Cresce in Basilicata la preoccupazione tra i cittadini per la produzione e lo smaltimento dei rifiuti. Secondo un’elaborazione del Centro Studi Confartigianato di dati dell’ultimo Annuario statistico dell’Istat pubblicato a fine dicembre, tra il 2012 e il 2018 più di un lucano su due (51,2%), di età dai 14 anni in su, avverte questa preoccupazione, collocando la Basilicata al secondo posto (insieme al Lazio, prima la Campania) in questa specifica graduatoria.
Contestualmente cresce la preoccupazione per l’inquinamento dell’aria: il 52,2% dei lucani lo dichiara, mentre il 50,9% si dice allarmato dai cambiamenti climatici.
Confartigianato evidenzia che nel Paese le attività finalizzate alla riduzione dell’immissione dei rifiuti interessano un’ampia platea di micro e piccole imprese: nei 24 settori dell’economia circolare operano 143 mila MPI con 385 mila addetti, il 75,5% dell’occupazione complessiva, realizzando un fatturato di 39,5 miliardi di euro e 11,4 miliardi di euro valore aggiunto.
Al Sud le imprese, nella stragrande maggioranza piccole e medie, che hanno effettuato eco-investimenti in prodotti e tecnologie green negli ultimi cinque anni sono circa 75mila (27mila in Campania, 23mila in Puglia, 9,5mila in Abruzzo, 9,5mila in Calabria, 3mila in Basilicata e 2mila in Molise).
“Confartigianato in occasione della Conferenza di Matera del novembre scorso – commenta Rosa Gentile, dirigente nazionale e presidente della struttura provinciale di Matera – ha individuato tra le 5 leve per il Sud il green. Le altre sono: turismo, innovazione, agrifood, export. La vocazione alla sostenibilità ambientale rappresenta un asset primario del ‘valore artigiano’ con una intensità di emissione che con la composizione settoriale dell’artigianato – sottolinea Gentile – è del 29,7% rispetto alla media del totale delle imprese del Manifatturiero e si conferma con anche nella domanda di lavoro orientata alle professioni green che sono il 17,5% delle assunzioni totali, quota quasi doppia rispetto al 9,9% del totale delle imprese”.
Una reazione che incrocia la natura profonda della nostra economia: la spinta per la qualità e la bellezza, naturali alleate dell’uso efficiente di energia e materia, dell’innovazione, dell’high-tech. Una evoluzione di sistema avviata ‘dal basso’ e spesso senza incentivi pubblici da una quota rilevante delle nostre imprese. Una scelta, che si basa su investimenti e produce lavoro, non scontata in tempi di crisi, ma coraggiosa e vincente.
Una vocazione che trova conferma – continua Gentile – anche nella domanda di lavoro orientata alle professioni green. Al Sud c’è una nuova classe imprenditoriale che combatte l’inquinamento delle acque, lavora per garantirci aria più pulita, regala una seconda vita ai nostri rifiuti, investe denaro e creatività in processi produttivi all’avanguardia e rispettosi dell’ambiente. Hanno talento ed energia contagiosi: stiamo parlando dei professionisti che hanno fatto dell’eco-sostenibilità la propria missione. Si va dall’Eco-Parrucchiere – che adotta accorgimenti per ridurre il consumo di energia e acqua nei saloni – all’Eco-Chef, chiamato a privilegiare nelle cucine dei ristoranti i prodotti naturali e biologici, alle stiliste “green”, esperti di impianti eolici e fotovoltaici, difensori dei nostri polmoni verdi, maestri del riciclo: sono piccoli artigiani in campo a sfidare la crisi”.