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Letto REFERENDUM | “Noi con l’Italia”, 5 SI per credere nella Giustizia
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Politica

REFERENDUM | “Noi con l’Italia”, 5 SI per credere nella Giustizia

USB - Ufficio Stampa Basilicata 9 Giugno 2022
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POTENZA – Si è svolto ieri, mercoledì 8 giugno, al Tourist Hotel di Potenza, l’incontro organizzato da “Noi con l’Italia” Basilicata per discutere sul referendum del prossimo 12 giugno che vedrà 51,5 milioni di elettori andare alle urne.

Contents
LE INTERVISTE A TONDO E CANNIZZARO5 SI PER CREDERE NELLA GIUSTIZA

Ad illustrare le regioni del “SI” ai cinque quesiti, sono intervenuti l’avvocato Francesco Cannizzaro, coordinatore regione Basilicata “Noi con l’Italia”, Carmela Consiglio, avvocato del Foro di Potenza, l’avvocato Guglielmo Binetti, Consigliere COA Potenza, e l’onorevole Renzo Tondo, deputato di “Noi con l’Italia”. Ha moderato l’incontro il dottor Rocco Ciola, Responsabile giovani “Noi con l’Italia” Basilicata.

LE INTERVISTE A TONDO E CANNIZZARO

5 SI PER CREDERE NELLA GIUSTIZA

Sono 5 i quesiti ammessi dalla Corte Costituzionale per i referendum del 12 giugno 2022, si tratta di referendum abrogativi sul tema della giustizia :

  1. Incandidabilità dopo la condanna – il primo quesito del referendum chiede di abrogare la parte della Legge Severino che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali nel caso di condanna per reati gravi

Se vincerà il sì al referendum i concetti di incandidabilità e decadenza verranno abrogati in via definitiva verrà concesso di candidarsi o di continuare il proprio mandato. A decidere su eventuali divieti di ricoprire cariche tornerà a essere solo il giudice chiamato a decidere sul singolo caso, come è avvenuto fino al 2012.

  1. Custodia cautelare durante le indagini – il secondo dei cinque quesiti del referendum 2022 chiede di togliere la “reiterazione del reato” dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini e quindi prima del processo

Se vincerà il sì al referendum verrà abrogata la motivazione della «possibile reiterazione del reato» dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini e quindi prima del processo.

L’obiettivo dei promotori del referendum, è ridurre il rischio che vengano detenute persone che poi, al termine del processo o dei processi, risultino innocenti.

  1. Separazione delle carriere – Questo terzo quesito chiede lo stop delle cosiddette “porte girevoli”, impedendo al magistrato durante la sua carriera di passare dal ruolo di giudice (che appunto giudica in un procedimento) a quello di pubblico ministero (coordina le indagini e sostiene la parte accusatoria) e viceversa

Se al referendum vinceranno i sì, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera se vuole essere pubblico ministero o giudice e non potrà cambiare le sue funzioni, cosa che ad oggi avviene con il limite di quattro volte, se ne sussistono le condizioni.

  1. Valutazione degli avvocati sui magistrati – il quesito chiede che gli avvocati, parte di Consigli giudiziari, possano votare in merito alla valutazione dell’operato dei magistrati e della loro professionalità

Se al referendum vinceranno i sì, anche gli avvocati e i professori universitari parteciperanno attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati: finora ne sono stati esclusi.

  1. Riforma Csm – si chiede che non ci sia più l’obbligo di un magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura al Consiglio Superiore della Magistratura

Se al referendum vinceranno i sì, verrà cancellata la norma che stabilisce che un magistrato per candidarsi al Csm debba presentare il suddetto numero di firme a proprio sostegno.

Con l’abrogazione dell’obbligo della raccolta firme, si tornerebbe alla legge del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del Csm presentando semplicemente la propria candidatura.

Secondo i sostenitori dell’abrogazione della norma, questa modalità favorirebbe le qualità professionali del candidato invece del suo orientamento politico.

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