Giovedì 24 settembre 2020 – Quello che è accaduto sabato sera nel centro storico di Potenza, episodio del quale parliamo in altra parte del giornale (LEGGI), non può essere archiviato come una ragazzata, come un semplice litigio tra ragazzi. Se lo facessimo, cadremmo nell’errore, sempre più ricorrente, di banalizzare episodi che banali non sono.
Si banalizza per mettersi a posto con la coscienza. Lo si fa da genitori. Lo si fa da educatori. Qualche volta lo fa anche la scuola.
No, non sono episodi banali. Quello che è accaduto sabato sera a Potenza è grave. Lo è perchè conferma che anche tra gli adolescenti – parliamo di adolescenti – cresce sempre più la cultura del non rispetto, della violenza. Della sopraffazione del più debole soprattutto quando a sostenermi è il gruppo. Gli esperti lo chiamano “branco”.
Si diventa bulli senza rendersene conto, ed è preoccupante. Si pensa che quello che faccio sia normale. Ed è ancor più preoccupante. Si applaude a chi si comporta in questo modo. Ed è ancor più preoccupante.
E’ ancora più preoccupante – veniamo al mondo degli adulti – non riuscire a leggere atteggiamenti nei ragazzi che dovrebbero far scattare l’allarme. Non si diventa bullo dalla sera alla mattina. Comprendere per tempo quello che sta accadendo, ci aiuterebbe ad intervenire per tempo, evitando conseguenze future.
Sia chiaro: non è facile perchè spesso non si hanno gli strumenti per farlo e ancora più spesso perchè è il cuore che comanda nel rapporto con i ragazzi.
Ma posso mai volere il male di mio figlio per quanto io l’ami? È la domanda che qualcuno potrebbe porci. Certamente no. Gli errori da genitori, da educatori si commettono. E si commettono paradossalmente a fin di bene.
Nessuno vuole colpevolizzare. Ci mancherebbe. Educare è il mestiere più difficile. Lo è soprattutto in una società turbolenta nel quale dal mondo degli adulti giungono esempi non sempre positivi. E i ragazzi, non dimentichiamolo, ci guardano, ci emulano.
Proprio per questo motivo, dobbiamo fare squadra. Tutti insieme, ciascuno per il proprio ruolo (giornalisti compresi), per un unico scopo: aiutare i nostri ragazzi a crescere meglio, più rispettosi e accoglienti. Possiamo farcela.