Domenica 10 settembre 2023 – Due le questioni che Maurizio Landini ha posto intervenendo alla festa della Cgil, svoltasi a Potenza. Prima: un piano industriale preciso che preveda la produzione di almeno un milione di auto.
“Questo significa utilizzare la capacità produttiva che c’è e assicurare occupazione. Su questo – ha precisato Landini – garanzie non ce ne sono. Soprattutto perchè ad oggi non si è aperto nessun confronto con allo stesso tavolo si siedano governo, impresa e sindacato”.
Seconda questione, questa, che Landini ha posto con fermezza al Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto alla manifestazione della Cgil in collegamento video.
“Siamo stanchi – ha ribadito – di essere informati solo dopo che sono state prese decisioni”.
Il segretario generale della Cgil alle domande dei giornalisti ha anche espresso un giudizio negativo sulla Zes unica per il Sud “perchè – ha detto – se fai un’unica per il Meridione vuol dire che non ce ne n’è neanche una.
Le zes avevano un’altra logica, individuare dei punti precisi di valorizzazione territoriale. Sinceramente questa decisione del Governo non al comprendiamo e non ci convince.
Tra l’altro – ha aggiunto – i tagli sul Piano Nazionale di ripresa e resilienza stanno penalizzando il Sud.
Noi chiediamo che ci sia un cambiamento serio degli investimenti e delle politiche industriali”.
La giornata conclusiva delle Giornate del Lavoro Cgil Basilicata – Un mondo Nuovo, svoltasi sabato pomeriggio in piazza don Bosco a Potenza ha avuto come tema automotive e transizione ecologica.
“Per la transizione ecologica ci vuole un investimento straordinario di cui si faccia carico anche il governo nazionale, salvaguardando l’occupazione. Di fronte a una riduzione dei volumi nell’automotive e con l’asset produttivo concentrato nel centro sud, il rischio è che non tutti gli stabilimenti Stellantis e dell’indotto, a partire da Melfi, possano reggere la crisi. Serve un impegno concreto di governo e Regione Basilicata affinché ciò non accada”.
Così il segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega, che ha aperto la manifestazione di Potenza alla presenza del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini e del ministro delle Imprese e del Made in Italy, in collegamento video.
Al dibattito sono intervenuti anche Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil; Marco Falcinelli, segretario generale Filctem Cgil e Francesco Zirpoli, direttore scientifico del CAMI (Centre for Automotive and Mobility Innovation).
“Fino a trent’anni fa – ha evidenziato Mega – l’Italia era il terzo produttore europeo di auto, oggi siamo scivolati al settimo posto. Il nostro Paese nel 2021 ha prodotto meno di 500mila auto, contro un mercato internazionale che ne produce 2 milioni e 600mila tonnellate, nessuna delle quali elettrica. La stessa capacità produttiva degli impianti dello stabilimento Fca di Melfi nel 2014 era di circa 1500 vetture al giorno, con un livello occupazionale di circa 11mila lavoratrici e lavoratori tra diretti e indotto.
Oggi si è scesi a una capacità produttiva giornaliera di 1200 vetture e con un livello occupazionale di circa 6.000 lavoratrici e lavoratori. Allo stabilimento di Melfi, tra i più grandi in Europa, siamo a quota 2000 tra trasferte forzate e incentivi all’esodo. Molti sono giovani che potrebbero non tornare più in Basilicata, contribuendo così a quel declino demografico che accompagna quello industriale.
Il paradosso – ha proseguito Mega – è che ciò avviene in uno dei momenti più delicati per la storia dello stabilimento, in cui la produzione dell’elettrico esige formazione per la manodopera con una diversa esperienza e allo stesso tempo nuova forza lavoro, più giovane.
E intanto si va avanti ancora con gli ammortizzatori sociali, con gli incentivi all’esodo, le trasferte forzate.
Si continua anche a seguito degli accordi firmati a luglio a Melfi e che la Fiom Cgil Basilicata giustamente non ha sottoscritto, perché nulla hanno a che fare con la tutela dei diritti dei lavoratori, concedendo ulteriori flessibilità a Stellantis come è avvenuto in passato, peggiorando le condizioni di lavoro.
L’accordo del 12 luglio a Melfi concede ulteriori licenziamenti con incentivi all’esodo e ulteriori trasferte senza alcun impegno sull’occupazione.
È chiaro che di conseguenza anche la situazione dell’indotto è a rischio: la riduzione dei volumi produttivi ha un impatto sull’occupazione dell’indotto Stellantis, le lavorazioni della logistica stanno saltando, le aziende annunciano esuberi. Tutto ciò avviene nel silenzio delle istituzioni”.
Per Mega “lo Stato italiano e la Regione Basilicata sembrano continuare a essere osservatori esterni di una desertificazione industriale e, nel caso lucano, territoriale.
Siamo alla grottesca situazione attuale per cui il principale azionista di Stellantis è un governo straniero e in Basilicata viene istituita per la seconda volta nella sua storia – la prima fu in Valbasento – l’area di crisi industriale complessa.
Un intervento chiesto anche dai sindacati in quanto propedeutico nel garantire alle imprese di continuare a usufruire degli ammortizzatori sociali, purtroppo indispensabili, e a mantenere l’occupazione in questa fase di transizione.
Ma ciò che viene presentata come una vittoria è in verità una sconfitta. Una grande e pericolosa sconfitta.
L’unica certezza che abbiamo è che dal 2024 Stellantis in Basilicata produrrà quattro veicoli elettrici, più un quinto modello annunciato di recente, senza mai esserci stato un confronto diretto tra Stellantis e Regione Basilicata, mentre l’investimento nel Gigafactory è stato dirottato altrove. Ma quali saranno i volumi produttivi di Melfi? È questa la domanda a cui dare una risposta per conoscere gli impatti reali che le nuove strategie di efficientamento di Stellantis avranno in termini occupazionali ma anche economici e sociali sul territorio”.
Ha aggiunto il segretario generale della Fiom Cgil, Michele De Palma, che prima del dibattito ha incontrato i delegati del sindacato dei metalmeccanici della Cgil dello stabilimento di Melfi e dell’indotto: “Nello stabilimento Stellantis di Melfi le lavoratrici e i lavoratori giovedì scorso hanno scioperato per rivendicare dignità e diritti e migliori condizioni di lavoro, denunciando ritmi di lavoro aumentati e al tempo stesso meno addetti sulle linee di montaggio.
La Fiom ha sostenuto e continuerà a sostenere le lavoratrici e i lavoratori fino a quando non si aprirà una trattativa a Melfi come in tutti gli altri stabilimenti in Italia.
Lo abbiamo detto a Poissy, e con coerenza continueremo a chiederlo in tutte le iniziative, è necessario aprire un confronto con il management italiano di Stellantis, oggi sordo alle richieste di dialogo. Chiediamo ai ministeri competenti, Mimit e ministero del Lavoro, un confronto per ottenere missioni produttive su tutti gli stabilimenti, che garantiscano la piena occupazione e la produzione di 1 milione di auto e 300 mila veicoli commerciali leggeri. Questo processo di transizione non può essere scaricato sui lavoratori, pertanto gli investimenti di risorse pubbliche dovranno essere condizionati all’occupazione sia nella ricerca e sviluppo che nella produzione.
Gli ammortizzatori sociali e i percorsi formativi devono essere usati per garantire occupazione ed equità. È in corso un uso distorto degli ammortizzatori sociali e delle trasferte che penalizza ingiustamente una parte delle lavoratrici e dei lavoratori su cui è necessario un intervento delle Istituzioni competenti. Se non si aprirà la trattativa con Governo, Stellantis e sindacati, saremo noi ad andare a Roma dalla presidente del Consiglio, a manifestare per aprire il negoziato”.
A lanciare l’allarme sulle ricadute sociali nel territorio lucano della situazione di crisi allo stabilimento Stellantis di Melfi è il segretario generale della Cgil di Potenza, Vincenzo Esposito: “Le ripercussioni della continua crisi di Stellantis e dell’automotive nel tessuto sociale della Basilicata e del potentino, già afflitto dallo spopolamento e dalla denatalità, sarebbero devastanti. L’intervento di istituzioni e soggetti politici è improrogabile. Da tempo chiediamo un incontro alla Regione Basilicata, senza successo. Le trattative in corso tra governo e Stellantis non possono avvenire a porte chiuse. Chiederemo al ministro Urso risposte precise e che il sindacato sieda al tavolo. Lo stesso chiediamo al presidente Bardi”.
In una regione come la Basilicata la transizione energetica non può poi prescindere da un processo di decarbonizzazione: “La Basilicata – ha detto Mega in proposito – potrebbe essere una regione virtuosa nella transizione ecologica.
Il modello estrattivo deve essere superato e messo al servizio di una transizione ecologica che non solo è obbligatoria ma è già tracciata e che nulla ha a che vedere con i bonus temporanei come quello del gas, fuori da un’idea strutturale di investimento.
È il momento di dare gambe ai progetti no oil che Eni e Total si sono impegnati ad attuare in Basilicata. È il momento di attivare una strategia che ci consenta di effettuare questa transizione preservando l’occupazione, nel rispetto dei protocolli di sito sottoscritti con le compagnie petrolifere e fortemente voluti dal sindacato.
È in questa logica che va letta la nostra proposta di un Fondo per la transizione energetica, che sostenga e accompagni le imprese in questa trasformazione epocale, che richiede nuove e specifiche competenze, salvaguardando la tenuta occupazionale a integrazione degli ammortizzatori sociali”.
“La transizione – ha detto il segretario generale della Filctem CGIL, Marco Falcinelli – è un fenomeno molto importante che caratterizzerà i prossimi anni. Non solo dal punto di vista industriale, ma anche dal punto di vista sociale, per poter accompagnare il cambiamento, per poter cogliere gli obiettivi che l’Unione Europea ci indicato al 2030 e al 2050 sulla decarbonizzazione. Per migliorare il clima e abbattere le emissioni climalteranti – ha aggiunto – abbiamo bisogno di mettere in campo una serie di iniziative di politica industriale che sostengono i settori dell’industria nel nostro Paese. L’automobile è uno di questi settori perché, tra le altre decisioni assunte dall’Unione Europea, c’è la messa al bando dei motori a trazione termodinamica al 2035. Dobbiamo provare a capire se per quella data il nostro Paese sarà in condizioni di avere a tutta l’energia elettrica necessaria disponibile per alimentare il parco automobili. Se ci saranno le infrastrutture e quindi tutte le colonnine di ricarica che serviranno per gestire la ricarica delle batterie. Se saremo messi nelle condizioni di avere nel Paese delle filiere industriali che costruiscono la tecnologia per quel tipo di trasporto e quindi le batterie e questo è un tema che ovviamente riguarda l’Europa ma riguarda anche noi.
Forse su questo versante – ha sottolineato – siamo un po’ in ritardo proprio perché non abbiamo le tecnologie e le filiere industriali, perché siamo carenti sul fronte dello sviluppo delle fonti rinnovabili. Se pensiamo che questa fase non può che essere attraversata facendo comunque crescere il Paese, dobbiamo necessariamente procedere gradualmente e questo significa transizione: affrontare in maniera graduale i problemi cercando di cogliere gli obiettivi e cercando di rispettare le scadenze che l’Europa ci ha indicato, mettendo in campo politiche industriali che servono per sostenere i progetti. Altrimenti il rischio è che distruggiamo la nostra industria e conseguentemente la vita sociale del Paese”.
Sulla questione energetica ha poi aggiunto: “Noi abbiamo già da tempo chiesto al Governo un serio confronto proprio sulle politiche industriali che riguardano i settori strategici del Paese, a partire da quello legato alla chimica e quindi anche alle fonti fossili e all’energia. Il tema dell’estrazione da questo punto di vista è nevralgico per la Basilicata. Noi vogliamo ragionare con il Governo per capire che cosa è possibile fare durante la transizione, come accompagnare la struttura industriale del Paese continuando ad estrarre per far sì che non torniamo d una logica di dipendenza da altri Paesi dal punto di vista energetico. Ci siamo affrancati dalla Russia, ma le politiche che il governo sta mettendo in campo rischiano di farci diventare dipendenti da altri, perché acquistiamo il gas naturale liquefatto da tutti i paesi del Nord Africa. E non è che in questi Paesi c’è una stabilità democratica migliore di quella russa, anzi, forse siamo in una condizione ancor più complicata. Quindi, per evitare di stare nuovamente dentro una dipendenza, dobbiamo rafforzare il nostro sistema di produzione nazionale, con l’obiettivo ovviamente di diminuire gradualmente l’estrazione e l’utilizzo di fonti fossili quando saremo in grado di avere fonti rinnovabili che ci garantiscono quanto meno la stessa potenza installata che abbiamo oggi e che dovrebbe servire anche per sostenere questi Paesi”.