Giovedì 7 marzo 2024 – In questi giorni, sono numerose le inizative (VEDI) per ricordare qaunto avvenne il sei marzo del 1984 quando Senise insorse contro la decisione di iniziare l’invasamento della diga.
Di seguito una nota di Pietro Simonetti, all’epoca dei fatti, segretario generale della Cgil di Basilicata.
“Il sei marzo del 1984 alle ore 6,30 il movimento sindacale unitario, con l’apporto decisivo dei lavoratori edili del cantiere della diga di Senise ed il sostegno dei cittadini, prese il controllo del tappo di tre metri di diametro che doveva essere inserito per iniziare a riempire il bacino.I lavori di costruzione iniziarono nel 1972.
Fu un momento di lotta preparato nei minimi particolari anche con il sostegno di una parte della popolazione del Senisese per una delle più importanti vertenze per lo sviluppo di quella zona.
Il tappo fu trasportato nella piazza di Senise e requisito dal Sindaco Pietro Policicchio.
la vertenza assunse una dimensione interregionale con il forte contributo del sindacato pugliese e della Chiesa con l’intensa partecipazione in particolare del Vescovo Tursi Lagonegro Gerardo Pierro e di tanti parroci e Sindaci.
La direzione della lotta fu assunta da Raffaele Soave, delegato alla Fiat Mirafiori, che fu distaccato nel Senisese qualche anno prima.
Tornava a Roccanova da Torino, come tanti altri dirigenti sindacali richiamati in Basilicata negli anni 70 per partecipare in particolare alla vertenza organizzata dalla Federazione Unitaria CGIL,CISL,UIL.
Dopo tre mesi, a conclusione delle trattative a Roma con la firma degli accordi, il tappo fu restituito e la diga iniziò a funzionare.
Il risultato della lotta fu importante per le contropartite: 50 miliardi di vecchie lire e terreni da coltivare a monte della diga per gli espropriati, finanziamenti ottenuti anche per l’area industriale e le strutture a servizio del Comune e dell’invaso a terra battuta più grande d’Europa.
Una delle inadempienze registrate fu la mancata attuazione dell’accordo per la allocazione dello stabilimento Barilla spostato dalla Giunta Regionale a Melfi.
Le iniziative per il ricordo del quarantennale della presa del tappo, che cambiò il paesaggio agrario e territoriale, dovranno essere soprattutto per il sindacato un momento di riflessione e messa a punto di una nuova piattaforma che affronti la crisi occupazionale nell’area, lo spopolamento e lo spreco delle risorse pubbliche come per la realizzazione dell’anfiteatro aperto per soli 2 anni e costato con il progetto dell’Apt circa 10 milioni.
L’area del Parco del Pollino soffre anche per la caduta dei flussi turistici nel 2023 rispetto al 2019 pari ad oltre il 40%.
Oggi si pone anche la questione della ripresa della lotta per la gestione corretta delle acque, investimenti per un piano per il lavoro, servizi e per evitare lo spopolamento e l’Autonomia differenziata”.