Mercoledì 24 maggio 2023 – Al Liceo Scientifico Pier Paolo Pasolini di Potenza concluso il ciclo d’incontri previsti dal progetto “Legalità nella quotidianità”, nel corso del quale si è discusso di cyberbullismo e dall’uso consapevole dei social a quello delle dipendenze, temi destinati agli allievi del biennio, per arrivare alle problematiche delle ecomafie.
Nella giornata conclusiva, dopo l’introduzione ai lavori della Dirigente Scolastica, professoressa Tiziana Brindisi, che ha sottolineato la centralità del concetto di legalità nel nostro essere cittadini, sono intervenuti professionisti del mondo della giustizia, che si sono rivolti agli studenti delle classi quinte, ormai quasi fuori dall’universo scolastico in cui, come ha detto il magistrato Luciano Setola, il tempo e le verifiche quadrimestrali condizionano talvolta in maniera passiva le giornate, e già proiettati in una realtà più complessa, nella quale bisogna decidere consapevolmente del proprio futuro.
Doveroso, nell’anniversario della strage di Capaci, il ricordo del giudice Falcone e della sua scorta, modelli di un’esistenza finalizzata ad un lavoro onesto, supportato da nobili ideali, esempi di impegno in nome e in difesa della legalità, contro chi vuole far valere solo la forza e la violenza, al di fuori del rispetto delle regole.
Si può intraprendere una carriera semplicemente per lo stipendio, oppure per acquisire potere, ma si rischia di rimanere individui mediocri, o si può decidere di vivere giornate intense e sempre diverse le une dalle altre, senza limiti di orario, a contatto con persone che si rimettono nelle mani altrui, come accade, ad esempio, ad un avvocato.
Il legale Sara Zolla ha invitato gli studenti a guardare alla figura del difensore non come colui che è disposto a scendere a compromessi col mondo delinquenziale bensì come chi sceglie di risolvere i problemi dei suoi assistiti, al pari del medico o dello psicologo, e lo fa solo dopo aver giurato di fronte al consiglio dell’ordine di appartenenza, nella consapevolezza che chi è coinvolto in un procedimento penale ha diritto alla difesa, non va lasciato solo, va invece “curato” e affiancato. La toga, che si indossa durante un processo, è materialmente “pesante”, a simboleggiare la responsabilità, il rispetto verso coloro che hanno bisogno non della giustizia dei mass media ma dell’intervento di esperti.
Lavorare nella e per la legalità è qualcosa che emoziona, che consente di imparare quotidianamente lezioni dal mondo, di confrontarsi con i propri limiti, di fare i conti con la propria coscienza; raggiungere un successo, pur tra tante delusioni, dà la forza di andare avanti, di rinunciare alle feste in famiglia per brindare su una “volante”: queste le parole con cui il sostituto commissario, dott. Luciano Claps, si è rivolto ad una platea che, con impeto giovanile, spesso tende a vedere nelle forze dell’ordine un nemico. Ma non può essere considerato tale chi vuole impedire un incidente causato dalla guida in stato di ebbrezza, chi vuole evitare la tragedia di un coma etilico, chi crede nel lavoro che svolge con passione e dedizione.
Il vice questore, dott. Michele Geltride, ha chiesto agli studenti se sia preferibile che un ragazzo rientri a casa senza patente, o che a casa ritorni una patente senza ragazzo. Chi lavora in ambito della legalità non è un avversario da temere, è un genitore che sta con i giovani e non contro di loro, è un professionista che non abbandona, che si lascia trasportare con impeto dal senso del dovere e dal desiderio di aiutare l’altro ma che soprattutto conosce le regole del gioco e vuole che siano rispettate, perché solo così si può determinare il successo nella vita, qualsiasi scelta universitaria si faccia e qualsiasi ruolo si decida di ricoprire.