dopo è già scomparso dalla scena. Inoltre, per raccontarci cosa accade nel mondo, viene scelto un giornalista che sappia bucare lo schermo, capace di trasmettere tranquillità, e di veicolare sensazioni, emozioni. Che si parli di un disastro o di un terremoto o di una strage bisogna comunque mantenere un velo di positività, magari di entusiasmo. L’informazione, insomma, è scomparsa. E’ stata sostituita dall’intrattenimento.
Anche il dibattito politico non sfugge a questa logica. Sembra di assistere sempre ad uno spot pubblicitario in cui ogni politico-testimonial dice che il proprio partito è migliore dell’altro. Che la propria proposta (mai ben articolata) è senza dubbio da preferire a quella dell’avversario. Senza mai spiegarne motivi, ragioni. E questo perchè la trasmissione televisiva hai i suoi tempi. Deve innanzitutto intrattenere, poi, se resta tempo, informare. Dovrebbe far riflettere l’idea che bastano 4 pannelli grafici riassuntivi per spiegare agli italiani la legge finanziaria. (mi viene da esultare con un Alè.).
Il fatto è che l’immagine ha sostituito ovunque la parola e dunque il pensiero. Ogni cosa è veicolata come fosse il prodotto di una vecchia polaroid. Una volta guardata e giudicata la foto, bisogna immediatamente averne un’altra da guardare. E non c’è tempo per riflettere su quella appena buttata via.
Rapidamente ci siamo abituati alla realtà visuale. Immagine dopo immagine. Evento dopo evento. Spettacolo dopo spettacolo. Un lento ed inesauribile percorso codificato con l’idea dell’istantaneo. Dell’immediato. Scompare il contesto. Scompare la storia. Scompare la memoria.
La potente suadenza dell’immagine cavalca ogni attimo, ogni luogo, ogni evento del nostro quotidiano. L’abitudine al mondo visivo è ormai introiettata.
E’ vero solo ciò che guardiamo. E’ vero solo ciò che appare in Televisione. Il gioco è fatto.