Venerdì 28 maggio 2021 – Dignità, lavoro, libertà di stampa, salvaguardia dell’informazione e, quindi, della democrazia; dovere di informare e diritto ad essere informati in modo completo e trasparente. Temi da sottoporre all’attenzione delle Istituzioni allo scopo di arrivare all’emanazione di norme che mirino alla salvaguardia del settore dell’informazione, sempre più smantellato non solo dalla crisi economica ma anche da leggi vetuste e poco democratiche.
Per questo motivo, martedì 1° giugno, alle ore 11:00, davanti alla Prefettura di Potenza, i giornalisti saranno in piazza con un flash mob che si terrà contemporaneamente in molte altre città italiane.
Oggi, con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che il Governo vuole mettere in atto, si presenta un’occasione unica per rilanciare il settore e progettarne il futuro. Ci si auspica, infatti, che il nuovo Piano non solo coinvolga il settore dell’informazione, ma che miri anche a voler dare risalto ad un sistema che è fondamentale per la democrazia. L’informazione, infatti, è fondamento della democrazia e non può essere trascurata.
La richiesta è quella di difendere la libertà di espressione, il pluralismo dell’informazione, il diritto dei cittadini ad essere informati liberamente a difesa della democrazia e del principio costituzionale della libertà di stampa.
Occorrono incentivi, nuove assunzioni, minimi salariali dignitosi e stabilizzazioni contrattuali e ciò può avvenire solo attraverso il giusto intervento da parte delle Istituzioni.
Pertanto, a sostegno di quanto enunciato, i delegati sindacali presenti in piazza, consegneranno alle Istituzioni il documento unitario per chiedere a gran voce #UnFuturoPerLInformazione.
Di seguito, il documento unitario, a sostegno del sistema informazione che sarà consegnato a tutti i Prefetti italiani:
Un patto con le Istituzioni per il futuro dell’informazione
Il dovere di informare, il diritto di essere informati in maniera corretta e pluralistica devono restare i pilastri di valore del mondo giornalistico.
Ma nella nuova Italia che nascerà dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) c’è posto per l’informazione intesa come attuazione dell’articolo 21 della Costituzione?
È questo il tema della mobilitazione dei giornalisti che stanno manifestando per la dignità, il lavoro, la libertà della stampa, insieme alla salvaguardia del proprio istituto di previdenza, l’Inpgi.
Il settore da oltre un decennio sta soffrendo difficoltà strutturali solo in parte dovute alla trasformazione del modello produttivo: tra il 2013 e il 2020 sono andati perduti oltre 3 mila posti di lavoro, pari a quasi il 17% del totale. Un’emorragia occupazionale che non ha eguali.
E se non bastassero il ricatto occupazionale e lo sfruttamento lavorativo, i cronisti sono limitati nel loro mestiere anche dalla minaccia delle querele bavaglio e del carcere per il reato di diffamazione.
Il Parlamento può fare qualcosa? Sì, adottare alcuni provvedimenti che non hanno alcun impatto sul bilancio dello Stato, ma che ne hanno uno fortissimo sulla democrazia e sulla libertà di stampa:
– rilancio dell’occupazione: occorrono incentivi a carico del sistema generale per favorire le assunzioni;
– modifica dell’attuale normativa sui prepensionamenti: bisogna prevedere l’obbligo di un’assunzione di un giovane giornalista o la stabilizzazione di un collaboratore di lungo corso per ogni uscita anticipata;
– riforma della legge di sistema dell’editoria;
– legge sull’equo compenso 233/ 2012, che non è mai stata attuata. È necessario rideterminare una soglia minima dignitosa di pagamento in un mercato del lavoro che oggi, invece, vede articoli pagati sette, cinque o addirittura un euro;
– abolizione del cococo, il collaboratore coordinato e continuativo, che è una figura impiegata in maniera massiccia nel settore editoriale e maschera lo sfruttamento selvaggio di quelli che sono ormai i “braccianti” o “rider” dell’informazione, giornalisti che svolgono lo stesso lavoro dei dipendenti ma senza tutele. La norma era stata inserita nel Milleproroghe del 2019 e affossata all’ultimo miglio;
– riforma della Rai: si invoca il varo di una legge che sottragga la governance ai governi in carica, restituendo all’azienda il ruolo di servizio pubblico che sta alla base della sua attività;
– riforma del sistema delle provvidenze pubbliche: cooperative, minoranze, emittenza radio tv locale. Non servono più i contributi a pioggia, vanno premiate solo le aziende che fanno buona informazione e danno occupazione regolare;
– querele bavaglio, diventate ormai una vera emergenza democratica: se si vuole impedire a un giornalista di fare il proprio mestiere basta fargli pervenire una richiesta di risarcimento milionario. La proposta di legge – in un unico articolo – è ferma in Senato;
– norma per l’abolizione del carcere per i cronisti. Anche questa la proposta di legge giace in Senato: nel giugno del 2020 l’allora presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ora ministra della Giustizia, ha firmato un’ordinanza che dava un anno di tempo al Parlamento per intervenire sulla pena detentiva: manca un mese e nulla ancora è stato fatto.
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