Lunedì 9 novembre 2020 – La Lettera a “la Repubblica” del presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte.
Gentile direttore,
sono giorni difficili per l’Italia, alle prese con una situazione epidemiologica divenuta particolarmente critica nelle ultime settimane. Sono giorni di nuove restrizioni e di scelte mirate a prevenire scenari di maggiore sofferenza.Dobbiamo continuare a essere determinati e rimanere uniti. E proprio per questo è importante ascoltare le differenti voci che si levano nel Paese: dalle piazze, dai mezzi di informazione, dalle varie forze politiche, sociali e produttive; da ogni cittadino che ogni giorno fa la sua parte e in questo modo offre il proprio contributo alla salvezza di tutti.Anche per questa ragione ho letto “II naufragio. Perché la seconda ondata della pandemia Covid ha travolto l’Italia”, l’inchiesta con cui Repubblica ripercorre – sovente con accenti critici – gli ultimi mesi della gestione dell’emergenza da Covid-19 in Italia.
Non è costume mio o di questo esecutivo minimizzare, derubricare a polemiche le obiezioni poste al nostro quotidiano lavoro: abbiamo da subito scelto la strada della trasparenza, rifuggendo noi stessi ricostruzioni di comodo. Non posso però accettare che passi il messaggio di un presidente e di un governo che hanno abdicato ai propri doveri approfittando della pausa estiva, che un solo weekend passato al mare o una singola cena a margine di un appuntamento istituzionale vengano così strumentalmente sottolineati. Chiarisco, allora, che questa estate non ho mai concesso pause alla mia attività istituzionale. Anche nel mese di agosto sono stato sempre immerso nello studio dei vari dossier e nella soluzione dei vari problemi, avendo cura, insieme ai ministri competenti e ai vari esperti, che la piena ripresa delle varie attività sociali ed economiche avvenisse in piena sicurezza. Anche nel periodo più caldo agostano ho preferito non allontanarmi da Palazzo Chigi, rimanendo a mezz’ora dal mio ufficio e continuando a fare riunioni pressoché quotidiane da remoto.
A dirla in breve, caro Direttore, il governo la scorsa estate non è mai andato in vacanza. Ricordo che l’estate che ci siamo lasciati alle spalle è iniziata con il confronto con le parti sociali e con varie associazioni e categorie professionali per pianificare la ripartenza del Paese. È poi proseguita con il serrato negoziato in seno al Consiglio europeo che ha consentito all’Italia di ottenere la quota più corposa dei fondi previsti dal piano “Next Generation Eu”, ben 209 miliardi. Poi ancora sono intervenuti i decreti per accelerare l’economia e sostenere le categorie in difficoltà, per investire su scuola e sanità, settori particolarmente sofferenti per il contagio pandemico. Può risultare fuorviante il racconto di un Paese in libera uscita, stimolato al “tana libera tutti” estivo dalla complice assenza di un governo rimasto indifferente. Se davvero in estate avessimo mollato la presa oggi non potremmo contare sul rafforzamento dei nostri strumenti di difesa e vivremmo già in pieno lockdown generalizzato. Se oggi possiamo permetterci interventi mirati e differentemente dosati in base alle condizioni di effettiva criticità dei territori è perché non ci siamo mai fermati.
Qualche esempio: oggi abbiamo il doppio dei posti letto in terapia intensiva rispetto all’inizio dell’emergenza; abbiamo immesso nei servizi sanitari 36.000 nuovi medici e infermieri; mentre all’inizio dell’emergenza riuscivamo a fare 25.000 tamponi oggi arriviamo a farne 230.000 e siamo predisposti a farne molti di più; in primavera stentavamo a reperire dispositivi di protezione individuale anche per le categorie professionali più esposte, mentre oggi siamo pienamente autosufficienti e le distribuiamo gratuitamente ogni giorno a studenti, docenti, personale sanitario e forze di sicurezza. Senza gli innumerevoli tavoli di confronto, i 12 mila cantieri che hanno consentito di avere 40 mila aule in più, le gare per banchi e dispositivi digitali, non avremmo mai visto i nostri ragazzi rientrare in classe.
Si può certo mettere in discussione la piena efficacia degli sforzi organizzativi sin qui compiuti. Ma non è corretto paragonare l’azione dell’esecutivo a quella delle cicale, che oziano e friniscono nella canicola. Personalmente, durante la pausa estiva, ho preferito rinviare eventi e sospendere interviste investendo tutte le energie nell’efficientamento di una macchina amministrativa che non è mai stata sollecitata, dal dopoguerra ad oggi, in modo così duro, complesso e repentino. Peraltro, quando si valuta l’impatto di questo intervento di efficientamento bisognerebbe tenere in debito conto i pesanti dazi che il “sistema-Italia” è stato costretto a pagare in anni passati con la destrutturazione di comparti fondamentali quali sanità, scuola e mobilità pubblica.Non ricerchiamo alibi: possiamo e dobbiamo fare di più. Ma non abbiamo mai tirato i remi in barca. Con il supporto del Cts abbiamo approntato interventi per permettere agli italiani di andare in vacanza e al turismo di ripartire, grazie a protocolli vincolanti per garantire la sicurezza tanto in spiaggia quanto nei ristoranti. Non sempre le regole sono state rispettate, non ignoriamo la realtà. Ma il governo non ha mai assecondato un ripristino delle varie attività senza cautele e accortezze varie. Ricordiamo le polemiche sull’apertura delle discoteche: ma il governo non ha mai dato il via libera; anzi, una volta constatata la risalita della curva epidemiologica ha lavorato per convincere anche i governatori più riluttanti a disporne la chiusura. Ricorderà i Dpcm e i decreti legge che fra luglio e agosto hanno permesso di prorogare le misure precauzionali e al contempo di tutelare la nostra economia, in significativa ripresa. Ricorderà anche le polemiche sulla proroga dello stato di emergenza, quando il 29 luglio ho relazionato alle Camere: abbiamo portato avanti quella decisione senza temere di essere impopolari, mentre più voci – anche attraverso le colonne di vari quotidiani – suggerivano l’inattualità di questa precauzione e propendevano per lo smantellamento dei presidi di sicurezza.
Questo governo non ha la bacchetta magica, ma ha le maniche della camicia sempre ben arrotolate, da quando è iniziata la pandemia. Dobbiamo prendere atto che siamo alle prese con uno tsunami che sta scuotendo l’intera Europa mettendo in difficoltà tutti i Paesi.
Questa seconda fase viene perlopiù descritta come una violenta ondata che si abbatte ben al di sopra dì quelle che erano le pur prudenti attese degli altri Paesi europei. Questa descrizione invece non varrebbe per l’Italia: per molti la portata e gli effetti di questa seconda ondata sarebbero da imputare solo ed esclusivamente alle responsabilità di chi governa. È un approccio singolare, comprensibile nella logica di chi vuole alimentare polemiche politiche.
Ad ogni buon conto non mi unisco a chi ogni giorno vende panacee a buon prezzo. Abbiamo sempre cercato di essere ciò che questi mesi difficili richiedono di essere: donne e uomini che sanno di avere una grande responsabilità, ovvero lavorare per far uscire il Paese da questa sofferenza. Ed è quello che continuiamo a fare, è quello che siamo certi di riuscire a fare. Con l’aiuto di tutti coloro che hanno a cuore le sorti del nostro Paese.