Ghìnga
Che la gioia consista nell’attesa Nicoletta lo sapeva benissimo. Aspettava la domenica con molto entusiasmo, perché quello era il giorno in cui andavano a pranzo da lei i suoi nipotini. Ne aveva solo due, Francesco e Lorenza, figli di sua figlia, e per i quali nutriva un sentimento superiore se possibile all’amore. Non si spiega facilmente il rapporto che c’è tra nonni e nipoti: va oltre e categorie e riguarda una sfera conosciuta solo a chi ha la fortuna di poter vivere questo stato dell’animo. Nicoletta sapeva benissimo cosa fare per rendere quel pranzo un momento speciale, per questo la cura dei dettagli era fondamentale. Iniziava la mattina sul presto, tra una telefonata e l’altra con le sorelle. Felice, suo marito, usciva presto di casa, solitamente per stare con gli amici di sempre o bere un caffè con relative sigarette senza che nessuno potesse digli di smettere di fumare. Le lasciava la casa tutta per sé, così da potersi godere l’attesa, la preparazione, la cura di ogni dettaglio. Al telefono con le sorelle salutava sempre dicendo “fammi chiudere ché devo cucinare. Oggi vengono i bambini a casa” . Non lo diceva con fastidio, ma con un entusiasmo che le illuminava gli occhi nocciola e le distendeva le rughe del viso. Da quando Francesco e Lorenza erano arrivati nella sua vita, ed in quella di tutta la famiglia, anche il Natale non era più lo stesso. A quella magia che i due piccoli le regalavano lei rispondeva con amorevoli cure ed una forza che non aveva avuto nemmeno quando erano nati i suoi figli. Una madre come Nicoletta è un sogno, un’ambizione, ma una nonna come lei è quanto di più bello possa regalarti la vita. Questo sentimento aveva suoni e parole, luci e profumi. Soprattutto profumi, quelli della domenica, che dalla colazione già riempivano la casa e ne riscaldavano le pareti. La madre è un nome della memoria, non a casa il nostro primo contatto con il mondo è attraverso le mani della nostra madre. Essere nonna è essere madre due volte, per il peso della responsabilità che assale e per l’amore che si moltiplica ogni volta si celebra l’incontro, l’abbraccio, ogni manifestazione di affetto. Nicoletta amava i suoi nipoti, si innamorava ad ogni loro passo che accompagnava con lo sguardo di chi già sa quando essere vicina e quando invece fare un passo indietro. La figlia, presa dal lavoro come tutte le madri di questo tempo mangia tempo, sapeva bene che lo sguardo della madre l’avrebbe aiutata nella crescita dei due figli, per questo non viveva gelosamente questo rapporto tra i due piccoli e la madre. Apprendeva molto, studiava, leggeva meglio i comportamenti dei figli, li osservava in una dinamica differente di quella madre-figlio o maestra-bambino. Quella domenica, come sempre, Nicoletta correva contro il tempo per far trovare tutto pronto all’ora giusta. Negli anni l’ora di pranzo era stata spostata sempre più in là, ma a Nicoletta questo non importava molto. Lei voleva far trovare la casa così come i bambini desideravano, con i giochi pronti nella vecchia stanza della figlia e le copertine pronte a riscaldarli durante il riposino. L’attesa era sempre ripagata, così come il lavoro di preparazione dei manicaretti: Francesco e Lorenza amavano molto la cucina della nonna, anzi della “Ghìnga”, preferendola di gran lunga alle altre. La chiamavano così, Ghìnga, da quando Francesco aveva iniziato a parlare. Da allora è sempre stato così e tutti in famiglia si adeguarono. Nicoletta non era Nonna Ghìnga ma solamente Ghìnga: questo la faceva sentire diversa, speciale, unica; è proprio per questo che ogni sua azione, ogni piccolo gesto, ogni sorriso, ogni rimprovero avevano un sapore speciale.
La preparazione, dicevamo, iniziava sempre di mattina presto. La cucina si trasformava in un vero e proprio teatro ed ogni ingrediente, ogni pentola, ogni piccolo pizzico di sale erano gli strumenti di questa orchestra culinaria della domenica. Nicoletta sapeva quando poter lasciare la cucina e sbrigare le altre faccende domestiche in tutta la casa, trovare il tempo per fare due telefonate e selezionare la musica da ascoltare in sottofondo. Ascoltava sempre Lucio Battisti, il suo preferito da sempre, aveva persino realizzato un playlist su YouTube con le sue migliori canzoni. Le ricordavano gli anni della formazione, quelli delle libertà conquistate e dei diritti da rivendicare, il tempo in cui l’impegno politico era una missione di vita per gli altri e non di certo solo per sé stessi. Da quando c’erano i due nipoti la domenica non aveva più alcuna sfumatura di blu, non era più la giornata della noia e del tedio, ma era diventato il giorno più bello della settimana che si riempiva di vita e dell’entusiasmo dei piccolini. La pentola del sugo borbottava lentamente, Battisti cantava “Comunque bella”, l’aria del giorno prima si perdeva in quella fresca che proveniva dalla finestra grande del soggiorno spalancata nonostante il freddo, il pavimento bagnato illuminava ulteriormente la casa pronta ad accogliere la festa. E come sempre, quando aveva appena finito di dare un ultima passata con lo straccio, entrò in casa Felice, il marito.
«Ghìnga, posso entrare? »
«Ma tu con tutti i momenti per tornare proprio adesso? »
«Ma che ne potevo sapere? »
«Non sai mai niente tu! »
«La solita! Posso? Si? »
«No! Resta ancora un po’ fuori! Non devi fumare? »
«Ma fa freddo…»
«Santa Pace! »
«Dai, Ghìnga! Non ti arrabbiare, ché tra un po’ arrivano. »
«Appunto per questo stavo lavando a terra! »
«Ma posso? Entro? Sto entrando, eh.»
«Fai che vuoi! Tanto con te è una battaglia persa. Sono quarant’anni che combatto inutilmente.»
«La solita esagerata. »
«Entra e vattene nella stanzetta.»
«Va bene. Ma non ti arrabbiare, Ghinga! »
«E muoviti! »
«Ma dammi il tempo.»
Arrabbiata se ne andò in cucina. Ma quel nervosismo durò davvero poco, mancava quasi un’ora all’arrivo dei bambini ed il solo pensiero la riempiva di positività. Mise in forno tutto, accese la televisione per guardare un Tg, perché durante il pranzo della domenica avevano deciso di spegnere la televisione e parlarsi, raccontarsi la settimana, dedicarsi più attenzioni del solito. In tv i soliti programmi di cucina, i documentari sulle bellezze d’Italia, le polemiche sul rigore alla Juventus, perché danno sempre un rigore di troppo alla Juventus, e vecchi film del neorealismo italiano. Ogni volta che ne vedeva uno la sua mente ripercorreva il tempo della sua infanzia, di quando il padre netturbino tornava a casa stanco e sporco di lavoro e di come era tutto diverso, tutto più difficile. Spesso pensava ai suoi nonni, con i quali non ha mai avuto un rapporto così come stretto come quello che lei aveva con i suoi nipoti. A quei tempi le famiglie erano diverse, oggi i nonni sono sempre più spesso inclini a giocare con i propri nipoti, offrendosi sotto un aspetto ludico, come veri e propri compagni di gioco con cui divertirsi. Al giorno d’oggi, i nonni accudiscono e si prendono cura dei nipoti quando i genitori sono assenti, e in molti casi danno anche un aiuto economico alla famiglia. La loro presenza è senza dubbio una figura di conforto, non solo nell’accudimento e nella cura dei nipotini, ma anche perché la loro presenza rappresenta una risorsa da un punto vista pratico ed emotivo. Nicoletta questo lo sapeva bene ed per proprio per questo che voleva far sentire la sua presenza e non essere da meno. L’età e qualche acciacco scomparivano appena i due bussavano alla porta di casa: era questa la magia più bella che lei voleva vivere a pieno. Ripercorreva con l’immaginazione gli anni passati a crescere i figli, le difficoltà affrontate, il rapporto tumultuoso con il marito e tutte le volte in cui aveva saputo aspettare la fine della tempesta per rivedere sorgere il sole, il giorno in cui nacque Francesco, e poi Lorenza, il loro primo giorno di scuola e quello dei figli. Pensò al divenire, al crescere, alla vita, al senso del tutto, alle sue debolezze fisiche e alla sua forza interiore, a tutto quello a cui aveva rinunciato e a ciò che la vita le aveva regalato. Romantica, sensibile, per certi versi ancora con i sogni agganciati alle nuvole, non aveva mai smesso di credere nel giusto, di accettare la bellezza, di comprendere l’altro e, se possibile, curarne il dolore. Le arrivò un messaggio: «Ghìnga stiamo arrivando J»; era Francesco che glielo mandava dal cellulare della madre. Da quel messaggio fino all’arrivo ci sarebbero voluti dieci minuti, il tempo giusto per finire di preparare la tavola e togliere le lasagne dal forno e imbandire la tavola. Felice si alzò dalla poltrona ed andò verso la finestra per vedere l’arrivo dei nipoti. Dopo qualche minuto suonò il citofono: erano arrivati. Felice aprì la porta, i bambini correvano come matti nelle scale, i genitori li sgridavano ma a loro non interessava nulla. Entrarono e saltarono in braccio a Nicoletta, riempiendola di baci e abbracci. La vita, il senso del tutto. Era finalmente domenica. Erano finalmente tutti a casa.