Giovedì 11 luglio 2024 – L’arcivescovo di Potenza, mons. Davide Carbonaro, ha incontrato gli ex lavoratori TIS e RMI, – “gli invisibili, come si definiscono – in presidio davanti la sede della Regione Basilicata da 500 giorni, per portare loro una parola di speranza e per toccare con una mano una situazione di precariato che interessa circa 1800 famiglie lucane.
Sono i rappresentanti di una platea di 1800 persone che lavorano da 17 anni senza contratto, senza diritti, senza assicurazione sociale, e per questo si considerano socialmente, “invisibili” .
Sono i reduci TIS , (tirocini di inclusione sociale ) ed RMI (Reddito minimo di inclusione) entrati a far parte, anni addietro, in un progetto regionale in funzione di uno sbocco lavorativo vero, che però non c’è finora stato.Da tempo sono semplicemente “aggregati per prestazioni sociali agevolate “ in quasi tutti i 131 comuni lucani e nelle scuole, sopperendo alle mille necessità oggettive degli enti pubblici , ma con un reddito di pura assistenza, e forse nemmeno di sussistenza , di appena 550 euro al mese .
“Sono venuto per ascoltare”: così l’Arcivescovo. Mons. Carbonaro, ha aperto il dialogo con i suoi interlocutori, nella tenda degli “invisibili”, come si definiscono i lavoratori che stazionano, a turno, da oltre un anno ( “oggi 500 giorni” ha ricordato qualcuno) nel parcheggio di fronte ai Palazzi della Regione. Ha ascoltato da più voci storie di vita, al limite della sussistenza che va avanti, per qualcuno, da venti anni, per altri da dieci. Sono i rappresentanti di una platea di 1800 persone che lavorano senza contratto, senza diritti, senza assicurazione sociale: sono i reduci TIS , (tirocini di inclusione sociale ) ed RMI (Reddito minimo di inclusione) entrati a far parte, anni addietro, in un progetto regionale che doveva assicurare uno sbocco lavorativo vero, che, però non c’è finora stato.
Da tempo sono – così hanno spiegato all’Arcivescovo, seduto nella tenda surriscaldata al più non posso, insieme a don Salvatore Dattero responsabile della pastorale del lavoro- semplicemente “aggregati per prestazioni sociali agevolate“, in quasi tutti i 131 comuni lucani , nelle aule scolastiche e nelle mense, e perfino nei tribunali, sopperendo alle mille necessità degli enti pubblici , ma con un reddito di appena 550 euro al mese . Senza dire che negli ultimi anni, ci sono state perfino due morti sul lavoro senza alcun riconoscimento per le famiglie, perché le vittime non erano coperte da un regolare contratto.
La vicenda degli “invisibili” è stata seguita da vicino dalla Chiesa diocesana; mons. Ligorio, qualche mese prima delle dimissioni, prestò loro la voce scrivendo una lettera personale al presidente Bardi sollecitando per loro un lavoro dignitoso nel rispetto delle persone. Nella risposta il Presidente aveva assunto l’impegno ad affrontare il problema, ma si era ormai già in clima elettorale.
Con mons. Carbonaro si è tornati a parlarne : una stabilizzazione, per chi, dei 1800, lo vorrà nella forestazione. I lavoratori – età media 50 anni- hanno riferito della disponibilità della Regione. E l’Arcivescovo ha assicurato:” sono dalla vostra parte”, prendendo anche posizione a favore della proposta in discussione. Per sollecitare la quale si è impegnato ad intervenire sui responsabili istituzionali. Alla fine dell’incontro “ufficiale” mons. Carbonaro si è fermato a parlare con molte delle persone presenti ognuna delle quali aveva da raccontare al suo Vescovo un pezzo di vita vissuta nelle ristrettezze oggettive illustrate in precedenza , che per pudore non trova mai spazio nelle discussioni pubbliche.
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