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#CoronavirusEconomiaFood e BeverageInterviste

Le sfide della ristorazione ai tempi del #Coronavirus: parla Mariangela Meliante

USB - Ufficio Stampa Basilicata 3 Maggio 2020
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Domenica 3 maggio 2020 – La Fase 2 si apre con molte paure e con l’esigenza di far ripartire l’economia del nostro paese. Tra i settori più colpiti dalle chiusure a causa del Coronavirus e dalla crisi economica conseguente c’è sicuramente l’Ho.re.ca. Quali sono le sfide, lo abbiamo chiesto a Mariangela Meliante, architetto specializzato da oltre dieci anni nella progettazione del settore  Hotellerie-Restaurant-Café.

Architetto che fase si apre per la ristorazione?

“Bisognerà navigare a vista, unirsi tra ristoratori, spingersi l’un l’altro, far respirare l’aria di sicurezza e valori positivi di cui le persone avranno bisogno”. È la tesi di Eugenio Boer che aggiunge: “ci vorrà un grandissimo buon umore per ripartire”. Si apre, di fatto, la porta ad un mondo nuovo. Il Covid 19 farà da spartiacque tra quello che erano prima i luoghi di socializzazione per eccellenza, bar ristoranti etc e quello che saranno oggi o un domani oramai prossimo.

Si discute molto, non solo tra gli addetti ai lavori, della possibilità di dare ai bar, pub,  ristoranti  e locali maggiore spazio pubblico per garantire massima sicurezza per i clienti e per i dipendenti

Complice la stagione estiva in arrivo si potrà sicuramente usufruire dello spazio all’aperto. Il valore della socialità e convivialità è purtroppo la prima vittima del coronavirus e il suo recupero nella ristorazione, come in ogni settore dell’accoglienza, sarà una vera priorità già nell’immediato futuro. Certo bisognerà che cambino le priorità e che vadano in deroga alcune direttive sanitarie estremamente restrittive riguardanti la somministrazione nei dehors alla luce di un settore sofferente e forse il maggiormente vessato. Il virus pare che si depotenzi quando circola in ambienti aperti e questo sicuramente sarà da aiuto a molti esercenti. Certo non bisogna sottovalutare che non tutti i nostri bar, i nostri ristoranti, le nostre pizzerie hanno spazi all’aperto tali da sopperire al mancato utilizzo dello spazio interno.

Cosa fare dunque?

Credo che la situazione sia piuttosto spinosa a oggi, in assenza di direttive precise. In altre regioni i vari settori hanno già chiare le direttive da seguire in vista della riapertura, si parla di metri quadri ad individuo, di distanze tra tavoli, di donazioni a titolo gratuito di suolo pubblico per far sì che non si rinunci ai posti a sedere. Insomma una serie di iniziative volte a sostenere il settore. La Basilicata, la nostra città nota per temperature poco miti, la sfida di ospitare all’esterno deve coglierla come un’occasione, un cambiamento di abitudini. In tutte le città del Nord Europa, non conosciute certo per essere città dal clima mite e caldo, in tutti i mesi dell’anno si può stare all’aperto non da oggi ma da sempre. Città come Parigi, Berlino, solo per citarne alcune, hanno dato lustro ai dehors come piacevole luogo di intrattenimento e lì la ristorazione outdoor è una realtà consolidata. Si cena all’aperto tanto a maggio tanto a novembre e dicembre. Ti accomodi sotto stufe e con un caldo plaid e spesso con il cappello ed il piumino. Questo testimonia che semplicemente la gente là è abituata così come è abituata a mangiare il gelato tutto l’anno. Le gelaterie hanno sempre la porta aperta completamente, in inverno e in estate e con un banale espediente- barriera d’aria- ti invitano ad entrare in tutti i mesi dell’anno. Le assicuro che quando la temperatura fuori è sotto lo zero e si entra e si trovano 22 gradi la voglia di tuffarsi nel gelato è immediata.

Così però sembra solo una buona strategia di marketing

Possiamo anche chiamarla strategia di marketing, perché no,  ma praticamente lì è diventata un’abitudine ed il gelato è diventato un prodotto senza stagione dal fatturato mensile piuttosto stabile. È forse, dunque, solo questione di cambiare le modalità e l’approccio al consumo. Proviamo ad immaginare come potrebbe essere ripopolare gli slarghi dei nostri paesi e delle nostre città, proviamo ad immaginare che anche qui il delivery possa abbracciare una consistente fetta di mercato e che le dark kitchens, ovvero le cucine aperte solo per le consegne a domicilio, possano funzionare o per lo meno bisognerà provarci considerando che il ritorno alla normalità non sarà immediato per nessuno e molti continueranno a lavorare in smart working e potrebbero ricorrere a pasti d’asporto per regalarsi l’ebrezza di una parvenza di normalità pre-covid quando i 50 minuti di pausa pranzo coincidevano per l’appunto con l’arrivo del piatto del giorno del bar-tavola calda sotto l’ufficio, direttamente sulla scrivania. Insomma questa esperienza ci chiama ad una sfida che dobbiamo cogliere come opportunità.

Il settore  è in grande affanno.

Bisogna ripartire in massima sicurezza, ma ripartire. Pianifichiamo e riprogrammiamo le attività, proviamo a prevedere per la ristorazione un’offerta più ampia di servizi come per esempio il delivery e le ordinazioni da asporto. Molti tra ristoranti e pizzerie non hanno mai interrotto il contatto con il cliente anche in questi lunghi mesi di lock down.  Insomma proviamo a non demoralizzarci e reagiamo. Combattiamo insieme lo scetticismo sulla ripartenza. Abbiamo città, paesi che meritano di essere vissuti ed un’economia che va necessariamente sostenuta. Manteniamo gli standard di qualità e aumentiamo gli standard di sicurezza e comunichiamolo. Tutti abbiamo voglia di riappropriarci delle nostre vite. Uscire per tornare al ristorante non è soltanto un desiderio ma deve tornare ad essere una realtà possibile. 

Chi resisterà a questa crisi? Crede sia davvero possibile per un ristoratore riorganizzarsi?

Chi dimostrerà di avere resilienza, di avere competenza e amore per quello che fa, chi saprà reinventarsi e riorganizzarsi. Chi si convincerà, già da ora, che è stato e sarà un tempo di transizione e non eterno e che i loro spazi torneranno ad essere il luogo della convivialità  per eccellenza. Il ristoratore oggi si trova ad affrontare due problemi: rimodulare l’interior design del proprio locale per garantire il distanziamento sociale e far, soprattutto, fronte ai mancati profitti degli ultimi mesi.  Se per il primo è possibile valutare strade alternative, come dicevo prima, delivery, kicken outdoor e utilizzo di spazi all’aperto a compensazione dei posti a sedere che si perdono all’interno; per il secondo aspetto serve soprattutto l’aiuto delle istituzioni che per salvare il settore dovrebbero immettere liquidità e garantire sgravi fiscali. Si può e si deve ad un settore strategico e trainante come questo.

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