Giovedì 27 gennaio 2021 – Il 27 gennaio è un giorno molto importante per non dimenticare ciò che accaduto con l’olocausto.
La giornata della memoria è stata sancita dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria[2]. La risoluzione fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005 durante la quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell’Olocausto[3].
Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
In questa giornata della memoria voglio raccontare la storia di Liliana Segre sopravvissuta ai campi di concentramento.
Liliana Segre è nata a Milano il 10 settembre 1930, in una famiglia di origine ebraica.
Molti dei sopravvissuti ai campi di sterminio hanno scelto il silenzio.
Come loro, anche Liliana Segre ha deciso di tenere l’orrore e l’abominio in un angolo della sua mente e del suo cuore ma le emozioni, prima o poi, richiedono il loro spazio, hanno una loro autonoma potenza che è difficile contenere per sempre.
Liliana Segre, nel 1944, è stata deportata insieme al padre Alberto ad Auschwitz e lì è diventata il numero 75190, una cifra indelebile che trasforma le persone in oggetti, perché se non hai un nome non sei nessuno.
Delle 605 persone deportate insieme a Liliana ne tornarono solo 22.
Liliana si salvò lavorando come una schiava e camminando per diversi chilometri, in quella che venne chiamata la “marcia della morte”.
Davanti alla possibilità di vendicarsi decide di non comportarsi come i suoi assassini: preferisce la pace.
Ha parlato ai giovani con un linguaggio diretto, commovente e moderno.
I ragazzi l’hanno ascoltata in silenzio, emozionandosi e piangendo.
Per questo Liliana Segre non può essere solo un personaggio dell’ anno, lei appartiene all’ umanità.
Certo sono molto importanti le testimonianze personali di chi ha vissuto queste atrocità, ma per non dimenticare sono importanti i gesti.
Per questo vi racconto un piccolo aneddoto:
qualche giorno fà abbiamo scoperto un simbolo nazista sul muro del nostro Centro Anch’io e di comune accordo è stato coperto con il Tricolore rappresentante la nostra bandiera.
Perché certi simboli… dividono altri uniscono.
Stefano Mele