Giovedì 16 aprile 2020 – La decisione della Unità di crisi della Regione di ubicare a Venosa l’unità COVID 19, con il passare dei giorni, sta creando sempre più imbarazzo e preoccupazione tra gli operatori dell’Ospedale e nell’intera comunità venosina. La UIL, all’annuncio di questo provvedimento, ha espresso una posizione di sostanziale condivisione poiché era stato presentato come un rafforzamento delle attività del nosocomio di Venosa, mai avrebbe immaginato che l’esistente venisse, quasi del tutto, smantellato per far posto al centro COVID 19.
E’ quanto sostengono in una nota congiunta il Segretario Generale della Uil, Vincnzo Tortorelli, e il Segretario Regionale Uil Fpl, Antonio Guglielmi
Gli ospedali territoriali rappresentano un punto di forza, soprattutto quelli ubicati sui confini con le regioni limitrofe, perché attraggono mobilità sanitaria attiva, come nel caso di Venosa, ed è sbagliato prevederne un loro depotenziamento. Perciò, assistere allo smantellamento del Centro Alzheimer, al trasferimento dell’Oculistica, (una delle eccellenze) e della piastra ambulatoriale di radiologia nell’Ospedale San Francesco, rappresenta una vera sorpresa e una vera incognita sul suo futuro.
A queste condizioni – sostengono – sarebbe stato più logico (come non abbiamo mancato di suggerire) utilizzare l’Ospedale di Pescopagano per questa emergenza poiché già presente una terapia intensiva attrezzata che, guarda caso, è stata anche questa smantellata.
La sensazione che se ne ricava è che sia stato fatto un vero “capolavoro” di ingegneria istituzionale che, nei fatti, penalizza Pescopagano perché allontana la realizzazione del Centro di Riabilitazione di III livello, per il quale sono stati già spesi diversi milioni, e smantella Venosa senza sapere cosa succederà una volta finita questa tragedia.
Il COVID 19 di Venosa, inoltre, rischia – secondo Tortorelli e Guglielmi – ancor più di diventare un carrozzone atteso che la Regione Basilicata disporrebbe di ben due ospedali da campo che potrebbero servire alla bisogna. Anche in questo caso, gli ospedali da campo si costruiscono in due giorni, non è necessario metterli in funzione adesso creando, tra l’altro, non poche incomprensioni con le comunità locali. Sarebbe solo uno spreco di risorse.
Quello che bisognerebbe fare, per il momento, è limitarsi ad individuare le aree dove montare questi ospedali e procedere solo in caso di necessità. Anche su questo bisogna essere chiari: i due ospedali da campo e gli 80 posti del COVID 19 di Venosa farebbero della Basilicata il Centro COVID 19 più importante d’ Italia. Si può fare chiarezza anche su questo? Due Comunità, dunque, Pescopagano e venosa che rischiano grosso per il futuro, malgrado la riorganizzazione della rete ospedaliera sia stata fatta per mantenere in piedi tutti gli ospedali lucani. La UIL e la UIL FPL, pertanto, sono convinte che i promotori di questa scelta non si rendono nemmeno conto delle conseguenze e, bene ha fatto l’Amministrazione Comunale di Pescopagano a protestare energicamente.
Ci si chiede adesso di condividere un percorso per l’utilizzo, in questa fase, del personale; sia chiaro, la UIL e la UIL FPL non daranno il loro consenso a spostamenti e/o trasferimenti senza un quadro chiaro sul futuro dell’Ospedale di Venosa.
La cosa più logica, in questo momento, sarebbe non quella di chiudere tutte le attività ordinarie, ma mantenere almeno i reparti di Alzheimer, Lungo Degenza e di Medicina Fisica e Riabilitativa, per poi ripartire con il resto delle attività finita l’emergenza.
La UIL e la UIL FPL, nel raccogliere le preoccupazioni del personale dell’Ospedale e della comunità di Venosa, chiedono al Presidente Bardi e all’Assessore Leone di esprimersi con chiarezza sul futuro una volta finita l’emergenza, anche, se possibile, ritornando su una decisione tanto affrettata. Aprano subito un confronto con il Sindacato su queste problematiche e, più in generale, sulla intera gestione dell’emergenza CORONAVIRUS, visto che è ormai imminente l’apertura della fase 2.