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Letto Falsi invalidi. Archiviazione per la madre di Arisa, il dr. Paciello e l’avv. Santarsiero
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Cronaca

Falsi invalidi. Archiviazione per la madre di Arisa, il dr. Paciello e l’avv. Santarsiero

USB - Ufficio Stampa Basilicata 27 Marzo 2021
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Sabato 27 marzo – Archiviate le accuse alla mamma di Arisa, Assunta Santarsiero, all’avvocato che l’ha assistita nella pratica per l’asse –
gno di invalidità, Anna Santarsiero, e al primario del reparto di Neurologia del San Carlo di Potenza, Nicola Paciello. Richiesta di rinvio a giudizio, invece, per tutti gli altri indagati. Incluso il re della tarantella lucana, Agostino Gerardi.
Si sono chiuse così, nei giorni scorsi, le indagini dei pm del capoluogo sulla presunta “fabbrica”di falsi invalidi scoperta,
nel 2015, dagli agenti della Squadra Mobile di Potenza.
L’inchiesta era venuta alla luce a settembre del 2019 quando sono scattate le misure cautelari per sei persone. Quindi aveva raggiunto la ribalta nazionale proprio per la presenza tra gli indagati della madre della cantante lucana.

A distanza di un anno, però, è stato il pm per primo a decidere di fare marcia indietro su quell’ipotesi d’accusa.
Interrogata, infatti, la donna avrebbe documentato «patologie molto gravi» che le impedivano «di svolgere le normali
attività quotidiane».

Così il pm Sarah Masecchia nella richiesta di archiviazione accolta dal gip Lucio Setola.
Quanto ai video ripresi di nascosto dagli investigatori, che la ritraevano al lavoro nell’«orto giardino», la signora ha spiegato che talvolta, dopo aver assunto i suoi antidolorifici, riesce ad alzarsi e a muoversi per qualche minuto. E nell’occasione immortalata dalle telecamere della polizia era stata anche accompagnata dal marito.

Cadute le accuse ad Assunta Santarsiero, il pm ha ritenuto infondate, di conseguenza, anche quelle all’avvocata Anna Santarsiero, che l’aveva accompagnata in carrozzina alla visita del perito el Tribunale che doveva stabilire il suo livello di invalidità. Un verdetto atteso, in realtà, già all’indomani delle prime notizie sull’indagine, quando l’avvocata (assistita
dal collega Paolo Lorusso) aveva insistito perché la procura acquisisse la documentazione medica sul caso.

Il pm, infine, ha chiesto e ottenuto l’archiviazione, ma per altri motivi, del primario del San Carlo Nicola Paciello, evidenziando come le patologie diagnosticate a uno dei venti presunti “falsi invalidi” individuati non fossero incompatibili
con le «normali attività» che questi continuava a svolgere. A partire dalla gestione del suo negozio di ortofrutta.
Rispetto a un altro presunto “falso invalido”, invece, gli inquirenti si sono avveduti di uno scambio di persona, avendo
contestato al neurologo una certificazione per «sintomatologie articolari» che era stata effettuata da un diverso medico, fisiatra.
Da ultimo non sarebbe stata provata «la presenza in capo a Paciello della coscienza e della volontà del fatto criminoso e di concorrere con altri nella sua realizzazione».
Per i restanti 32 indagati è stato già fissato l’inizio dell’udienza preliminare: il 5 maggio davanti al gup Ida Iura.
Tra loro ci sono anche i due procacciatori di aspiranti “falsi invalidi”, Antonio Covella e la cognata Annina Di Giacomo, l’avvocatessa di Calvello Carmela Abbate, l’ex referente di un Caf del capoluogo, Felice Trapanese, il procacciatore
d’affari Antonio Pace, e tre medici del San Carlo di Potenza: Francesco Di Giovanni, radiologo; Umberto Sica, neurologo; e Aurora Leone De Magistris, oculista. Oltre, ovviamente, ai beneficiari degli assegni per le presunte invalidità farlocche, come il re della tarantella Gerardi, che avrebbe sofferto di una serie di patologie debilitanti, proprio mentre affrontava
un «impegnativo tour» di concerti in piazza.
Tra i capi d’imputazione si parla di un’associazione a delinquere per truffare l’Inps e assicurare ai suoi «clienti/pazienti» l’indebita percezione di pensioni di invalidità e indennità di accompagnamento, corruzione in atti giudiziari, falso e truffa.
Di Giovanni, poi, risulta indagato persino per un’ipotesi di estorsione assieme a Pace che si sarebbe rivolto in maniera minacciosa a un loro paziente/cliente per ottenere il compenso promesso per l’l’aggiustamento della sua pratica.

Fonte: Leo Amato – Il Quotidiano del Sud

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