“Allah, ci perdoni tutti. Non era solamente un migrante di origini maghrebine. Si chiamava Ousamma, aveva 19 anni e tanti progetti come i ragazzi di quell’età che hanno tutta una vita davanti a loro e pur di realizzarli sono disposti a scalare le montagne a mani nude.
La sua montagna era stato il Mediterraneo, e ce l’aveva fatta. A casa forse aveva lasciato una famiglia in pena che chissà quante volte avrà pregato Allah il Misericordioso per proteggere i passi di questo suo figlio. Allah lo ha fatto, non ha smesso neanche un attimo di seguirlo con la sua ombra, e di custodire i suoi sogni, che per gli uomini d’Occidente sono invece pericolosi tanto da metterli dietro le sbarre.
Li chiamano Centri di permanenza per il rimpatrio ma sono galere, e sono le peggiori, perché lì dentro, non visti da nessuno, accadono le cose peggiori, fino all’annullamento di ogni dignità. Altro che sogni! Ousamma è morto come due anni fa morì Ozaro, anche lui un ragazzo, anche lui in cerca di una vita dignitosa, anche lui, forse, con una famiglia ad attenderlo che invece non lo ha rivisto più.
Noi non sappiamo come è morto Ousamma, sappiamo solo che in quel luogo di detenzione disumana non c’era neanche un medico, come ha giustamente sottolineato il Procuratore Francesco Curcio, sappiamo che tra il 2018 e il 2022 in quel girone infernale ci sono stati almeno 35 casi di maltrattamenti e una “menomazione della dignità umana” come accertato e definito dagli stessi inquirenti, sappiamo che mentre in quei luoghi c’è una sospensione della civiltà umana, tutt’intorno c’è un mondo sonnolento, indifferente e silenzioso, come ad Auschwitz ottanta anni fa.
E sappiamo infine che davanti a questo orrore c’è ancora chi afferma che bisogna lavorare per rendere dignitosa la permanenza in quei centri.
L’inferno non lo si può rendere dignitoso, l’inferno bisogna chiuderlo. Ousamma è morto perché sta morendo l’umanità in questo nostro Paese. Allah il Misericordioso ci perdoni tutti”.
Sono le parole del Presidente Onorario Ce.St.Ri.M., don Marcello Cozzi.