Chi di noi non ha giocato con il piumino del talco solleticando il sederino dei propri figli dopo il bagnetto prima di mettere il pannolino? Abitudine da abbandonare, visto che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), che fa parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), ha rivalutato i dati disponibili sul talco e ha deciso di alzare la soglia d’allerta: ora il talco non è più inserito nella categoria dei ‘possibili cancerogeni’ per gli esseri umani, ma in quella dei ‘probabili cancerogeni’, quindi una pericolosità superiore.
Una decisione annunciata sulla rivista scientifica Lancet Oncology dal lavoro di un gruppo di 29 esperti internazionali che hanno valutato il talco come probabilmente cancerogeno per l’uomo (gruppo 2A) sulla base di “prove limitate (per il tumore all’ovaio) negli esseri umani, prove sufficienti negli animali da laboratorio e forti prove meccanicistiche nelle cellule primarie umane e nei sistemi sperimentali”.
Le conclusioni degli esperti saranno poi raccolte nella nuova monografia dello IARC, che sarà pubblicata nel 2025. Che fare, dunque? Cosa significa esattamente questa nuova classificazione? Meglio non usare più il talco? Lo abbiamo chiesto a Domenica Lorusso, direttore della Ginecologia Oncologica di Humanitas San Pio X di Milano e Professore ordinario di Ostetricia e Ginecologia a Università Humanitas.
Cosa significa ‘probabile cancerogeno’?
I livelli di classificazione della Iarc sono quattro: sostanze cancerogene per l’uomo (gruppo 1), probabili cancerogeni (gruppo 2A), possibili cancerogeni (gruppo 2B), non classificabili come cancerogeni per gli esseri umani (gruppo 3).
Nel gruppo 1 rientrano 129 agenti, tra cui carne lavorata, amianto, alcolici, fumo, benzene e Papillomavirus. Il lavoro notturno, il consumo di carne rossa e di bevande molto calde sono considerati ‘probabili cancerogeni’ (96 agenti), insieme a sostanze come il glifosato e l’acrilammide: ciò indica che ci sono prove limitate della loro capacità di provocare il cancro negli esseri umani.
A un livello di pericolosità inferiore si trova l’elenco dei ‘possibili cancerogeni’ (321 agenti), tra cui i campi elettromagnetici a radiofrequenza legati all’uso dei telefoni cellulari: la loro capacità di causare il cancro negli esseri umani è incerta. Infine, il gruppo 3 comprende 499 agenti che sono stati esaminati, ma per i quali non è stata trovata alcuna evidenza di cancerogenicità.
Il talco rientra ora nel gruppo 2A, dunque ‘probabile cancerogeno’. Cosa significa? “La definizione di ‘probabile’ – risponde Lorusso – è legata all’incertezza dei dati clinici sull’uomo, mentre dai dati sugli animali e da quelli preclinici emerge con chiarezza che si tratta di un cancerogeno”.
Che cos’è il talco?
Il talco è un minerale composto principalmente da magnesio, silicio e ossigeno. È comunemente usato in molti prodotti di bellezza e igiene personale per la sua capacità di assorbire l’umidità e ridurre l’attrito. Lo troviamo anche in cipria, fondotinta, ombretti e polveri per il corpo utilizzate per l’igiene intima o per evitare la frizione della pelle nell’attività sportiva.
“La precedente classificazione della Iarc – spiega Lorusso – distingueva il talco non contenete asbesto che veniva dato come non cancerogeno dal talco contenente asbesto. In questa recente versione, invece, il talco contenente asbesto viene classificato come asbesto e come cancerogeno (con rischio di tumore al polmone) e l’altro talco, quello comunemente usato in cosmetica, sale al livello superiore come probabilmente cancerogeno proprio per le forti evidenze scientifiche in laboratorio e su cavie”.
Cosa dicono le ricerche scientifiche?
Di studi sugli effetti che certi prodotti per l’igiene intima possono avere sulla salute dei consumatori ne sono stati fatti, soprattutto da quando, circa una decina di anni fa, fu sollevata l’accusa che l’applicazione di polvere di talco nella zona inguinale e genitale potesse essere collegata all’insorgenza di tumori ovarici.
Il tema è poi tornato periodicamente alla ribalta in concomitanza delle sentenze nei maxi-processi legali negli Stati Uniti. I vari studi condotti hanno ottenuto risultati alterni, alcuni indicavano un rischio moderato, altri escludevano del tutto il legame.
Tra le ricerche più recenti, il Sister Study, un progetto che ha coinvolto oltre 50 mila donne che hanno avuto una sorella con un cancro al seno. I ricercatori hanno attinto i dati sull’uso di talco a livello genitale e di lavande vaginali dalle informazioni raccolte, nel 2003-2009 e nel 2017-2019.
I risultati della loro analisi, pubblicati sul Journal of Clinical Oncology, vanno nella direzione tracciata dai precedenti studi caso-controllo, confermando l’associazione (anche se attenuata) tra l’utilizzo del talco e delle lavande vaginali e l’aumento di rischio di tumori ovarici, in particolare nella fascia di popolazione tra i 20 e i 30 anni.
Qual è il nesso tra talco e tumori?
Ma qual è esattamente il collegamento tra talco e tumore ovarico? “Ancora non ci sono certezze in merito, ma l’ipotesi scientifica è che la polvere di talco, possa diffondersi dagli organi genitali esterni a quelli interni femminili come ovaio ed endometrio causando infiammazioni di lunga durata che, a loro volta, stimolano la formazione di un tumore”, risponde la ginecologa.
In quali prodotti è presente il talco?
Il talco si trova comunemente in prodotti come il borotalco, i trucchi, le polveri per bambini, le polveri medicamentose e alcuni tipi di saponi. Come regolarsi? “Non serve allarmarsi, ma solo buon senso: dunque in questa fase in cui l’Oms ha alzato l’allerta, meglio evitare i prodotti cosmetici e di igiene personale che contengono talco tanto più che si tratta di un prodotto non essenziale”
Quali misure preventive posso adottare?
Per ridurre i rischi, meglio evitare di inalare polveri contenenti talco e limitare l’uso di talco nell’area genitale. “Quella di utilizzare il talco è una vecchia abitudine delle nostre nonne e oggi ancora diffusa per i neonati perché aiuta ad eliminare l’umidità dopo averli lavati evitando la formazione di piaghette. Ma visto che si tratta di un prodotto di uso cosmetico – sottolinea la ginecologa – è più prudente non usarlo né sui bambini né sugli adulti”.
Quali alternative al talco esistono?
E ai neonati dopo il bagnetto cosa applicare? “Basterà semplicemente asciugare bene le parti intime e lasciarli qualche minuto in più scoperti prima di mettere il pannolino”, risponde Lorusso. Comunque, esistono diverse alternative al talco, tra cui amido di mais, farina di riso e polveri a base di seta. Questi ingredienti naturali sono spesso utilizzati come sostituti del talco nei prodotti per la cura della pelle e dei bambini.
FONTE: Repubblica.it