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Letto Marietta Di Sario scrive al Presidente Draghi ed ai politici
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Attualità

Marietta Di Sario scrive al Presidente Draghi ed ai politici

USB - Ufficio Stampa Basilicata 30 Marzo 2021
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Martedì 30 marzo 2021 – Marietta Di Sario, per i volontari dell’Unitalsi è un icona. Le vogliono tutti bene e tutti si adoperano per rendere meno difficile la vita di una persona colpita a quattro anni dalla poliomielite e costretta dalla giovanissima età su una sedia a rotelle senza poter usare mani e gambe.
Una menomazione che cristianamente Marietta accetta ma non le impedisce di lottare per i suoi diritti. Lo fa con la sensibilità e l’umanità che la contraddistinguono. Valori che emergono nella lettera che Marietta ha scritto al Presidente Draghi ed ai politici.
Lettera che vi proponiamo.

Marietta Di Sario

“Mi chiamo Marietta Di Sario e mi rivolgo al Presidente del Consiglio dei ministri Draghi e a tutti i politici italiani, di qualsiasi fede politica.

Sono lucana e la mia storia inizia a quattro anni, l’età in cui i bambini dovrebbero correre e giocare. Invece, la poliomielite bussa alla mia porta prima ancora che potessi vaccinarmi. Pochi anni dopo non cammino più e da allora la carrozzina diventa la mia inseparabile compagna di vita.

Nel momento in cui vi scrivo – badate bene, grazie ad altre mani perché le mie non le muovo – sono qualificata invalida civile al 100% e non uso gli arti inferiori e superiori: i miei sono stati anni di sofferenze, del corpo e del cuore, e di lotte portate avanti con tenacia. La mia vita è stata sempre una dura prova: oltre alla poliomielite e ai numerosi interventi chirurgici alle articolazioni, ho dovuto affrontare un’operazione per asportare un meningioma al cervello. Il mio corpo è stato flagellato, ma nonostante tutto non ho mai smesso di amare la vita e affrontare con fede la sofferenza. Convivere con essa, accettarla e accoglierla per testimoniare il valore e la bellezza della vita sono tappe di un cammino lungo e difficile, ma che con gioia percorro ogni giorno e che mi conduce ad amare anche la mia vecchia carrozzina. Posso accettare la malattia, ma non posso più accettare i soprusi che vedo ogni giorno e l’indifferenza dei politici verso noi disabili, gli ultimi della società.

Il più grande sostegno, in questi anni di sofferenze, mi è arrivato dalla mia famiglia, dall’UNITALSI e dagli amici. Non sono mai mancati i volontari che venissero a prendermi per accompagnarmi col sorriso a messa, a fare una pizza in compagnia o a fare una passeggiata. Eppure, non è ai volontari che spetta il compito di aiutare un disabile: spetta allo Stato.

Con il Covid-19 la vita di noi disabili è diventata, se possibile, ancora più difficile e fatta di una solitudine insostenibile. Sono venute a mancare persino le cure essenziali: io, per esempio, non posso più fare fisioterapia in piscina, con un conseguente peggioramento della mia situazione fisica. Non posso più vedere ed incontrare i volontari dell’UNITALSI, che erano la mia fonte di gioia. Inoltre, è stata per me una grande delusione scoprire che anche in occasione di una pandemia terribile come questa i disabili siano stati messi all’ultimo posto. Non siano ancora stati vaccinati, eppure avremmo dovuto essere tra i primi e con noi i familiari e chi ci assiste.

Il Covid-19 ha stravolto la vita di tutti, eppure sarei disposta a stringere i denti e sopportare, se solo avessi la certezza che da questa pandemia ne usciremo davvero migliori. E per migliori intendo una società disposta a venire incontro ai più deboli, a prendersi cura di noi, degli ultimi.

Non è giusto che il più grande aiuto a un disabile arrivi da un’associazione di volontari, mentre ci si debba sentire abbandonati dallo Stato. Oggi, dopo tanti anni, mi trovo a riflettere su come sia più semplice per me accettare la mia malattia alla luce della fede piuttosto che rassegnarmi all’indifferenza di chi ci governa e a un immobilismo legislativo che ferisce e abbandona i cittadini meno fortunati e più soli.

L’assenza di politiche serie e concrete per i disabili gravi mi ha costretta a lasciare un piccolo paese della Basilicata, San Chirico Raparo, a cui sono molto legata e dove sono vissuta per più di cinquanta anni con tante difficoltà, per trasferirmi a Carpi, vicino Modena, dalla famiglia di mia sorella. Quella famiglia sulla quale ricade la responsabilità e il peso dell’assistenza del disabile. Per garantirmi un’assistenza continua, infatti, mia sorella ha dovuto rinunciare al suo lavoro in fabbrica. Sono molti i familiari che sono costretti ad abbandonare il lavoro, come mia sorella, per cui a chi si occupa del disabile dovrebbe essere riconosciuto uno status giuridico cui deve corrispondere un riconoscimento economico, perché, oltre ad adempiere a un proprio dovere morale, sostituisce lo Stato laddove questi non assolve la funzione costituzionale di farsi carico dei disabili, generando un risparmio economico notevole in termini di spese assistenziali e anche ospedaliere, determinato dal ricovero in famiglia e sotto l’assistenza di un congiunto.  La Legge 104/92 prevede congedi retribuiti per due anni: tuttavia, dopo due anni, il disabile non guarisce; la sua è una condizione perpetua. In quest’ottica, s’inserisce la proposta di prevedere la tredicesima sulle indennità di accompagnamento e il prepensionamento per i familiari che assistono disabili gravi e gravissimi. La legge sul prepensionamento è importante per i familiari dei disabili per restituire loro un po’ di vita, anche perché nessuno sa seguire un disabile grave come un familiare stretto e quindi lo Stato deve permettere che questo sia possibile.

I sostegni al reddito non bastano a garantire una vita dignitosa a un disabile grave. I disabili gravi dovrebbero ricevere gratuitamente le cure e la fisioterapia di cui hanno bisogno, in base alla gravità della disabilità. Se un disabile è ricoverato, vengono scalati i soldi dell’accompagnamento: ma un disabile grave come me, che ha bisogno di assistenza ventiquattro ore su ventiquattro, ha bisogno di un accompagnamento persino in ospedale.

In ultimo, rimane il problema delle false invalidità: lo Stato dovrebbe aumentare i controlli su quella che è una vera piaga. Quanti soldi spesi inutilmente per colpa di chi si finge disabile! Quanti soldi in meno per chi disabile lo è davvero!

Con questa lettera voglio chiedervi di aprire gli occhi e il cuore sulla dolorosa e gravissima realtà dei disabili gravi e dei familiari che li assistono, ancora più difficile ai tempi del Covid-19. Lo chiedo soprattutto al nuovo Ministro per le disabilità, uno strumento che spero il governo sappia adeguatamente utilizzare.

Il mio non è solo un grido di denuncia, ma vuole essere anche un inno alla vita e al rispetto della vita. È il mio amore per essa che mi spinge a scrivere, ancora, nonostante sia stanca di lottare e di combattere per dei diritti negati. Le Istituzioni non possono eliminare la sofferenza e il dolore, ma senza dubbio devono tutelare i più deboli con risposte concrete e immediate. Solo allora potremo dire di essere diventati finalmente migliori.

Sono disponibile a essere contattata per mail all’indirizzo di Oriana Ramunno, che si occuperà di gestire la mia corrispondenza essendo io impossibilitata a causa della mia disabilità: orianaramunno@hotmail.it

Sono certa di una vostra gentile risposta e di un impegno per il futuro.

Con cordialità, 

Marietta Di Sario“.

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