POLICORO – La famiglia di Marirosa Andreotta, morta tragicamente a Policoro il 23 marzo 1988 unitamente al suo fidanzato Luca Orioli, in relazione alla continua aggressione giornalistica messa in atto da alcuni organi di informazione che associano la morte di Marirosa e Luca alla presunta partecipazione di Marirosa a “festini a base di sesso e droga”, al fine di fare definitiva chiarezza sulla vicenda, COMUNICA QUANTO SEGUE.
La lettera scritta da Marirosa nel febbraio 1986, oltre due anni prima della tragedia, e riportata di recente dall’avvocato Fiumefreddo della famiglia Orioli come documento assolutamente “inedito” che aprirebbe degli “scenari di straordinaria rilevanza investigativa”, rappresenta uno dei tanti tentativi di gettare fumo negli occhi all’opinione pubblica con l’obiettivo di mantenere vivo il dibattito sulla tragica vicenda da parte di chi non accetta le conclusioni scientifiche a cui sono pervenuti i consulenti medici del Tribunale di Matera.
Basti richiamare, infatti, l’ultima ordinanza di archiviazione in cui viene riportato:
- che l’inchiesta è stata riaperta dal PM Rosanna de Fraia in data 14.07.2010 a seguito di istanza di riapertura delle indagini promossa dai genitori di Marirosa;
- che la riapertura delle indagini era specificamente disposta “alla stregua delle numerose e reiterate notizie apparse sulla stampa in quel periodo, che ricollegavano il fatto alla presunta partecipazione di Marirosa a festini a base di sesso e droga”. La frase di Marirosa “spero che resterai accanto a me anche quando ti confesserò una piccola parte di me che voglio cancellare per sempre: vedi, potrei benissimo nasconderti tutto, ma ho piena fiducia in te e voglio che tu di me sappia tutto” è riportata nell’ordinanza di archiviazione, per cui è stata ben valutata dal PM e dal GIP (si allegano gli stralci dell’ordinanza di archiviazione), così come sono state analizzate le trasmissioni di “Chi l’Ha Visto?” con le surreali rivelazioni poi ritrattate del fotografo Cerabona.
- che i genitori di Marirosa si sono opposti alla prima richiesta di archiviazione del PM del 09.11.2010 chiedendo un nuovo esame autoptico con moderne tecnologie, perizia poi effettivamente disposta dal PM a seguito di ordine del GIP, ed affidato al Dott. Francesco Introna.
Pertanto, le recenti affermazioni dell’avvocato della Famiglia Orioli e alcune descrizione giornalistiche sono – a nostro avviso – pubblicate al solo fine di suscitare clamore mediatico mantenendo viva la discussione sui mezzi di informazione e sui socia!, circa il decesso dei due giovani.
Analogamente, non riteniamo possibile propalare come nuova perizia una relazione peritale del 1999 redatta dal criminologo prof. Bruno, quando successivamente ad essa (nel 2010) è stata eseguita una autopsia con le più moderne tecnologie disponibili presso l’istituto di medicina legale di Bari, istituto certamente di eccellenza e all’avanguardia avendo anche reparti specialistici di tossicologia forense, odontoiatria forense …. da parte di un consulente di indiscussa professionalità (Prof. Francesco Introna, esperto medico legale di fama, consulente della Procura anche per il caso della povera Elisa Claps, assistito dalla dott.ssa Simona Corrado) e con consulenti di parte presenti alle operazioni peritali (Prof. Giorgio Solino, professore di medicina legale dell’Università La Sapienza, dott.ssa Roberta Bruzzone criminologa, consulenti di parte della Famiglia Orioli, e Dott. Antonio Palmieri, medico legale consulente di fiducia della Procura di Santa Maria Capua Vetere, consulente di parte della famiglia Andreotta) la cui attività è complementare all’attività svolta dal consulente tecnico del PM, e che hanno condiviso l’assenza di lesioni traumatiche e l’esclusione dell’ipotesi di una morte da causa violenta .
L’approfondita attività disposta dalla procura, arricchita anche dagli accertamenti istologici e tossicologici e da esami strumentali quale una TAC total body non lasciano spazio a diverse diagnosi o ad altre ipotesi se non un evento accidentale non riconducibile in assoluto all’attività di terzi.
Nello specifico, riprendendo i passaggi salienti dell’ordinanza di archiviazione del 2013:
- non è presente “qualsivoglia lesività a carico delle strutture ossee e muscolari di Luca Orioli”;
- la salma di Luca Orioli “appariva macroscopicamente priva di lesività di natura traumatica”;
- gli esami condotti dal team del Prof. Introna e “quelli effettuati dal Prof. Umani Ronchi nel 1996, escludevano categoricamente la ricorrenza di lesioni traumatiche vitali a carico dei genitali esterni di Luca Orioli”;
- l’esito degli accertamenti radiologici ed istologici “hanno consentito concordemente di escludere, con ogni attendibilità, che la causa della morte di Andreotta Marirosa possa essere attribuita a qualsivoglia natura traumatica”; “La lesione riscontrata a livello occipitale appare, infatti, compatibile con un impatto delle regioni nucali contro una struttura rigida durante la fase di caduta al suolo”,struttura identificata nella manopola del rubinetto della vasca da bagno;
- non sono stati riscontrati DNA estraibili dalle unghie riferibili a terze persone;
- con riferimento all’osso ioide di Luca, il Prof. Umani Ronchi ha dichiarato: “mimeraviglia che ancora si parli a sproposito dell’osso ioide da parte di chi evidentemente non ha letto la mia perizia, nella quale si afferma che la rottura di un corno del predetto osso è stata causata dalle manovre autoptiche, eventualità piuttosto frequente data la sua fra gilità! …. E che in particolare non vi erano segni di segni di strozzamento, strangolamento o di altra lesività asfissiogena”.
Alla luce dell’articolato percorso investigativo attivato dal Tribunale di Matera a partire dalla riapertura delle indagini dell’anno 2010, non è possibile addebitare oggi alla magistratura alcuna inefficienza e non può che accettarsi la tesi della morte per cause non omicidiarie; né è oggettivamente possibile nemmeno ipotizzare, come spesso capita di leggere sui sodai, che ci sia una macchinazione globale di sviamento delle indagini operante al Tribunale di Matera ininterrottamente da quasi 40 anni, o peggio, che ci siano dei “potenti”ingrado di influenzare per decenni decine e decine di magistrati che si sono succeduti nell’ufficio preposto”.
L’Italia è un paese strano ed i sodai network hanno aggravato la naturale tendenza dell’opinione pubblica a conferire credibilità a coloro i quali ricercano in modo ossessivo e cervellotico, nell’interpretazione o nell’analisi dei fatti, o dei comportamenti, la presenza di una strategia “misteriosa” portata avanti da “poteri occulti”; ed accade che magistrati che operano silenziosamente e fattivamente nell’interesse della giustizia vengono fatti oggetto di sospetti ed illazioni, mentre magistrati che sono stati trasferiti di sede e di funzioni per gravi negligenze vengono invitati sui palchi a illustrare indagini mai eseguite, e basate sul nulla. Ci riferiamo alle recenti dichiarazioni del dott. De Magistris che ha affermato che la morte di Marirosa e Luca è stato un omicidio, di aver condotto indagini investigative (peraltro senza aver inviato nemmeno un avviso di garanzia ai magistrati di Matera competenti nel caso dei fidanzatini), e di non aver potuto portare a compimento le indagini a causa dell’intervenuto trasferimento per incompatibilità ambientale e funzionale. Peccato che nelle centinaia di faldoni dell’inchiesta “Toghe Lucane” da lui conclusa prima del trasferimento nell’Agosto 2008 non ci sia nulla del “caso Fidanzatini” ma solo un Verbale di Assunzione di Informazioni del col. Salvino Paternò che, tra le altre cose, illustra le indagini da lui eseguite negli anni ’90 sul caso dei fidanzatini e che, con riferimento all’ipotesi del collegamento tra la morte di Marirosa e Luca ed i cosiddetti festini a base di sesso e droga. testualmente afferma che si tratta di una personale idea investigativa “avvalorata da nulla”.
La diffamazione subita dalla nostra famiglia e l’offesa alla memoria di Marirosa è stata oggetto di sentenza civile passata in giudicato con la quale numerose testate sono state condannate a risarcire la nostra famiglia per decine di migliaia di euro. La sentenza del Tribunale Civile di Matera n.487/2016, definisce la ricostruzione giornalistica della presunta partecipazione di Marirosa a festini a base di sesso e droga come menzognera.
Ed a proposito di ricostruzioni menzognere:
- tutte le lettere di Marirosa sono state consegnate in copia alla nostra famiglia dal giornalista di “Chi l’ha Visto” Gianloreto Carbone (che le aveva ovviamente avute dagli inquirenti o dalla famiglia Orioli – il luogo dove dovevano per forza essere conservate). Tutte le lettere avevano la busta (con timbro indicante la data – in quanto Marirosa non metteva la data sul foglio), tranne una. Guarda caso la prima lettera di Marirosa, scritta oltre due anni prima della morte;
- in tale lettera Luca non viene apostrofato “amore mio” e la stessa non è stata dunque consegnata a Luca poche ore prima della tragedia, come surrettiziamente ricostruito;
- i cosiddetti festini dell’inchiesta “Turris”, collocati temporalmente nel 1993 (cinque anni dopo la morte dei ragazzi), dai quali è scaturito l’incredibile accostamento, in realtà non si sono mai nemmeno verificati come processualmente concluso nel processo cd. Turris.
Ovviamente, nonostante la scomparsa del nostro amatissimo e compianto avv. Riccardo Laviola, che tanto si è speso per la nostra famiglia, e che ha vinto le numerose battaglie giudiziarie in sede civile che hanno conclamato la falsità dell’accostamento tra la morte dei ragazzi ed i presunti festini, continueremo a denunciare ed a perseguire in tutte le sedi i responsabili di tali crimini giornalistici.
Auspichiamo il rispetto dei confini che perimetrano il diritto di cronaca e la libertà di informazione dovendo prevalere la ricerca della verità ad opera della competente Autorità Giudiziaria, sulla quale si esprime sempre e comunque rinnovata fiducia.