Lunedì 18 novembre 2024 – Stefano Mele, giovane di Calvello che da anni convive con una grave malattia rara e degenerativa, la distrofia muscolare di Duchenne, offre con questa nota una riflessione sulla disabilità.
Lo fa sulla base della sua personale esperienza e soprattutto con il coraggio con il quale affronta il problema, divenendo egli stesso punto di riferimento per quanti si trovano nelle sue stesse condizioni.
“È necessario innanzitutto – scrive Stefano Mele – riflettere sulla definizione di disabilità.
Fino a pochi decenni fa, essa era considerata solo nel suo aspetto di limitazione insita nell’individuo e trattata esclusivamente come “problema” medico su cui intervenire individualmente.
Un paradigma applicato oggi quasi universalmente è invece il cosiddetto Modello Sociale della Disabilità, coniato negli anni ottanta in contrapposizione al tradizionale modello medico.
A suo tempo fu rivoluzionario, ed è la base teorica delle definizioni più aggiornate e corrette di disabilità.
Secondo il Modello Sociale la disabilità è il risultato di un’interazione tra il livello di limitazione individuale fisica o sensoriale o cognitiva o mentale e il contesto di vita.
La disabilità è dunque in gran parte una conseguenza di fattori sociali: se il contesto è poco accessibile o inclusivo, la disabilità aumenta.
In Italia, questa nuova definizione di disabilità è stata proposta con la classificazione ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità approvata nel 2001, dove la disabilità non è più concepita come riduzione delle capacità funzionali determinata da una diagnosi medica, bensì viene definita come “il termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività e restrizioni alla partecipazione.
Esso indica gli aspetti negativi dell’interazione tra un individuo (con una condizione di salute) e i fattori contestuali di quell’individuo”.
Proprio facendo riferimento alla concettualizzazione dell’ICF, nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 (ratificata dall’Italia nel 2009) – prosegue Stefano Mele – si afferma che:
le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri.
Quella della definizione non è una questione oziosa, perché anche la definizione di una categoria sociale influenza il suo ruolo all’interno della società. In ogni caso, il doveroso cambio di approccio in chiave sociale non ci lascia con una definizione netta di disabilità.
Tante sono le difficoltà che devono affrontare le persone che vivono una disabilità, dal vivere la quotidianità superando degli impedimenti.
Esistono ancora troppe barriere architettoniche che limitano tanto l’autonomia e la libertà diritti fondamentali e inalienabili per uomo. Si devono rimuovere queste barriere architettoniche per rendere la vita più agevole e accessibile per tutti i cittadini.
Con l’abbattimento del barriere architettoniche si possono eliminare le barriere più brutte che sono quelle mentali, che sono quelle più pericolose.
Ognuno di noi deve fare la sua parte per rendere il mondo più accessibile.
La cosa più importante per chi vive una disabilità – conclude Stefano Mele – sono i servizi, si devono potenziare politiche per tutelare e valorizzare la disabilità. Devono progettare nuovi servizi per non lasciare nessuno indietro”.