Lunedì 22 dicembre 2025 – “La Giunta regionale presenta come una svolta ‘equa e sostenibile’ una modifica normativa che, nei fatti, rappresenta un arretramento grave sul piano dell’interesse pubblico, della trasparenza e della tutela di una risorsa strategica come l’acqua.
Da una prima lettura del disegno di legge sulle acque minerali, recentemente approvato dalla Giunta Regionale, sembra che esso intervenga sulla legge del 1996 non per rafforzare il controllo pubblico, ma per ridurre i canoni a carico dei grandi imbottigliatori e per rinunciare a strumenti di verifica oggettiva dei prelievi”.
Lo dichiara Piero Marrese, capogruppo di Bd in Consiglio regionale, che prosegue:
“Anche sulla scorta di quanto riportato in un articolo dell’autorevo0le giornalista Gianni Molinari, sembra che si abbassi il canone da 0,50 a 0,30 centesimi al metro cubo, per di più calcolato solo sul 20% dell’acqua imbottigliata, e si cancella la legge regionale del 2020 che prevedeva la telelettura dei contatori.
In sostanza, la Regione rinuncerebbe a misurare direttamente quanta acqua viene prelevata e affiderebbe tutto a dichiarazioni sostitutive dei concessionari. Una scelta che contraddice clamorosamente qualsiasi principio di sovranità pubblica sulla risorsa e rende la parola “trasparenza”, richiamata più volte nella relazione, un semplice esercizio retorico”.
“Ancora più discutibile – evidenzia Marrese – è il sistema degli incentivi ambientali: invece di disincentivare sprechi, perdite e usi industriali dell’acqua – che dovrebbero essere a carico delle imprese – si finisce per premiarli con ulteriori riduzioni del canone.
Costi industriali ordinari, come la manutenzione delle tubature o il lavaggio delle bottiglie, verrebbero di fatto scaricati sulla collettività lucana, mentre un settore che realizza miliardi di euro di fatturato continuerebbe a versare canoni irrisori.
Quanto all’incentivazione dell’uso del vetro e del vuoto a rendere, è legittimo chiedersi chi ne trarrà realmente beneficio: non certo le famiglie o gli anziani, ma un mercato che trova la sua principale collocazione nella ristorazione, dove i prezzi dell’acqua minerale sono tutt’altro che accessibili. Infine, è difficile sostenere che queste norme aiutino davvero le piccole imprese locali, quando tra i principali beneficiari figurano grandi gruppi nazionali e multinazionali”.
“Acqua, petrolio e gas sono beni pubblici. La Regione Basilicata – conclude Marrese – dovrebbe esercitare fino in fondo il proprio ruolo di governo di queste risorse, non limitarsi a ratificare scelte che riducono il controllo pubblico e il ritorno per le comunità. La domanda resta semplice e politica: se su tutto decide lo Stato o il mercato, che cosa resta alla Basilicata da decidere sul proprio futuro?”
Foto di copertina: stabilimento San Benedetto a Viggianello
