Peggio della Basilicata e delle altre regioni del Mezzogiorno, ci sono solo due regioni della Grecia. E’ questo il dato impietoso sul divario di genere nel settore del lavoro che ci viene consegnato dall’Eurostat.
Secondo l’ultimo aggiornamento del 2024, la disparità occupazionale tra i generi sfiora in Basilicata i 27 punti percentuali ed è dovuta a una serie di ragioni, come le responsabilità di cura non retribuite delle donne, la discriminazione nelle assunzioni e la scarsità di leadership femminili, l’inadeguatezza dei servizi per l’infanzia, i disincentivi fiscali e la segregazione occupazionale.
Secondo il report. nell’ultimo trimestre 2024 il tasso di occupazione in Italia era del 53,1%, mentre la media Ue era del 66,3%. Un gap di 13,2 punti, in aumento rispetto ai 12,8 del quarto trimestre 2023. Una tendenza confermata dall’analisi dei congedi parentali; le madri infatti hanno fruito del 73% dei congedi disponibili, con una media di 55 giorni per ciascuna. I padri, pur con un trend in crescita, si sono fermati al 27%, con una media di 21 giorni.
In Basilicata, su circa sette mila aziende, sono state una decina quelle le lucane che hanno ottenuto la certificazione della parità di genere, l’attestato previsto dal Pnrr per dare conto delle politiche e delle misure adottate dai datori di lavoro con lo scopo di ridurre il divario di genere. Ad aggravare il divario c’è il gap salariale: in Basilicata il differenziale retributivo tra uomo e donna si stima intorno al 10 per cento, sia per quanto riguarda la retribuzione annua che il salario giornaliero. Inoltre, le donne lucane lavorano meno giorni degli uomini: se gli uomini lucani lavorano in media tra i 213 e i 224 giorni, le donne lucane lavorano in media tra i 200 e i 213 giorni, quindi in media da 16 a 20 giorni in meno degli uomini, a testimonianza della larga diffusione del contratto part-time volontario e forzato che caratterizza il lavoro femminile lucano, con pesanti conseguenze sul futuro reddito da pensione