Domenica 13 agosto 2023 – Il dieci agosto scorso un detenuto di poco più di 20 anni ha tentato il suicidio in una cella del carcere di Potenza ma è stato salvato da due assistenti capo della Polizia penitenziaria.
Ne dà notizia oggi con una nota il segretario regionale della Basilicata del Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria (Sappe), Saverio Brienza.
“Solo poche settimane fa il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, l’organismo sindacale maggiormente rappresentativo dei baschi azzurri, – ricorda Brienza – denunciava la scarsa attenzione che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Provveditorato Regionale di Puglia e Basilicata aveva posto nei confronti degli Istituti Penitenziari lucani, allorquando pochi agenti venivano assegnati in Basilicata dalla ultima mobilità nazionale.
Ancor peggio, negli ultimi anni, – denuncia Brienza – riducendo i nostri istituti a luoghi di enormi sacrifici e impegno da parte della Polizia Penitenziaria, costretta a turni massacranti e orari fuori ogni regola contrattuale.
Orbene, nella serata del 10 agosto scorso, proprio due Assistenti Capo Coordinatori della Polizia Penitenziaria dell’Istituto potentino, durante il proprio turno di servizio, si sono imbattuti in una vicenda che non ha certamente lasciato tempo per lunghe riflessioni, anzi, come sempre fanno i poliziotti, si sono immediatamente attivati per salvare la vita a un detenuto poco più che ventenne, di nazionalità italiana, appartenente a etnia ROM, che aveva pensato di farla finita tentando il suicidio mediante impiccagione, utilizzando pezzi di lenzuola annodate e poi legate alle inferriate della cella ove lo stesso era ristretto.
I due Assistenti Capo Coordinatori, Matteo Messuti Matteo e Francesco Stabile, con lunga esperienza professionale alle loro spalle, immediatamente sono riusciti a slegare i nodi e mettere il detenuto in salvo, lasciandolo poi alle successive cure sanitarie.
Brienza ancora una volta esprime il plauso al due Assistenti Capo intervenuti, che grazie al sangue freddo e alla tempestività sia nel comprendere che stava accadendo qualcosa, che nel porre fine all’insano gesto, hanno concluso la vicenda salvando la vita al ragazzo, che al momento è sorvegliato a vista dal personale di Polizia Penitenziaria in attività presso la Casa Circondariale del Capoluogo lucano.
Anche se – denuncia ancora Brienza – l’Amministrazione Penitenziaria non ha ascoltato le richieste del SAPPe, riducendo da anni in maniera vertiginosa l’organico della Polizia Penitenziaria della Basilicata, i Baschi Azzurri lucani continuano a fare il proprio dovere, tra mille difficoltà e senza risorse, portando alto il nome del Corpo anche attraverso questi eroici gesti, mettendo in luce la professionalità e la grande umanità anche nei confronti di coloro che hanno sbagliato, evidenziando che la vita è un valore prezioso, incommensurabile ed universale per qualunque individuo.
Il Segretario Regionale del S.A.P.P.e Saverio Brienza, conclude, con l’auspicio che l’Amministrazione Penitenziaria riconosca a Matteo e Francesco il giusto merito e nel più breve tempo possibile emetta una legittima ricompensa.
“Invito il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ad attivare, da subito, un tavolo permanente sulle criticità delle carceri, che vedono ogni giorno la Polizia Penitenziaria farsi carico di problematiche che vanno per oltre i propri compiti istituzionali, spesso abbandonata a sé stessa dal suo stesso ruolo apicale”.
Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che esprime apprezzamento per l’intervento dei due poliziotti che hanno salvato la vita al detenuto nel carcere di Potenza.
“La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”.
Evidenzia poi che “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina,
Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”.