Potenza, martedì 25 gennaio 2022 – Nella scorsa notte, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, la Sezione Criminalità Organizzata della locale Squadra Mobile ha dato esecuzione all’ordinanza applicativa di quindici misure cautelari personali emesse dal Giudice per le indagini preliminari del capoluogo lucano nell’ambito di una nuova attività d’indagine condotta sul cosiddetto clan RIVIEZZI di Pignola, in ordine ai reati di associazione mafiosa, estorsione tentata e consumata, aggravate dall’agevolazione e dal metodo, mafioso, detenzione e porto illegale di arma da fuoco, violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale, false informazioni al P.M. aggravate.
In particolare, sono state applicate otto misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di RIVIEZZI Francesco Michele, RIVIEZZI Vito, LAMAINA Domenico, PESCE Maurizio, CASSOTTA Massimo Aldo, BALSAMO Felice e FARAONE Francesco, e sette arresti domiciliari nei confronti di NOLE’ Rocco, TRIUMBARI Marco, PIEGARI Pierangelo, ROMANO Nicola, MOSCARELLI Giovambattista, PASOIU Adrian e FUSCO Pompilio.
Le misure restrittive sono state adottate all’esito di una serie di sviluppi investigativi svolti dalla Squadra Mobile di Potenza con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, a margine di una precedente attività che ha riguardato il predetto sodalizio e che portò, nel mese di aprile dello scorso anno, all’applicazione di diciassette misure cautelari personali e di due sequestri preventivi, uno dei quali relativo alla società che gestiva il bar-caffetteria presso il Palazzo di Giustizia di Potenza per i delitti di associazione mafiosa ed altro.
Le indagini, avviate sulla base dell’analisi forense dei cellulari sottoposti a sequestro in quella circostanza, e sviluppate, tra l’altro, anche attraverso serrati interrogatori di un collaboratore di giustizia, intercettazioni, acquisizione di tabulati telefonici ed escussione a sommarie informazioni di numerose persone, hanno consentito di acquisire gravi indizi nei confronti di soggetti inseriti ovvero collegati del sodalizio pignolese nel settore delle estorsioni, in parte già emerso nella precedente operazione, che rappresenta di norma uno degli elementi sintomatici della capacità d’intimidazione e controllo del territorio da parte di una associazione di tipo mafioso. Più precisamente, gli approfondimenti investigativi hanno consentito l’acquisizione di gravi indizi in ordine a cinque condotte di recupero crediti presso imprenditori e commercianti che, secondo l’ipotesi accusatoria, venivano poste in essere ricorrendo a metodologie intimidatorie di stampo tipicamente mafioso, mediante evocazioni, anche esplicite, al clan RIVIEZZI, destinatario di una percentuale degli introiti e, almeno in un caso, facendo ricorso all’uso di un’arma da fuoco. Tali condotte, contestate a titolo di estorsione, a seconda dei casi tentata o consumata, con le aggravanti del metodo e dall’agevolazione mafiosa, rivestono un arco temporale che va fino al mese di dicembre del 2020 la cui attribuzione, allo stato delle indagini naturalmente in chiave indiziaria, a nove dei dieci destinatari dell’ordinanza cautelare, è stata possibile attraverso una meticolosa e certosina attività di riscontro alle dichiarazioni auto ed etera-accusatorie di un collaboratore di giustizia.
In due distinte occasioni, poi, il sodalizio risulterebbe essersi avvalso dell’apporto di soggetti che, seppur non intranei all’organizzazione, sono risultati, a livello di gravità indiziava e talora sulla base di sentenze definitive, collegati a contesti di criminalità organizzata, come CASSOTTA Massimo Aldo, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa quale appartenente all’omonima consorteria melfitana, e BALSAMO Felice, del Vallo di Diano, più volte processato per gravi delitti. Il ruolo particolarmente attivo, chiaramente allo stato di natura indiziaria, che nella gestione delle condotte estorsive risultano aver avuto RIVIEZZI Francesco Michele e LAMAINA Domenico, ed il loro grado di compenetrazione nel clan RIVIEZZI, ha consentito al Gip di ritenere fondata, allo stato delle indagini ed a livello indiziario, la contestazione del reato di associazione mafiosa, per il quale, pure, l’ordinanza restrittiva è stata applicata a loro carico.
Tra le vittime delle condotte estorsive figurano i gestori di una concessionaria di auto, attiva tra le provincie di Potenza e di Salerno, il gestore di un bar di Potenza, un marmista di Matera, gli esercenti di un’attività di agriturismo a Tito e un imprenditore lucano attivo nel settore della macellazione. Quest’ultimo è stato, a sua volta, attinto dalla misura degli arresti domiciliari applicata a suo carico per le reticenze e false dichiarazioni rese alla Procura della Repubblica, dichiarazioni che, sempre secondo le emergenze indiziarie, risulterebbero essere state rese al precostituito fine di sviare le indagini e di non infrangere i dettami omertosi della criminalità a cui lo stesso risulterebbe vicino.