Venerdì 11 settembre 2020 – Tante domande e una speranza. Sono quelle che oggi, a 10 anni dal ritrovamento del corpo di Elisa Claps (uccisa il 12 settembre 1993) nel sottotetto della chiesa della Trinità a Potenza, si pone don Marcello Cozzi e una comunità intera.
“In quanti eravate sotto il tetto di quella chiesa a occultare il corpo di Elisa?
Chi vi commissionò quello sporco lavoro?
Vi pagarono o era semplicemente un favore in cambio di un altro favore?
Voi siete stati gli ultimi a vedere Elisa quel 12 settembre: com’era il suo volto? Vi parlava dell’orrore vissuto o trasmetteva la tristezza per l’inferno che stava iniziando per la sua famiglia?
Che cosa pensaste quando vi rendeste conto che il cadavere da far sparire era quello di una ragazzina innocente? Non vi venne in mente che vi poteva essere sorella o anche figlia?
Alla sua vista provaste rabbia, pietà, o invece indifferenza, apatia o addirittura un senso di abitudine visto che forse non era la prima volta che avevate a che fare con dei morti?
Sapevate chi era l’autore di quello strazio o la cosa non vi interessava più di tanto? E vi chiedeste il perché di quell’atroce accanimento?
Chi di voi si rese conto che era più semplice lasciarlo lì quel povero cadavere? Comunicaste a qualcuno la decisione presa? E a chi vi ordinò il lavoro quale bugia raccontaste per dire che Elisa l’avevate fatta sparire per sempre?
Nei giorni, nei mesi, negli anni che inesorabilmente sono passati avete mai avuto timore che prima o poi qualcuno avrebbe potuto trovare quei poveri resti? O eravate certi che quel segreto inconfessabile sarebbe rimasto lì sopra per sempre? E cos’è che vi ha dato così tanta sicurezza: il fatto che chi ne era a conoscenza nel frattempo è morto o che il prezzo così alto di quel silenzio dipendeva da qualcosa di molto più inconfessabile?
E cosa ci può essere di così inconfessabile per cui senza alcuna pietà si condanna una famiglia ad un inferno perpetuo e un’intera comunità a perdere per sempre la propria innocenza?
In questi lunghi anni vi è mai venuto in mente che prima ancora che quelle dell’assassino sono state le vostre mani a condannare questa città a quella voragine di sospetto e di astio che l’ha divorata per tutto questo periodo? E vi viene mai in mente che siete proprio voi i custodi del riscatto di questa comunità dal marchio infame dell’indifferenza e dell’omertà che ingiustamente l’hanno marchiata sin dal principio?”.
“Noi, imperterriti, continuiamo a credere che ogni coscienza ha una propria dignità, così come non abbiamo mai smesso di pensare che in questi anni dinanzi ai ripetuti appelli di mamma Filomena chissà quante volte vi siete morsi le labbra per una verità che in fondo avreste voluto gridare ma non potevate, e non smetteremo di credere che prima o poi, pur restando nell’ombra e nel segreto come avete fatto da quel 12 settembre, in un modo o nell’altro ci direte finalmente i volti e i nomi dei protagonisti di quel giorno che ha cambiato la storia di Potenza. In fondo avete già iniziato a farlo – ne siamo convinti – quando quel 17 marzo avete trovato il modo per portarci finalmente in quel sottotetto”, conclude don Marcello.