Domenica 14 settembre 2025 – A trentadue anni dall’uccisione di don Pino Puglisi, don Marcello Cozzi, presidente Fondazione Nazionale Interesse Uomo, Coordinatore “IRFI – don Peppe Diana”, Facoltà Teologica Napoli, lo ricorda in questa nota.
“Sono passati trentadue anni da quel 15 settembre 1993. Le parole di Grigoli continuano a farmi riflettere così come quelle di Gaspare Spatuzza, l’altro sicario: “don Pino era un uomo che poteva minare i fondamenti del controllo e del comando totale di Cosa Nostra sul quartiere…, risvegliava le coscienze e aiutava le famiglie povere. A volte qualche prete si era rivolto a noi. Don Pino no”.
Per non cadere nella facile retorica delle commemorazioni e per fare in modo che la memoria del sacrificio di don Puglisi non sia semplice retorica o l’ennesimo santino su cui pregare, ma un testimone da raccogliere, – scrice don Marcello Cozzi – penso sia opportuno farci provocare proprio dalle parole dei suoi killer.
Al di là del fatto che si viva o no in contesti così duramente controllati dall’aggressione mafiosa, penso che non consegnare le persone, e soprattutto i giovani, “nelle mani della mafia”, significhi non lasciare a nessun potere clientelare la soluzione dei problemi sociali ed economici così come sancito dall’art.3 della Costituzione, e soprattutto significa “risvegliare le coscienze” alla consapevolezza della sanità, del lavoro, dei beni comuni, della cultura come diritti e non come favori concessi da qualcuno.
In un contesto che a tutti i livelli aveva normalizzato ogni tipo di intermediazione clientelare e mafiosa don Puglisi “ha costituito un elemento di sovversione”, e alla fine – come si legge ancora nelle sentenze – “è stato ucciso per la sua normalità di essere prete”.
Dicendoci, dunque, che così si è preti: vivendo “la normalità della sovversione”.
Foto di copertina: don Pino Puglisi
Penso sia questa – coclude don Marcello – la lezione di don Puglisi”.