Domenica 31 ottobre 2021 –
Sono in particolare le imprese guidate dalle donne che lavorano all’interno delle filiere ad avere investito maggiormente nel welfare aziendale (il 46% contro il 39% delle altre imprese in filiera). Ed entro i prossimi tre anni, un terzo delle aziende delle filiere prevede di fare più investimenti nel green.
È quanto emerge dall’ultima indagine sulle imprese manifatturiere tra i 5 e 499 addetti realizzata dal Centro Studi Tagliacarne per conto di Unioncamere, secondo cui le imprese delle filiere mostrano una maggiore attenzione al benessere e allo sviluppo del capitale umano oltre che alla tutela ambientale, e alla qualità delle relazioni sociali sul territorio dove operano.
Rosa Gentile, presidente Comitato Imprenditoria Femminile Camera Commercio Basilicata, oltre che presidente Confartigianato Matera, sottolinea che “sanità integrativa, conciliazione vita-lavoro, sostegno alla maternità, iniziative sul territorio, ma anche attività per il tempo libero e la cultura sono le aree del welfare aziendale cresciute più velocemente negli ultimi anni.
Nell’artigianato, il welfare aziendale – continua – ha una storia antica grazie alla pratica della bilateralità che consente di dare risposte calibrate, a misura di azienda e di territorio. In particolare le donne raccolgono la sfida di investire sulle risorse umane, sul loro benessere, per migliorare la competitività delle nostre aziende artigiane che si basa su capacità delle persone, sul connubio tra sapere e saper fare.
Siamo perciò impegnate – afferma ancora Gentile – ad offrire risposte strutturate alla crescente e diversificata domanda di welfare degli artigiani e delle micro e piccole imprese. Da oltre 30 anni ci occupiamo del benessere dei collaboratori delle nostre aziende con gli strumenti della bilateralità, garantendo interventi efficaci e su misura per il sostegno al reddito, la tutela della salute, la formazione continua, come è avvenuto anche durante la crisi scatenata dalla pandemia da Covid-19”.
Altri aspetti significativi dell’indagine. La collaborazione fra imprese delle filiere italiane spinge la crescita socialmente sostenibile: l’88% di queste realtà imprenditoriali ha adottato, nell’ultimo triennio pre-Covid, misure responsabili in tema di formazione del personale, welfare aziendale, sostenibilità ambientale, rapporti con il sistema dell’istruzione, il mondo della cultura e il terzo settore (contro il 55% delle imprese non in filiera). Una percentuale che sale al 92% al Sud. Più nel dettaglio, il 50% delle imprese italiane delle filiere ha investito nella formazione per il miglioramento delle competenze del personale (contro il 25% delle altre imprese); il 43% ha puntato su prodotti e/o processi a minor impatto ambientale (contro il 24%); il 40% ha perseguito attività volte a tutelare la salute e/o il benessere dei propri dipendenti (contro il 16%).
Anche a seguito della crisi da covid-19, le imprese in filiera sono ancor più convinte di aumentare la relazionalità entro i prossimi tre anni con i propri dipendenti sia in termini di welfare sia di formazione per competere. Il 19% delle imprese che collaborano tra loro prevede, tra il 2021 e il 2013, di aumentare le iniziative per tutelare il benessere dei propri dipendenti contro il 12% di quelle non in filiera. Anche la quota di imprese che punta ad aumentare gli investimenti in formazione del personale è superiore nel caso delle imprese in filiera rispetto alle altre (10% vs 5%). E ben il 33% delle aziende delle filiere è pronta ad investire di più sul green, una quota doppia a quelle delle imprese non in filiera (14%).
L’effetto filiera riduce anche le distanze tra le imprese di minori dimensioni e quelle medio-grandi nella propensione ad investire nella sostenibilità. Se fuori dalla filiera il 15% delle piccole imprese punta sul benessere dei propri dipendenti rispetto al 25% delle medio-grandi, dentro la filiera il gap si annulla (40% in entrambi i casi). La collaborazione tra imprese si rileva importante anche per sviluppare la propria capacità di fare rete con il terzo settore per competere: ci riesce solo il 2% delle piccole imprese che operano fuori dalle filiere (contro il 6% delle medio-grandi), ma la quota sale al 13% quando queste aziende lavorano in cooperazione con le altre (contro il 8%).