Venerdì 13 settembre 2024 – “Comunque vada, al Sud l’autonomia differenziata rischia di essere un secessionismo mascherato e tanto caro da sempre alla Lega. Aumenterà i divari, acuirà i ritardi e il Paese tutto ci rimetterà. Non è una questione partitica ma di sopravvivenza stessa del Paese e della nostra regione. È la nuova questione Meridionale che si fa avanti e che la Basilicata, il Mezzogiorno e l’intero Paese, oggi, con le sfide che abbiamo dinanzi, non si può più permettere”.
Così il segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega, aprendo da Matera, in piazza San Giovanni, la dodicesima edizione delle “Giornate del Lavoro della Cgil Basilicata – Un mondo nuovo”, che proseguirà domani sabato 14 settembre a Potenza in piazza don Bosco con il segretario nazionale Maurizio Landini che sarà intervistato dall’editorialista di Repubblica, Massimo Giannini, e il segretario generale della Flai Cgil nazionale, Francesco Mininni, che interverrà sul caporalato e lo sfruttamento in agricoltura.
Sul tema “Prospettive del Sud tra autonomia differenziata e Pnrr” la Cgil Basilicata ha avuto il merito di riuscire a mettere a confronto seduti allo stesso tavolo, a Matera, pur nelle loro diversità di appartenenza e prospettive, il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi; il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano; il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca; il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto; l’ex presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini e il segretario nazionale Cgil Christian Ferrari.
“La posizione della Cgil sull’autonomia differenziata – ha detto Mega – è chiara e non da oggi. È dal 2019, da quando cioè lo spettro dell’autonomia differenziata si è fatto più concreto, che abbiamo avuto forse il merito di portare la discussione nella nostra regione.
Dare attuazione all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione nelle condizioni date, con le modalità proposte e a risorse invariate, costituisce un attacco all’unitarietà dei diritti civili e sociali fondamentali delle cittadine e dei cittadini, destinato ad ampliare in maniera irreversibile le diseguaglianze e i divari esistenti tra Nord e Sud del Paese e a ridurre ulteriormente la capacità del sistema pubblico di garantire servizi essenziali e universali alla popolazione.
Riteniamo profondamente sbagliato minare i pilastri su cui si fonda la coesione e la tenuta stessa della nostra società, come l’istruzione e la sanità pubblica oltre che il contratto collettivo nazionale di lavoro”.
Sulla sanità Mega ha sottolineato quanto emerso dal recente studio della Fondazione Gimbe sugli effetti dell’autonomia differenziata sulla “tutela della salute: “Dagli adempimenti ai Livelli essenziali di assistenza valutati con la griglia Lea nel decennio 2010-2019 – ha detto – emerge che nelle prime 10 posizioni non c’è nessuna Regione del Sud e la Basilicata si colloca al 12esimo posto. Col nuovo sistema di garanzia, sia nel 2020 che nel 2021, le Regioni del Sud sono agli ultimi posti, con la Basilicata inadempiente nel 2020 e al penultimo posto tra quelle adempienti nel 2021.
L’aspettativa di vita, come per tutte le regioni del Mezzogiorno, anche in Basilicata è al di sotto della media nazionale – la Basilicata si piazza sest’ultima – tanto che secondo l’Istat al Sud si vive un anno e sette mesi in meno che al Nord. Il dato della mobilità sanitaria passiva viene ulteriormente conclamato, raggiungendo 83 milioni di euro in Basilicata, con la mobilità sanitaria che in generale riguarda l’11,4% dei ricoverati residenti nel Mezzogiorno a fronte del 5,6% dei residenti nel Nord-Italia. E ancora, rispetto alle spese sanitarie per le famiglie, al Sud rinuncia alle cure mediche più di una famiglia su quattro, ovvero il 28,7%”.
In questo quadro pesa l’assenza di medici e infermieri. “In Basilicata – ha proseguito – si registra una presenza di medici ogni mille abitanti inferiore rispetto alla media italiana.
Già oggi si fa fatica a mantenere servizi ordinari a causa delle basse retribuzioni che spingono ad andare verso il privato o verso altre regioni, dove le retribuzioni sono decisamente più elevate.
La maggiore autonomia in termini di contrattazione del personale provocherà una ulteriore fuga dei professionisti sanitari verso le regioni in grado di offrire condizioni economiche più vantaggiose, impoverendo ulteriormente il capitale umano del Mezzogiorno. Un boomerang quindi anche per le regioni del Nord, che non riusciranno a soddisfare l’eccessiva richiesta, provocando un peggioramento dell’assistenza sanitaria, non solo nel Mezzogiorno. Servono investimenti, ora e subito, altrimenti il rischio concreto è di dover rinunciare per sempre alla più grande conquista sociale del Paese e ad un pilastro della nostra democrazia, la sanità pubblica.
La Regione Basilicata – ha detto Mega – faccia la sua parte assumendo iniziative verso il governo nazionale per stanziare le necessarie risorse per il servizio sanitario nazionale e provveda ad utilizzare totalmente le risorse disponibili per le assunzioni. Questa è la via maestra per rendere esigibile il diritto alla salute come diritto sociale di libertà garantendone l’universalità e l’effettività”.
Al pari della sanità pubblica, anche la scuola pubblica è a rischio. “Le conseguenze dell’autonomia differenziata in materia di istruzione in Basilicata, dove la maggior parte dei Comuni sono al di sotto dei cinquemila abitanti, saranno devastanti – ha precisato il numero uno della Cgil lucana – Già oggi con il dimensionamento scolastico assistiamo a una riduzione del 28,7% di istituti, il dato più alto in Italia. È quindi evidente che il diritto allo studio sarà fortemente compromesso”.
In questo scenario “che ne sarà – chiede Mega – della piccolissima Basilicata, dove in un solo anno la popolazione è diminuita dello 0,7%, perdendo 60 mila abitanti in venti anni con una previsione, secondo l’Istat, di una perdita del 40% dei residenti attuali nei prossimi venti, quando le gabbie salariali volute dal Governo Meloni spingeranno i nostri giovani ancora di più verso le regioni del nord, dove gli stipendi saranno più alti?
Come potremmo garantire i livelli essenziali di assistenza? Quando viene meno la tutela del diritto alla salute e insieme il diritto all’istruzione alla mobilità, viene meno il diritto di cittadinanza.
Ed è questo il rischio concreto per la Basilicata e il Mezzogiorno con l’autonomia differenziata che, insieme al Decreto Sud, alla Zes unica per il Mezzogiorno, e alla centralizzazione di risorse e assegnazioni presso la presidenza del Consiglio, mettono a rischio anche i progetti e le risorse del Pnrr, già risultate insufficienti a colmare i divari.
L’Italia viaggia a due velocità differenti. Oggi, invece di colmare queste diseguaglianze con politiche che tengano conto delle peculiarità dei territori mettendoli nelle condizioni di poter garantire stessi diritti a tutti, il governo Meloni resuscita l’autonomia differenziata, ledendo la coesione sociale che di fatto dura dal 1860. Ed ecco che la questione Meridionale torna con prepotenza sullo sfondo di un disegno di autonomia differenziata che divide il Paese, acutizzando i divari mai risolti tra Nord e Sud.
Come Cgil non ci fermeremo – ha concluso Mega – La mobilitazione portata avanti e ancora in corso con le associazioni e la società civile contro la legge Calderoli è stata eccezionale.
In pochi giorni è stata raggiunta e superata la quota delle 500 mila firme necessarie per portare la richiesta dell’abrogazione della legge in Cassazione. Sono state raccolte centinaia di migliaia di firme in Basilicata e nei banchetti in tutta Italia, dalle città ai luoghi di vacanza. E la mobilitazione continua. La prossima sfida sarà trasformare queste firme in voti alle urne per cancellare questa legge iniqua”.