Sabato 15 aprile 2023 – Il 30 marzo scorso il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza una direttiva che mira a garantire la parità salariale nell’Unione europea, imponendo una maggiore trasparenza nelle informazioni riguardo le retribuzioni alle aziende europee. Sono previste sanzioni, anche pecuniarie, per i datori di lavoro che non rispettano le regole e l’obbligo di intervento per le aziende in cui il divario retributivo di genere è superiore al 5%. Inoltre, dovranno essere introdotti sistemi di valutazione o classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere, così come dovranno esserlo gli avvisi di posto vacante e la denominazione delle posizioni lavorative.
Nel ricordarlo, il Coordinamento Donne della Cisl denuncia che “ad oggi, le donne nell’Ue guadagnano in media il 13% in meno degli uomini, a parità di mansioni. Le nuove regole, che sono vincolanti per i 27, impongono che le strutture retributive siano basate su criteri neutrali rispetto al genere, sia nel privato che nel pubblico.
I passi avanti compiuti dall’Europa rendono ancora più grave la situazione femminile nel Sud Italia, dove più della metà delle donne con almeno un figlio di meno di sei anni fra i 25 e i 49 anni non risulta occupata; infatti, secondo l’Istat, nel Mezzogiorno, lavora solo il 35,3% delle donne con figli piccoli, quasi la metà rispetto al Centro (62,7%) e al Nord (64,3%), per cui la questione meridionale è soprattutto questione femminile. (SEGUE DOPO LA PUBBLICITA’)
Sempre l’Istat (su dati Inps) ci dice che nel 2019 la media delle retribuzioni per gli uomini è pari a 16.297 euro, mentre per le donne il valore è pari a 11.260 euro, con un divario retributivo di quasi il 31% per l’Italia, divario che nel Mezzogiorno raggiunge il 33%.
Non aiuta affatto la decisione del governo nazionale di attenuare una delle misure più importanti per il rilancio dell’occupazione femminile, ossia il vincolo per le aziende che partecipano ai bandi di gara finanziati dal PNRR di assumere almeno il 30 per cento di donne e di giovani come previsto dal decreto legge 77/2022. Accade, invece, come monitorato dall’Anac, che solo il 28 per cento degli avvisi pubblici prevede questo vincolo e di conseguenza il 69 per cento dei bandi non prevede nessuna quota per assunzioni donne e giovani.
Considerato l’alto livello di disoccupazione femminile, oltre che la mancata partecipazione al mercato del lavoro – ossia le donne non cercano proprio il lavoro attestandosi sulla cifra del 56 per cento dei Neet lucani – sarebbe utile – conclude la nota del Coordinamento Donne della Cisl – che il vincolo di assunzione del 30 per cento di donne e giovani da parte delle imprese venisse recuperato nei bandi finanziati dalla programmazione 2021-2027 del PO FSE e FESR della Regione Basilicata.