Domenica 26 ottobre 2025 – Si è concluso ieri, sabato 25 ottobre, a Matera, il convegno “Il femminicidio e le violenze di genere. Per un efficace contrasto alla violenza domestica e di genere”.
L’evento è stato promosso dal Consiglio regionale della Basilicata in collaborazione con l’Osservatorio Permanente sull’efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica del ministero della Giustizia, con la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali e provinciali e con il patrocinio degli Ordini degli Avvocati di Matera, Potenza e Lagonegro e dell’Ordine degli Psicologi della Basilicata.
A fare da cornice al convegno, organizzato dalla Struttura di Coordinamento Informazione, Comunicazione ed Eventi del Consiglio regionale, oltre ai relatori, sono stati gli studenti dell’Istituto Superiore “Einstein-De Lorenzo” di Potenza, dell’Istituto “Enrico Fermi” di Policoro e del Liceo Classico “Giovanni Pascoli” di Viggiano.
Una presenza significativa, quella delle scuole, che si inserisce nel più ampio progetto di cittadinanza attiva curato dalla Struttura di Coordinamento, volto a rendere i giovani protagonisti di percorsi di consapevolezza, responsabilità e partecipazione civica.
Ad aprire i lavori il Dirigente Generale del Consiglio regionale della Basilicata, Nicola Antonio Coluzzi che ha invitato i giovani a riflettere sul valore della cultura come strumento per comprendere e migliorare la natura umana. Coluzzi ha sottolineato che “Il vero accrescimento culturale non si ottiene sui social o con informazioni superficiali, ma attraverso la lettura dei grandi classici, che raccontano l’uomo in tutte le sue dimensione ed ha denunciato quella che è la cultura del consenso distorta, che confonde amore e possesso, all’origine di molte tragedie”.
Ha richiamato, infine, un racconto del filologo Alexander Demandt, secondo cui l’uomo è una creatura “eternamente incompiuta”, divisa tra amore, verità e giustizia, ma proprio per questo capace di migliorarsi.
Il tema della prima sessione ha riguardato le forme invisibili della violenza. A relazionare è stata Margherita Cardona Albini, Vice Capo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia, che ha approfondito la dimensione di invisibilità delle condotte di manipolazione psicologica, sottolineando quanto sia necessario descriverle e ricondurle a categorie giuridiche precise.
Il suo intervento ha poi richiamato l’attenzione sulla violenza economica, sulle sue connessioni con i comportamenti maltrattanti e sulla posizione della giurisprudenza più recente, analizzata anche alla luce dei dati disponibili e del contesto sovranazionale.
“Lavorare su consapevolezza e ascolto come strumenti di conoscenza e di contrasto – ha concluso – significa promuovere una cultura capace di riconoscere e nominare la violenza, anche quando si manifesta nelle sue forme più sottili e difficili da vedere”. occasioni di crescita psichica e relazionale.
Emanuela Quagliata, psicoanalista e membro ordinario della SPI, Società Psicoanalitica Italiana dell’IPA, International Psychoanlytical Association, distingue due forme di violenza: quella reattiva, legata a un sé fragile e ferito, e quella sadico-psicopatica, che mira a far soffrire l’altro.
“La violenza – ha affermato – rappresenta un fallimento della mentalizzazione, ossia dell’incapacità di comprendere e dare senso agli stati emotivi propri e altrui. l vulnus affettivo nasce da esperienze traumatiche, dipendenza patologica e fragilità narcisistica.
Le prime relazioni genitore-bambino sono cruciali per sviluppare la tolleranza alla frustrazione e la capacità di pensare l’emozione. Va distinta la dipendenza sana, che favorisce autonomia, da quella patologica, basata su controllo e paura della separazione.
La violenza agisce su tre piani: individuale (frustrazione e impotenza), relazionale (potere e manipolazione) e sociale (influenza culturale e mediatica).
La prevenzione richiede educazione alla relazione e discernimento tra legami sani e tossici.
La psicoanalisi offre spazi di pensiero e contenimento emotivo in terapia, scuola e comunità..
Simona Bonito, consigliera di parità della Provincia di Potenza, ha parlato del progetto D-Job, sportello di orientamento al lavoro per donne e ragazze a rischio di marginalizzazione.
Lo sportello offre percorsi personalizzati di empowerment, riqualificazione e reinserimento lavorativo e accompagna le beneficiarie verso autonomia economica e piena valorizzazione delle competenze.
Accanto a questa azione strutturale, Bonito ha presentato il “Bugiardino per riconoscere la violenza”, realizzato con l’Ordine dei Farmacisti e la Fondazione Scintille di Futuro di Pietro Grasso.
“Le farmacie sono presidi di prossimità e luoghi di fiducia per le donne in difficoltà. Il bugiardino, ispirato ai foglietti dei medicinali,- ha evienziato – offre informazioni per riconoscere la violenza e chiedere aiuto. È un modo semplice ma efficace per portare la prevenzione nei luoghi di vita quotidiana”.
I lavori sono stati moderati dal giornalista Roberto Rizzo, che ha proposto alla platea alcune clip con testimonianze di donne che hanno subito violenza. Questa scelta ha avuto un forte valore comunicativo ed emotivo, perché ha dato voce diretta alle vittime, rendendo tangibile la gravità e la complessità del fenomeno.
Le testimonianze hanno permesso di trasformare i dati e le riflessioni teoriche in esperienze vissute, favorendo empatia, consapevolezza e partecipazione attiva del pubblico.
La quarta sessione della giornata ha dato spazio all’importanza della prevenzione nel contrasto alla violenza.
Mariella Delia, magistrato addetto all’ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia, ha fatto presente che la fiducia nella legge e nel diritto resta fondamentale, ma non sufficiente a debellare la violenza di genere.
“La violenza si combatte con l’impegno quotidiano e la coerenza delle istituzioni. Il vero cambiamento richiede un’evoluzione culturale, guidata dalle nuove generazioni.
E a tal proposito cito un segnale concreto di cambiamento: L’Osservatorio ha partecipando alla Giornata internazionale delle donne e ragazze nella scienza. Un messaggio che contribuisce ad abbattere gli stereotipi di genere. Favorire percorsi scientifici per le donne significa aprire nuove opportunità e carriere. Solo unendo enti e società si può trovare la via per superare la spirale di violenza”.
Mauro Paladini, ordinario di Diritto privato all’Università di Milano-Bicocca e Vicepresidente della Scuola Superiore della Magistratura, ha sottolineato il valore strategico della formazione.
“La Scuola, in coordinamento con l’Osservatorio Ministeriale, promuove una preparazione adeguata degli operatori giuridici nel contrasto alla violenza sulle donne e domestica, rispondendo a obblighi normativi e alla crescente sensibilità della magistratura.
Nei convegni, come quello di Matera, si richiama l’immagine della rete, simbolo di sinergia istituzionale.
La disgregazione delle famiglie allargate, ha osservato, ha ridotto il controllo sociale, rendendo necessario l’intervento delle istituzioni.
Paladini ha proposto l’immagine della piramide: alla base la società civile, poi operatori sociali e sanitari, quindi servizi sociali, centri antiviolenza, forze dell’ordine, avvocati e Procure; al vertice, i giudici, chiamati non a “lottare” ma a giudicare con equilibrio, distinguendo i fatti reali dalle strumentalizzazioni.
Maria Monteleone, già Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Roma, ha impostato il suo intervento ponendo l’accento su due aspetti fondamentali che caratterizzano la violenza di genere e domestica: da un lato, la persistente inefficacia della sola risposta penale, che in troppi casi non riesce a prevenire o interrompere tempestivamente le condotte violente; dall’altro, la particolare condizione di vulnerabilità e fragilità in cui versano le vittime, spesso costrette a convivere con paura, dipendenza economica ed emotiva, isolamento sociale e scarsa fiducia nelle istituzioni.
Monteleone ha sottolineato come la sola repressione giudiziaria non possa bastare: è necessario costruire una rete di intervento coordinata e stabile, in cui tutti gli attori coinvolti — magistratura, forze dell’ordine, servizi sociali, centri antiviolenza, strutture sanitarie e scuola — collaborino in modo sinergico, all’interno di un quadro che garantisca sicurezza, protezione e accompagnamento alla vittima lungo tutto il percorso di uscita dalla violenza.
Iside Russo, già presidente della Corte d’Appello di Salerno, ha sottolineato come “il tema dei temi, in questa problematica complessa, sia la rete”. Ma cosa significa davvero “rete”? – ha chiesto rivolgendosi alla platea. – “È una parola che racchiude valori, competenze e collaborazione. La rete – ha precisato – è composta da magistrati, forze dell’ordine, avvocati, centri di ascolto, case famiglia: un insieme di istituzioni e servizi sociali che informano le donne sui loro diritti e sulle opportunità per loro e per i loro figli. Un sistema che fa sentire le donne meno sole, offrendo uno spazio dove poter raccontare la violenza subita, un luogo di libertà che le aiuta a elaborare il dolore e a ritrovare coraggio e dignità”.
“La scuola – ha affermato Barbara Bononi, docente Unicolleghe SSML di Mantova, psicologa giuridica forense, formatrice alle forze dell’ordine – è la prima agenzia in grado di intercettare la violenza, grazie alla capacità degli insegnanti di cogliere comportamenti disadattivi e situazioni di difficoltà.
Fondamentali sono i progetti di formazione, seminari, convegni e dibattiti propedeutici all’apertura e al funzionamento degli sportelli di ascolto, presidi territoriali per famiglie e ragazzi in difficoltà.
Lo sportello deve essere gestito da personale esterno qualificato, capace di riconoscere segnali di disagio e di violenza, anche assistita.
Centrale è la figura del Mediatore culturale, professionista che favorisce la comprensione della violenza come disvalore e colma i gap generazionali e culturali. Occorre garantire continuità ai progetti, evitando interventi episodici, e prevedere sportelli accessibili in presenza e da remoto. Solo una rete educativa stabile, fondata sulla collaborazione tra scuola, famiglia e professionisti, può costruire una reale cultura della prevenzione e della protezione”.
Antonietta Pitrelli, esperta formatrice in violenza di genere, ha più volte ribadito che “tutto deve essere incentrato sul fatto che la donna deve diventare protagonista di se stessa.
La richiesta di aiuto alle forze dell’ordine, al 1522, ai servizi sociali, alla scuola e alla famiglia deve avere come obiettivo, oltre alla denuncia, quello di accogliere la vittima, supportarla dal punto di vista psicologico e giuridico e reinserirla nell’ambito sociale, economico e lavorativo.
Ha proposto all’Osservatorio progetti per le scuole con attività di prevenzione alla violenza di genere e ha anticipato un protocollo che risponde ai principi del Piano Strategico Regionale sulla violenza maschile contro le donne 2017/2020, con l’obiettivo della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere. Tale protocollo fornirà a tutti gli attori coinvolti nella rete delle linee guida, rivolte al mondo legale, datoriale, sanitario, alle forze dell’ordine, all’ambito sociale e psicologico e alle scuole.
La dirigente regionale dell’Ufficio scolastico regionale per la Basilicata, Claudia Datena, ha affermato che occorre costruire il futuro, “un futuro in cui ogni persona, donna o uomo, bambina o bambino, possa sentirsi libera di essere se stessa, rispettata e protetta nella propria dignità.
La scuola, insieme alle istituzioni del territorio, deve essere custode di questo futuro, un luogo in cui si impara che la forza non è dominio ma rispetto, che l’amore non è possesso ma libertà, che la diversità non è minaccia, ma ricchezza. Solo un’educazione fondata su questi valori può spezzare il ciclo della violenza e generare una società più giusta, più equa, più umana.
Ai lavori, tra le tante autorità presenti in Sala, erano presenti i consiglieri regionali Cifarelli e Morea.

