Domenica 25 dicembre 2022 – “Quello del 2022 lo ricorderemo come un natale di guerra : si tratta di una contraddizione in termini perché natale vuol dire nascita del Dio-bambino che come ogni bambino esprime futuro, pace e bisogno di cura”.
Così l’arcivescovo metropolita della Basilicata e arcivescovo di Potenza, mons. Salvatore Ligorio, nell’omelia della messa solenne in oggi in cattedrale
Citando poi l’interpretazione del poeta-teologo David Maria Turoldo l’Arcivescovo ha detto che “ Dio si è fatto bambino per imparare a piangere come gli uomini accogliendo e facendo suoi i loro problemi”.
E se bambino vuol dire futuro “ la Chiesa locale è chiamata ad animare la speranza nel contesto sociale in cui è piantata; per questo, accogliendo l’ invito di papa Francesco, si mette in uscita per incontrare ed incoraggiare i soggetti sociali più a rischio della regione “: i giovani costretti ad emigrare e che torneranno nelle sedi di lavoro o di studio dopo le vacanze natalizie, le donne ancora ai margini specie nelle attività produttive, i disoccupati, i tanti precari che non riescono a mantenere le rispettive famiglie e le giovani coppie , molte delle quali nell’ultimo anno hanno fatto ricorso alla caritas.
Si tratta di temi che mons. Ligorio ha affrontato con forza nelle ultime settimane, nel corso della sua pastorale sinodale che si va traducendo, sempre più, in ascolto delle esigenze del territorio secondo la logica dell’incarnazione, del “ qui ed ora della nostra storia”, come recitava il titolo del convegno diocesano che ha tracciato le linee del nuovo anno pastorale.
OMELIA MONS. CAIAZZO
Carissimi, è Natale!
Il giorno più santo che ci invita ad alzare gli occhi oltre le nubi che annebbiano la storia odierna e puntarli sul “Principio” da cui tutto proviene e, grazie al quale, tutto esiste
Lo sguardo svetta per contemplare la Vita che viene dall’alto e che ha scelto di trovare dimora sulla nostra terra, piccolissima e apparentemente insignificante in mezzo a tutto l’universo, ma preziosa agli occhi di Colui che, da Parola, si è fatto carne.
In questo tempo di grande sofferenza e tribolazione dobbiamo necessariamente ammettere che, se viviamo quello che stiamo vivendo, è solo perché noi uomini ci siamo sostituiti al “Principio”, siamo diventati “principio e fine di ogni cosa”. Convinti di poterci sostituire a Dio e, quindi, bastare a noi stessi, stiamo ora sperimentando l’inevitabile fallimento.
Eppure nei fallimenti e nelle ferite che sanguinano a causa di scelte scellerate e sbagliate, quel “Principio”, il “Verbo della Vita”, fa rifiorire ogni cosa: Lui consente le ferite che curano. Perché ogni cosa ha un suo inizio, un principio di vita non dovuto al caso ma voluto da Colui che è la fonte della vita stessa: Dio. Dio l’eterno e, in quanto eterno, non può morire, non può aver fine. In lui tutto vive: colori, profumi, spighe di grano per ritornare al gusto del pane e spezzarlo insieme nella condivisione fraterna che ci rende un solo corpo in Colui che si è fatto pane, cibo di vita eterna, Gesù Cristo.
In questa nostra storia, crocifissa dagli uomini e colma di ingiustizie e guerre fratricide, il Verbo di Dio, come Luce, viene nel mondo avvolto dalle tenebre e lo feconda, ancora una volta, con il seme dello Spirito Santo che genera speranza, ridando fertilità a un’umanità chiusa al dono della vita sempre più disprezzato in varie forme: aborto, suicidi, dolce morte, pene capitali, giustizialismi di nuovi Erodi che fanno uccidere i loro bambini, impiccano i loro figli, abusano di innocenti che vengono torturati, finiti e buttati in fosse comuni. E’ il disprezzo totale della vita.
In questa storia crocifissa dagli uomini quel “Principio” scende ancora per ristabilire l’ordine naturale e, nella debolezza della carne che riveste, si fa Bambino, indifeso per sconfiggere ogni oppressore e squarciare ancora una volta i cieli affinchè si realizzi la pienezza di vita in ogni uomo.
In questa storia crocifissa dagli uomini anche la terra piange e mostra le sue ferite a causa di uno sfruttamento selvaggio che mortifica la bellezza di mari, monti, pianure sterminate, boschi e finanche i fiumi indispensabili a fecondare le nostre terre e dare loro il giusto nutrimento. Su questa stessa terra ora agonizzante per colpa di un clima impazzito e reso per scelte incaute di uomini senza scrupoli, quel “Principio” viene per dirci che è possibile ristabilire l’ordine naturale.
La tenerezza di ogni bambino che nasce è la tenerezza di Dio che si fa bambino visitando la nostra terra, la nostra storia, riportando la “Luce” che splende nelle tenebre e ridando dignità alla vita, come quella dei pastori che, parcheggiata nelle periferie esistenziali, ritrova respiro, germoglia, diventa portatrice della stessa luce che li ha avvolti.
La tenerezza del “Dio Bambino” asciuga le lacrime, ridona il sorriso, apre il cuore e la mente alla speranza, e mentre si fa stringere dal nostro abbraccio ci impregna della sua divinità, ci fa sentire il calore di Dio e la forza dell’Amore che stravolge ogni cosa.
La tenerezza del “Dio Bambino”, ci ha detto l’autore della lettera agli Ebrei, …è irradiazione della sua gloria (di Dio) e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. E questa stessa impronta, impressa nei cuori di quanti saremo capaci di accoglierlo, ci fa ritornare “figli di Dio”. E mai come oggi abbiamo bisogno di sentirci figli in Gesù Figlio, quindi fratelli, amati dal Padre.
Purtroppo non esistono solo gli orfani contro cui la vita si è accanita togliendo loro un genitore. Ci rendiamo conto che ci sono nuovi orfani inconsolabili perché privi di affetto, di tenerezze, di attenzioni, di presenze, di condivisione delle proprie gioie e dolori, di spalle sulle quali appoggiare la propria testa, di bisogno di ascolto, di tempo da dedicare, e ce ne sono tantissimi. C’è un’orfananza che nasce da egoismi umani, scelte di vita discutibili, assenza di sacrifici. I genitori sono tanti ma pochi i padri e le madri. Il Dio Bambino, mostrandoci il volto del Padre, ci chiede di riappropriarci del nostro ruolo che richiede amore, tanto amore e attenzione. E senza sacrificio non ci sarà mai amore vero. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Carissimi, l’evangelista Giovanni ci ricorda comunque che le tenebre non hanno il potere di sconfiggere la luce. Ed è in questa luce che desideriamo immergerci lasciandoci cullare da colui che si è fatto cullare da Maria e Giuseppe; lasciandoci accarezzare e baciare da colui che ha chiesto agli uomini di essere amato. Tutto questo ci dice e fa capire che niente potrà mai separarci dall’amore di Dio, nemmeno la sofferenza e la morte.
Oggi non splendono solo il sole e tutti gli astri che al calare delle tenebre si riescono a intravedere, ma splende soprattutto la luce vera di cui abbiamo bisogno per comprendere e rileggere la nostra storia, ripensare le nostre teorie e certezze, scrivere pagine di vita che restino nel tempo scrigno prezioso al quale attingere per non perdere mai la fiducia e la speranza.
Natale significa, allora, che tutto ha un principio e tutto continua in quel principio che si è fatto carne per farci conoscere, attraverso di lui, la pienezza. Dovrebbe essere: nulla finisce e tutto si trasforma, ma nel Verbo della vita tutto vive e vive per sempre.
Natale significa non solo nenie, palline colorate, pubblicità artificiosamente ben preparate per vendere il prodotto, Natale è il mistero della vita che si cela dietro l’innocenza di un Bambino e si svela per accompagnarci ad essere non più buoni (il buonismo non è cristiano) ma più umani perché più divini, cioè abitati da Dio da lui visitati.
Il Natale di Gesù dà e chiede solidarietà perché si concreti la vicinanza di Dio all’uomo. Una preghiera del XIV secolo dice:
Cristo non ha mani
ha soltanto le nostre mani
per fare oggi il suo lavoro.
Cristo non ha piedi
ha soltanto i nostri piedi
per guidare gli uomini
sui suoi sentieri.
Cristo non ha labbra
ha soltanto le nostre labbra
per raccontare di sé agli uomini di oggi.
Cristo non ha mezzi
ha soltanto il nostro aiuto
per condurre gli uomini a sé oggi.
Noi siamo l’unica Bibbia
che i popoli leggono ancora
siamo l’ultimo messaggio di Dio
scritto in opere e parole
Una solidarietà che si manifesta nello stare accanto ad ognuno di noi. Viene a visitare e abitare le case degli uomini, tutte le case. Anche quelle case sventrate da bombe intelligenti che minano seriamente l’intera umanità; quei rifugi bui e freddi diventati case, come la grotta di Betlemme; quelle case, ormai cumuli di macerie, dove i soccorritori cercano con speranza vite da salvare.
Auguro a tutti un S. Natale vero, autentico, che ci metta in movimento e ci ricordi che la solidarietà e la vicinanza verso chi nella vita è più sfortunato è una cosa seria. Ci scomodi il Natale e ci fa uscire dalle sicurezze delle nostre case e raggiungere e condividere le pesanti solitudini, ci faccia donare un sorriso e una stretta di mano all’anziano, al malato; faccia praticare attenzione reciproca al marito, alla moglie, ai figli che vengono prima degli amici o di affetti malati e devianti; ci faccia donare senza sosta il tempo “speso accanto” che si fa promessa e investimento.
Auguro a tutti di tornare al gusto del pane. Non resti uno slogan come ricordo di un evento straordinario e storico qual è stato il Congresso Eucaristico Nazionale. Spezziamo e condividiamo la stessa Eucaristia nella quotidianità che ci vuole tessitori di relazioni umane, costruttori di fraternità promuovendo cantieri di lavoro dove, alla luce di questo Natale, possiamo essere in grado di metterci seriamente in cammino per una progettualità che porti l’uomo a farsi centro di interesse per ogni uomo quale ricchezza primaria.
Auguro a tutti di essere portatori della nascita di Gesù in ogni ambiente di vita nel quale ci muoviamo e abitiamo facendo trasparire la luce divina, la prossimità, il desiderare di camminare insieme vincendo ogni forma di egoismo e chiusura.
Auguro ad ognuno di portare Gesù non solo nei presepi allestiti nelle case, ma di renderlo presente nei gesti che lui ama: stare accanto, curare ferite, asciugare lacrime, incoraggiare, aiutare a liberarsi da schiavitù vecchie e nuove.
Con questi sentimenti dico: S. Natale a tutti.