Sabato 21 novembre 2020 – Sono tanti i ricordi del quel tragico 23 novembre dell’80 quando la terrà tremo in Basilicata e Campania, causando migliaia di morti, danni enormi, sconvolgendo anche sul piano umano tante comunità.
Pietro Simonetti, all’epoca segretario regionale della Cgil di Basilicata, così ricorda quei giorni drammatici e i primi mesi del dopo terremoto.
“A mezzanotte del 23 Novembre ero con il Presidente della Giunta Regionale Vincenzo Verrastro, il Capo della Digos Franco Salierno nella Questura di Potenza, in contatto con il Prefetto Vicario, Francesco Porretti, che presidiava il Palazzo di Governo danneggiato.
In quella stanza arrivavano le notizie dei danni e delle vittime inferti dal sisma. I primi interventi di aiuto furono a Balvano da parte dell’Esercito che utilizzava un faro della Rai per tentare di entrare nella chiesa Madre.
Durante tutta la notte e il giorno successivo interminabili file di militari, volontari e di aiuti arrivarono soprattutto dal nord ed in particolare dalle organizzazioni sindacali.
I tassisti di Milano che portavNO centinaia di roulotte, dalle Regioni con in testa l’Emilia Romagna, e dagli Enti Locali.
Un moto di vera solidarietà si mise in moto prima della presenza strutturata della Protezione civile affidata a Zamberletti.
In Basilicata dopo il 1980 sono stati investiti dallo Stato oltre 3.500 milioni, di cui 3.000 per la ricostruzione e infrastrutture e circa 500 per il finanziamento delle aziende industriali.
Nel contempo sono state recuperate con la escussione delle fideiusioni per oltre 125 milioni che sono tornate nelle casse dello Stato per inadempienze, e truffe sanzionate, a seguito del recupero del maltolto e degli esiti del lavoro della Commissione di inchiesta Scalfaro.
La situazione oggi nelle aree terremotate
L’attuale occupazione nelle aziende delle aree terremotate lucane è di oltre 2000 lavoratori diretti, con aumento sul 2019, e circa 1400 indiretti, contro una previsione complessiva di 6000 di posti di lavoro finanziati con contributi pari al 121% delle spese ipotizzate.
Delle 107 aziende finanziate ne rimangono una cinquantina in attività. Sono risultati migliori rispetto agli investimenti della legge 488 che ha avuto una resa occupazionale pari al 20% del previsto.
Ricordiamo che alcune aziende, tra quelle fallite o che non hanno mai aperto (circa 30), sono state riassegnate, oppure occupate abusivamente o cedute in fitto dai curatori fallimentari, con scarse ricadute nelle attività produttive o occupazionali. Alcune aziende del Melfese sono ora utilizzate dalla FCA per deposito delle automobili prodotte
Al momento circa 100 capannoni, o strutture similari, di cui una ventina finanziati da Legge 219/81 ed i restanti con le leggi 488/92 e 64/74, sono inutilizzate, preda dei ladri di rame e di impiantistica.
Ricordiamo i casi di Abl di Balvano, 17.000 mq, oppure della ex Ets di Tito, che occupava 250 lavoratori, ora qualche decina; la Sinoro mai entrata in produzione con tre fallimenti dietro le spalle, quattro cambi di ragione sociale due condanne per truffa e bancarotta. In questa azienda ci sono ancora i macchinari imballati e mai utilizzati.
Nulla ha fatto il Consorzio Industriale per il loro riutilizzo previsto per le legge e con finanziamenti previsti dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Molte aziende sono da anni in gestione fallimentare o sono state svuotate degli impianti che sono tornati alle aziende produttrici in Italia o vendute all’estero: Standartela, Ets, Abl.
Gli impianti Parmalat sono ora utilizzati in Veneto dalla Vincenzi dopo la chiusura dello stabilimento di Atella e la successiva truffa di reindustrializzazione che ha determinato la disoccupazione di 120 lavoratori.
Si tratta di un enorme patrimonio di immobili e infrastrutture di un valore stimabili attorno ai 200 milioni. Anche la riassegnazione di suoli e strutture e’ fallita assieme ai bandi di reindustrializzazione.
L’ultima legge approvata per il risanamento dei consorzi industriali è completamente disapplicata: nemmeno uno stabilimento e stato recuperate con le nuove norme mentre l’indebitamento dei consorzi viaggia attorno ai 80 milioni.
All’Asi di Potenza siamo al quinto commissariamento in pochi anni ed è prossima alla bancarotta ma nulla si muove per recuperare impianti, occupazione al netto di qualche svendita .
L’attuale Commissario e’ sommerso dai debiti.
Non solo capannoni vuoti ma anche binari morti e impianti di trattamento bloccati”.